Cinquefrondi, convegno sull’unita’ d’Italia
Si è tenuto giovedì 3 ottobre a Cinquefrondi un convegno storico dal tema:
”I Fatti di Cinquefrondi del 1860 e l’Unità d’Italia”, fortemente voluto e organizzato dal Comitato “Il Paese che vogliamo” con lo scopo di ascoltare i pro e i contro di un importante pezzo di storia.
L’evento è stato presentato e moderato dalla giornalista Caterina Sorbara.
Aldo Polisena nel suo intervento si è subito soffermato sulla lapide che il 9 aprile scorso l’Amministrazione Comunale ha posto in Piazza Castello in ricordo dei 16 cinquefrondesi uccisi dall’esercito piemontese il 23 0ttobre del 1860, a seguito della rivolta in occasione del referendum per la nascita dell’Unità d’Italia.
Secondo Polisena quel tipo d’unità d’Italia altro non fu che un’annessione forzata del sud alla monarchia sabaudia guidata da Vittorio Emanuele II, che accentuò l’arretratezza e l’impoverimento del Sud facendo nascere una questione meridionale.
Bisogna però evitare di pensare che il Regno delle Due Sicilie fosse il paradiso terrestre perché la stragrande maggioranza dei contadini erano poveri e analfabeti.
Per quanto riguarda le 16 vittime le riflessioni di diversi storici hanno inquadrato l’eccidio del 23 ottobre del 1860, come insurrezione reazionaria aizzata dalla borghesia latifondista e dalla chiesa filoborbonica.
Quindi alla luce dei fatti Aldo Polisena ha sottolineato che ”l’Amministrazione comunale abbia fatto male a deporre la lapide per ricordare un avvenimento che ha avuto origine per interessi e pressioni dei latifondisti cinquefrondesi legati al Regno Borbonico, e invece approfondendo di più la storia della nascita dell’Unità d’Italia, avrebbe potuto ricordare un cinquefrondese importante, Giovambattista Manfroci di Raffaele, patriota che impedì l’esecuzione degli ordini del generale Nunziante per l’uccisione di diversi cinquefrondesi”.
Subito dopo ha relazionato il filosofo Marco Massara Ferrari, apparentato con la Casa Reale Borbonica, sottolineando subito che è giusto il confronto e non i personalismi e sono i vincitori a scrivere la storia.
Continuando il suo discorso il filosofo si è soffermato sui primati del Sud con i Borboni, 99 in tutto, tra cui la prima Ferrovia in Italia la Napoli-Portici e la Colonia di San Leucio, nei pressi di Caserta.
Concludendo il suo discorso il filosofo ha detto che il diritto al ricordo è un diritto sacro.
Ha concluso i lavori l’ing. Giuseppe Fausto Macrì illustre storico, soffermandosi a grandi linee su quello che fu il Regno delle Due Sicilie e il Regno di Napoli, precisando che la storia non la scrivono i vincitori ma i documenti.
Numeroso e attento il pubblico presente, tra cui rappresentanti del mondo politico, sindacale, dell’associazionismo e della cultura.
Caterina Sorbara