Vincenzo Restuccia certamente è morto di crepacuore. Chi lo ha conosciuto non può che confermare che era un grande lavoratore, un uomo dal cuore grande e sempre disponibile e generoso. Io l’ho conosciuto oltre 20 anni orsono e l’ho difeso negli ultimi anni. E devo aggiungere che era un grande uomo che era riuscito a creare un impero con il suo impegno, il suo lavoro, le sue riconosciute capacità imprenditoriali. Non è stato distrutto dalla ‘ndrangheta, alla quale ha opposto sempre decisi rifiuti ricevendo centinaia di danneggiamenti e attentati, ma ha dovuto cedere a delle Istituzioni cieche e che hanno omesso di eseguire adeguate e dovute indagini. L’impresa Restuccia dava lavoro ad oltre 400 persone e sosteneva tantissime famiglie. Un giorno Vincenzo Restuccia è stato sollecitato, da un appartenente ai Carabinieri, che insisteva per ottenere dichiarazioni contro il clan Tripodi, in quanto lo stesso aveva ricevuto innumerevoli danneggiamenti. Lo strano ragionamento era questo: Restuccia ha subito tanti attentati e, quindi, sa chi li ha eseguiti. Quindi deve denunciarli. Cortesemente Vincenzo rispondeva che non poteva accusare persone senza avere alcun elemento o prova e non poteva sapere di possibili richieste estorsive o altro in quanto non seguiva direttamente i cantieri, avendo un responsabile per ogni singolo cantiere, sia per quelli esistenti nella regione e sia per quelli fuori. Un dipendente veniva convocato in Caserma ed alla domanda cosa volessero si sentiva rispondere: che forse Restuccia non ha capito niente e che in tali condizioni avrebbe fatto . Poi specificò allo stesso, in relazione a tale frase, che lui avrebbe fatto cadere . A distanza di qualche mese Vincenzo Restuccia ed i figli ricevettero delle interdittive antimafia! Inutili sono stati gli incontri in Prefettura per spiegare che quanto indicato nelle informative non corrispondeva al vero, inutili sono stati tutti gli incontri con il Comitato di Sicurezza, al quale ho gridato che stavano facendo il gioco della ‘ndrangheta favorendola, a nulla sono valsi gli incontri con i Procuratori della Repubblica di Vibo Valentia e Catanzaro. A nulla sono valse le innumerevoli denunce penali per segnalare la vera ragione dell’interdittiva, con allegata una deposizione precisa di un teste che confermava l’accaduto. A nulla è valsa una richiesta di intervento presentata al Comandante Regionale dei Carabinieri. Nessuno ha voluto verificare se le informative fossero il frutto di una possibile costrizione. Nemmeno le sentenze penali che hanno riconosciuto Vincenzo Restuccia parte lesa e offesa -costituito sempre parte civile- dall’azione violenta dei clan locali sono servite per comprovare che era una vittima e non un colluso. Il muro di gomma delle Istituzioni ha distrutto Vincenzo Restuccia che non si dava pace. Essere accusato di un qualcosa che non aveva mai commesso e che contrastava apertamente con la Sua vita, la Sua storia, con la Sua signorilità, con la Sua generosità, e con le centinaia di attentati e le centinaia di denunce, non gli dava pace. Si sentiva offeso, tradito, colpito alle spalle e al cuore da quelle Istituzioni che aveva sempre venerato e difeso. Bussava a tutte le porte per dire cosa ho fatto, mi conoscete, io non sono un colluso. La sera prima di morire ho ricevuto una Sua telefonata che riassumo: “.. mi vuoi bene? Non mi abbandonare. Abbiamo buone notizie. Ho una sentenza della Cassazione molto importante. Ci vediamo dopo le feste per riprendere la battaglia. Non posso morire da colluso”. Il giorno dopo sono stato avvisato della Sua morte! In vita Vincenzo non ha potuto dimostrare la Sua innocenza. Ora è compito di tutti fare il proprio dovere per restituirgli la Sua dignità. Le Istituzioni hanno sbagliato, ma possono riparare quanto meno per la memoria di una grande amico e di un grande uomo. Lo merita Lui e lo meritano i Suoi cari. Io sono per coscienza ed onestà intellettuale a disposizione di chiunque vorrà veramente con onestà ripristinare la verità sulla vicenda Restuccia.
Avvocato Giacomo Francesco Saccomanno