Il Patto dell’Oblio racconta anche i 10 giorni che sconvolsero la Piana

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Durante le feste natalizie si è reso disponibile su tutte le piattaforme online, da Amazon, a Mondadori, a Feltrinelli, l’edizione integrale del testo di narrativa storica del dott. Francesco Tropeano: Il patto dell’oblio. Un libro che si snoda nei primi 50 anni del novecento e racconta storie della nostra terra, ormai sconosciute, dimenticate, o meglio sepolte, dopo la seconda guerra mondiale, da una sorta di patto tra le generazioni del tempo. Un patto allora ritenuto necessario per evitare una spirale di rivalse e vendette che naturalmente e per certi versi, inconsapevolmente, si sarebbe prodotta dopo anni di lutti, miseria, dittatura e guerra.

 

Il viaggio nel tempo inizia con i primi decenni del 900 caratterizzati da un’ondata migratoria senza precedenti, che svuota le nostre campagne e riempie all’inverosimile i bastimenti diretti alle Americhe. Ma in questo periodo si delinea anche una nuova figura: il migrante sovversivo che popolerà le cronache dei giornali del tempo, perché protagonista di epiche lotte sociali nei lontani luoghi di migrazione e le cui esperienze riporterà nei brevi viaggi di ritorno al paese natìo, approfittando di quella formidabile cassa di risonanza “mediatica” che erano diventate le numerose botteghe artigiane, sedi di infiniti talk show, con un pubblico entusiasta composto da decine di giovanissimi apprendisti.
Si arriva così agli anni del fascismo, tra politiche di consenso e truci leggi di repressione. Dal Casellario Politico Centrale che a livello nazionale schedava coloro che erano di disturbo al regime, alle Commissioni Provinciali che disponevano il confino, a migliaia di chilometri dalle proprie case, senza alcuna prova di reato e senza processo. E tra i confinati illustri troviamo Giuseppe Schiavon, futuro primo sindaco di Padova dopo la Liberazione. E nei suoi diari si potrà rivivere la quotidianità della vita nei nostri paesi, in epoca fascista, vista con gli occhi di un veneto purosangue.
Ma giungiamo rapidamente alla Guerra, alla tessera del pane, alla carestia, alle cartoline precetto per fronti lontani, spesso un viaggio senza ritorno. Ma in quella tragica estate del 1943 il fronte di guerra diventa la nostra terra. Migliaia di morti nei bombardamenti angloamericani, migliaia di sfollati nelle campagne, il mercato nero, la fame, la Piana occupata da opposti eserciti stranieri. Nel Patto dell’oblio queste vicende sono narrate attraverso le storie e la vita vissuta di omini piccoli piccoli, trascinati, loro malgrado, tra i flutti della Grande Storia. Con la vicenda di Peppe e Michele vengono narrati i giorni dell’occupazione tedesca e con quella di Mariangela e Francesco si ha l’occasione di raccontare l’arrivo degli angloamericani e soprattutto la fine della guerra, ma non della fame e della carestia. Intanto nelle regioni del centro nord erano moltissimi i partigiani di origine meridionale che infoltivano le fila della Resistenza. Un contributo fondamentale, ma quasi misconosciuto. Mentre altri soldati meridionali, centinaia e centinaia originari del reggino, venivano imprigionati nei lager nazisti diventando IMI, internati militari, che rimasero nei luoghi terribili di detenzione fino all’estate del 1945, quando la Croce Rossa ed altri organismi di volontariato li riportarono a casa. Un periodo cruciale e funesto di cui si è parlato poco e spesso male, perché ancora sopravvivevano i veleni del fascismo di Salò con il loro carico di odio e di morte.
Ma nel libro non ci sono solo vicende storiche di personaggi più o meno noti; troveremo anche usi, costumi, giochi, piatti poveri e gustosi che hanno anch’essi forgiato l’anima di quello che siamo e che il tempo ha tentato continuamente, quanto inutilmente, di farci dimenticare.

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