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L’omerta’ che ha seppellito le speranze di Denise Pipitone

L’avvocato Albanese Michele, presidente dell’associazione VIRTUS di Palmi, fa una riflessione sulla terribile vicenda della scomparsa di Denise Pipitone.

Premessa: questa riflessione, ha l’esclusiva finalità di sensibilizzare il lettore, davanti ad una delle pagine più ignobili, non dell’Italia, ma dell’essere umano: perché è facile scaricare il baule delle responsabilità sversandolo lungo il costone della nostra nazione, quasi a voler sempre rimarcare il motto assolutorio “tutti colpevoli, nessun colpevole”, liberandoci poi del problema con la solita e consueta scrollata di spalle. Come ha scritto Fabrizio De André, nella canzone del maggio: “per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”. Ecco, ci sono vicende particolari che non ci consentono in alcun modo di voltarci dall’altra parte: sono le storie che coinvolgono i bambini. E qualsiasi tentativo di liberarci (anche moralmente) da avvenimenti di questo tipo è solo una palese dimostrazione di vigliaccheria: nessuno al mondo è esentato dall’obbligo di provvedere, con ogni mezzo, all’incondizionata tutela dei bambini.
Tra questi, c’è, purtroppo, la storia di Denise Pipitone: una storia di odio, e, soprattutto, di omertà: l’odio, da parte di chi ha deliberato e poi attuato la sparizione della bambina; l’omertà di “tutti” coloro (a quanto pare molti) che sapevano (e sanno) ed hanno sempre taciuto, seppellendo ogni verità e, con esse, tutte le speranze della piccola Denise.
C’è stato anche un processo, esauritosi nei tre gradi di giudizio, che si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati; si è giunti, quindi, alla pronunzia di una sentenza definitiva, della quale è giusto che si rispetti appieno l’autorità di cosa giudicata.
Tuttavia, una precisazione è necessaria, e la facciamo utilizzando le stesse parole del Giudice (inteso come organo giudicante) che ha pronunciato la sentenza definitiva sul caso Denise Pipitone: la Corte di Cassazione. Dunque, sulla vicenda di Denise è stata ricostruita quella che si definisce una “verità processuale, cioè la verità limitata, umanamente accertabile e umanamente accettabile del caso concreto”. Una verità, quindi, limitata a quanto si è potuto processualmente accertare, sulla scorta delle indagini compiute nel contesto ove pare si sarebbe consumata la vicenda della bambina scomparsa. È questo, il punto focale della vicenda. Perché è in quel contesto che si è perpetrato e concretizzato quel comune disegno omertoso di chi sapeva e ha deciso di non collaborare con l’Autorità Giudiziaria.
Certo, dice la Cassazione, la verità processuale è una verità limitata. Ma chiediamoci per quale motivo questa benedetta verità debba essere limitata e non possa essere, come è idealmente giusto che sia, completa o, quanto meno, sufficientemente ricostruita. La risposta, nel caso che qui ci occupa, non può che trovarsi in tutte quelle lacune e quei vuoti che sono residuati all’esito delle indagini, per la verità neanche queste, a quanto pare, condotte in modo eccellente.
Ora, è chiaro che l’impossibilità di ricostruire in modo compiuto questa triste vicenda, è scaturita da quel diffuso, serrato e costante silenzio di tutti quelli che sapevano, o peggio ancora avevano visto, ed hanno scelto la “comoda via dell’omertà”.
Ma l’omertà uccide, alla stessa maniera di come uccide la mano assassina di un criminale; cambia solo la vittima: nel primo caso a morire è la “vita di una speranza”; nel secondo caso è la “speranza di una vita”.
Ma in tutto questo, è legittimo pensare che vi sia ancora la possibilità di rimediare, in qualche modo, a quella assurda cordata di omertà che avviluppò e soffocò la verità sulla triste storia di Denise. Gli ultimi avvenimenti, ci informano di una ripresa delle indagini, per cercare, si spera stavolta, di fare luce su questa vicenda terribilmente complicata.
“La speranza – diceva qualcuno – ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle”. E allora, ecco la mia esortazione: è arrivato il momento, per tutti coloro che sanno e che hanno visto, di sdegnarsi della loro stessa reticenza e di trovare il coraggio per fare un passo avanti e ridare la vita a quella speranza di giustizia, barbaramente soffocata dall’assurdo cappio dell’omertà.