Enzo Infantino va a Idomeni
Esseri umani che fuggono dagli orrori del terrorismo e di una guerra combattuta per procura contro uno stato sovrano come la Siria. Disperati che lungo la loro rotta incontrano mercenari senza pietà che gestiscono le tratte umane.
Un quadro infernale al quale i riluttanti governi occidentali non riescono o non vogliono porre rimedio per timore di perdere consensi a favore dell’estrema destra che a sua volta soffia sulle paure dei cittadini rendendosi, però, responsabili morali della morte di centinaia di bambini risucchiati nell’abisso del mare Egeo.
Di fronte a questa enorme crisi migratoria, forse la più importante dal secondo dopoguerra, non potevo rimanere spettatore passivo. Ho deciso di andare incontro a quella umanità sofferente. Nei prossimi giorni sarò in Grecia, al confine con la Macedonia nel campo di Idomeni dove in questo momento sono accampati in tende di fortuna oltre undicimila profughi.
Ho organizzato da solo il viaggio e non appena arriverò a destinazione mi metterò a disposizione di una delle organizzazioni umanitarie che danno assistenza ai migranti.
Il ruolo straordinario dei volontari ha messo a nudo il fallimento della politica europea che ha dimostrato di non essere all’altezza della grave crisi umanitaria.
Infatti, da un lato l’Europa regala sei miliardi di euro al governo turco, per tenere lontano dai nostri confini due milioni e mezzo di profughi, diventando così complice di uno stato che reprime il dissenso con la forza violando costantemente i diritti umani, che prova a schiacciare militarmente la rivendicazione di autonomia del popolo curdo e che tante responsabilità ha nella guerra in Siria attraverso le accertate connivenze con i terroristi del sedicente stato islamico, e, dall’altro, abbandona i migranti di Idomeni e dell’isola di Lesbos lasciando alle sole organizzazioni umanitarie il compito di occuparsene.
La mia esperienza come volontario inizia nel 1999. Quell’anno, durante la guerra dei balcani, nell’ambito della missione arcobaleno, mi sono recato in Albania nel campo profughi di Valona. È stata una esperienza che ha molto segnato il mio percorso di vita e incentivato l’impegno a favore dei diritti umani.
Essere stato successivamente nei campi profughi palestinesi del Libano, della Siria, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza mi ha consentito a comprendere a fondo le forti motivazioni di un popolo, che pur tra enormi difficoltà, combatte per fare ritorno nella propria terra.
I profughi Siriani, afghani, curdi, iracheni, palestinesi sono legati dallo stesso destino e chiedono la stessa cosa: la fine della guerra, la sconfitta del terrorismo e della ingerenza delle potenze occidentali che tanti guasti ha provocato nell’area mediorientale. Solo con la fine dei conflitti, il riconoscimento dei loro diritti, le masse di migranti potranno far ritorno nelle loro rispettive terre. In fondo è quello che vogliono.
A Idomeni proverò a dare il mio piccolo contributo a favore di questa nobile causa.
Palmi, 31.3.2016 Enzo Infantino