Gioia Tauro, Aldo Alessio non e’ colluso con la Ndrangheta
Il sindaco di Gioia Tauro Aldo Alessio attraverso un Comunicato inviato agli organi di stampa dichiara: ”Rendo noto che, con ordinanza del 20/02/2020, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott.ssa Giovanna Sergi, ha posto definitiva chiarezza su una frase attribuita al collaboratore di giustizia Piero Mesiani Mazzacuva e riportata in un verbale malamente trascritto ed in parte incomprensibile e relativo ad un interrogatorio reso davanti al Pubblico Ministero DDA nel luglio del 2014.
La trascrizione riportava frasi equivoche o equivocabili riferite a fatti accaduti alla vigilia delle elezioni comunali del 2001, periodo durante il quale io, Sindaco di Gioia Tauro, sono stato sotto scorta 24 ore al giorno per la dura azione di contrasto perseguita contro la criminalità organizzata. Più precisamente il collaboratore di Giustizia, rispondendo al PM, avrebbe detto “e tutti sono andati da Rocco a chiedere aiuto, sia Giorgio Dal Torrione che (incomprensibile) e Aldo Alessio, logicamente”. A questa risposta segue una incompleta ed incomprensibile replica che, riprendendo dice : “eh, Alessio appo…”, cui segue ancora la risposta del collaboratore Mesiani Mazzacuva che riprende il tema dell’appoggio di Rocco Molè a Giorgio Dal Torrione, senza alcun riferimento ad Aldo Alessio.
La diffusione del verbale attraverso la testata giornalistica “Il Dispaccio” e successivamente “La Gazzetta del Sud” mi imponevano di pretendere chiarezza essendo quelle frasi assolutamente lesive della verità e della mia onorabilità ove interpretate senza riscontro alcuno. Ho presentato, pertanto, quale unico strumento possibile a mia tutela una denuncia per calunnia”.
Continuando afferma:”Instaurato il procedimento penale e conosciuta l’accusa nei suoi confronti, il collaboratore di giustizia informava il mio Avvocato attraverso una comunicazione e-mail (immediatamente trasmessa alla Procura della Repubblica) e nella quale dichiarava di non avere “mai dichiarato di essere a conoscenza in maniera diretta o indiretta di alcun rapporto tra il sig. Aldo Alessio e la famiglia Molè, tantomeno di essere a conoscenza di un incontro avvenuto tra lo stesso Aldo Alessio ed il defunto Rocco Molè, o chiunque altro, familiare, affine o vicino alla famiglia Molè” dichiarava, altresì, di essere “stanco che il mio nome venga usato per infangare una persona di cui io non so niente. Sfido chiunque a procurarsi i verbali integrali delle mie dichiarazioni e dimostrare il contrario di quanto le ho scritto in questa mail”.
Il Giudice per le indagini preliminari, in esito ad una prima udienza disposta a seguito di opposizione all’archiviazione, ordinava il deposito della trascrizione. Il Pubblico Ministero vi ottemperava ed il Giudice per le indagini preliminari ordinava l’archiviazione del procedimento penale chiarendo nella motivazione quanto segue: “si è provveduto all’acquisizione della trascrizione dell’interrogatorio del collaboratore (nella parte in cui si menziona Aldo Alessio), reso in data 09/07/2014 nell’ambito del p.p. n. 1944/14 R.G. Atti DDA…..da tali dichiarazioni non emerge l’accusa calunniosa ricolta alla persona offesa, atteso che esse si limitano alla menzione di Aldo Alessio (peraltro preceduta da un incomprensibile) e poi svolgere, in risposta al PM che chiedeva lumi a riguardo (“eh Alessio appo…”) una rettifica del seguente tenore: “No, è Rocco che ha scelto Giorgio Dal Torrione”.
Ed ancora il Giudice precisa: “le dichiarazioni rese risultano indirizzate all’appoggio del Molè su quest’ultimo candidato (Giorgio Dal Torrione, ndr) e, al di là della citazione dell’Alessio, non specificano null’altro in ordine alla condotta da questo mantenuta, né lasciano ipotizzare, semmai negano, la sussistenza di un accordo pre-elettorale tra il soggetto in questione e gli esponenti della cosca di ‘ndrangheta”.
Infine Alessio conclude dicendo:”Esprimo, naturalmente, soddisfazione per il chiarimento finalmente dato dalla Magistratura. Non posso però sottacere l’amarezza che ho dovuto subire per la diffusione – sicuramente non prudente né rispettosa dei miei diritti – di frasi ed espressioni che mi hanno oggettivamente accomunato a soggetti che ho sempre combattuto come la storia della mia vita ha dimostrato e dimostra”.
Caterina Sorbara