Risposta alle dichiarazioni rilasciate dai sindaci di Scido e Cosoleto circa le celebrazioni per l’Immissione dei nuovi Amministratori Parrocchiali nei due paesi della diocesi
Nei giorni scorsi, da quanto appreso a mezzo stampa e in rete, il Sindaco di Scido, Giuseppe Zampogna, e del Sindaco di Cosoleto, Antonio Gioffrè, hanno espresso il disappunto ritenendo di essere stati esclusi dalle celebrazioni per l’Immissione dei nuovi rispettivi Amministratori Parrocchiali. Affermando che il Vescovo non ha inteso prevedere, tra gli altri interventi quello dei due rappresentanti delle Comunità, secondo i due primi cittadini, mons. Milito avrebbe valutato come superflua la loro presenza e sottovalutato il principale mandato della Comunità che li ha scelti. Per evitare anche in futuro giudizi o considerazioni che esulano dalla oggettiva verità dei fatti, la Curia diocesana ritiene utile offrire in merito le dovute e necessarie spiegazioni.
Premesso che i sindaci hanno regolarmente partecipato alle celebrazioni, occorre anzitutto chiarire che, in occasione dell’inizio del ministero di nuovi Parroci o di Amministratori Parrocchiali, non esiste nessun “nuovo cerimoniale diocesano”. La Diocesi di Oppido Mamertina – Palmi, come tutte le Diocesi sparse nel mondo, si attiene all’obbedienza della Liturgia universale della Chiesa. In questo costante lavoro Essa intende perciò proseguire nel suo cammino, pur se lento e faticoso, di applicazione delle norme emanate dal Concilio Ecumenico Vaticano II, soprattutto in materia liturgica, evitando e correggendo inadempienze che spesso, per errate interpretazioni, si sono verificate nel corso degli ultimi cinquant’anni.
È necessario altresì precisare che il Vescovo diocesano non ha alcuna autorità sulla regolamentazione della Sacra Liturgia, secondo quanto afferma il Codice di Diritto Canonico al can. 838 §1: «Regolare la Sacra liturgia dipende unicamente dall’autorità della Chiesa. Ciò compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al Vescovo Diocesano». In materia liturgica, il Vescovo per la sua Diocesi può legiferare solo in riferimento a quegli adattamenti previsti dai libri liturgici, quando questi non siano affidati espressamente alle singole Conferenze episcopali regionali o nazionali. Vale infatti il principio espresso nella Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium 22, 3: «assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, aggiunga, tolga o muti alcunché si sua iniziativa, in materia liturgica».
Fatte queste necessarie premesse, in riferimento specifico al Rito liturgico per l’inizio del ministero pastorale di un nuovo parroco (per l’inizio del ministero pastorale di un Amministratore parrocchiale non è previsto nessun rito liturgico), si specifica quanto segue:
1. Il rito dell’ingresso di un nuovo parroco è contenuto in un apposito libro liturgico denominato Benedizionale che recepisce quanto contenuto nel Caeremoniale Episcoporum, edizione tipica del 1985, parte VII, cap. III, pag. 281. La Conferenza Episcopale Italiana ne ha pubblicato l’edizione tradotta nel 1992, aggiungendo quegli adattamenti che ha ritenuto necessari, a loro volta approvati dalla Sede Apostolica.
2. In nessun caso è previsto, dal Libro liturgico durante la Celebrazione Liturgica, l’intervento di alcuna autorità civile. Giustamente il legislatore supremo distingue, proprio in questa circostanza, tra Comunità e Cittadinanza sapendo che la comunità cristiana non coincide con gli appartenenti anagrafici a un Comune.
3. Le norme in tale materia sono precise: «Terminati questi riti (aspersione dell’assemblea e incensazione dell’Altare) un rappresentante della comunità ringrazia il vescovo per le sue premure di padre e pastore della Chiesa per il dono del nuovo parroco. Quindi il Vescovo invita il nuovo parroco a rivolgere brevi parole di saluto alla comunità» (Benedizionale, n. 1992). Al n. 1980, il Benedizionale specifica: «l’eventuale saluto della cittadinanza si effettuerà opportunamente, secondo le consuetudini locali, in tempo e luoghi concordati».
Per tempi e luoghi concordati si intendono tempi e luoghi diversi dalla stessa Celebrazione dell’Eucaristia. La norma sopra citata è ripresa nel Pontificale Romano in riferimento all’inizio del Ministero di un nuovo Vescovo nella sua Diocesi. È noto come, da sempre, l’intervento dell’autorità civile in quella occasione avviene fuori dalla celebrazione liturgica e fuori dalla Chiesa Cattedrale. Per avere un esempio ancora più alto basta far riferimento alle celebrazioni presiedute dal Santo Padre, soprattutto in occasione di Visite Apostoliche nei vari Stati del mondo: nessun Capo di Stato o nessun Monarca, anche se presente, prende la parola durante la Divina Liturgia presieduta da Papa. Questi viene opportunamente accolto civilmente e gli viene rivolto il saluto in tempi e luoghi fuori dalla Liturgia, spesso nello stesso aeroporto di arrivo del Pontefice.
Nel corso degli anni si è tentato di prevedere un intervento da parte dei Sindaci in celebrazioni concernenti l’immissione canonica di nuovi Parroci. L’ “esperimento” non si è dimostrato proficuo per due ragioni fondamentali: l’eccessivo prolungamento temporale della liturgia e interventi spesso lontani dalla natura della Liturgia e sfociati in comizi e propagande politici. Dovendo, pertanto, evitare che nella Liturgia entrassero elementi tali da inficiare il valore cultuale, si è preferito attenersi in tutto all’indicazione legittima dei libri liturgici. A questo dovranno attenersi anche tutti i presbiteri per altre circostanze.
Ne consegue che il Vescovo, insieme con gli organismi che lo coadiuvano nell’esercizio del suo munus sanctificandi e nella regolamentazione della sacra Liturgia, lungi dal voler «alimentare la divisione», ha inteso evitare per il futuro che all’interno della Messa, in qualsiasi occasione, ci siano interventi che non siano espressamente previsti dal rito liturgico. Compito del Vescovo infatti non è quello di alimentare divisioni o di creare «in maniera neanche troppo velata» opposizioni tra autorità ecclesiastica e civile – per la quale, peraltro, il Vescovo nutre pieno rispetto e piena collaborazione nei limiti delle singole competenze, coltivando un regolare rapporto di cordialità, sostenendone sforzi e difficoltà, rispondendo con senso di dovere ai gravi compiti che gli sono propri: «Ricordi che le celebrazioni da lui presiedute devono avere una funzione di esemplarità per tutte le altre» (Direttorio per il Ministero pastorale del Vescovo, n. 145.); «Poiché deve difendere l’unità della Chiesa universale, il Vescovo è tenuto a promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò a urgere l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche. Vigili che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto di Dio e dei Santi» (Istruzione Redemptionis sacramentum, su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia, n. 177).
UFFICIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DIOCESI OPPIDO M. – PALMI