Villa San Giovanni: per il Consiglio comunale non c’è posto per il Ponte tra le opere strategiche
Pochi giorni fa il Consiglio comunale di Villa San Giovanni si è opposto all’ipotesi progettuale e infrastrutturale avanzata dall’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto. Tra le ragioni di questo rifiuto, una divergenza fondamentale tra amministrazione e Autorità Portuale circa la realizzazione, caldeggiata dalla prima, del “porto a Sud”, in località Bolano, che consentirebbe di liberare il centro di Villa dalla circolazione dei mezzi pesanti, allestendo inoltre approdi per aliscafi e mezzi veloci nell’area dove è ubicata la Capitaneria di porto, per rilanciare la continuità territoriale tra le due sponde dello Stretto. Nel documento redatto e sottoscritto dal consiglio comunale trovano posto opere strategiche e snodi fondamentali del futuro del territorio villese, ma che potrebbero applicarsi ad altre aree e ad altri contesti della provincia reggina. Mobilità sostenibile; abbattimento dei costi – esosi e senza eguali in Europa a parità di distanza – per l’attraversamento nello Stretto dei residenti; riflessione sulla vocazione geo-strategica di città mediterranee snodo di flussi, scambi, movimenti di persone; rilancio di una prospettiva di sviluppo ambiziosa ma realistica, efficace e senza stravolgere le peculiarità dei territori.
Il documento è passato all’unanimità, nonostante il tentativo di subordinare ancora una volta queste opere necessarie per lo Stretto, e non solo, al miraggio del Ponte. Si può e si deve discutere di futuro, e lo si può fare senza tirare in ballo questa colossale arma di distrazione di massa, con buona pace di tanti piccoli e grandi feudatari della politica locale. Perché a questo assolve il Ponte: a pretesto, fumo ideologico, fantasma con cui farcire ogni visione propagandistica del futuro di Calabria e Sicilia. Anche quando si discute e si programmano interventi prioritari come la dislocazione dei tir e dei mezzi pesanti, responsabili di inquinamento e gravi patologie a Villa San Giovanni e tra i suoi abitanti, o come la strutturazione di una vera ed effettiva continuità territoriale nello Stretto, che consenta a chi lo vive di spostarsi da una sponda all’altra giorno e notte, per i motivi più vari, magari utilizzando mezzi ecologici che riducano il più possibile l’inquinamento ambientale.
I sì-ponte non perdono occasione per ricorrere al Ponte e “buttarla in caciara” nonostante che temi ed emergenze non manchino: oltre a devastare già con la sola cantierizzazione un territorio dalla vocazione eco-culturale unica in termini di bio-diversità e ricchezza ambientale, il Ponte dimostra di essere un pretesto retorico atto a paralizzare ogni discussione e ogni azione concreta volta al cambiamento. Basterebbe ricordare che il traffico annuo nello Stretto riguarda per l’80% una popolazione pendolare che in nulla vedrebbe migliorata la propria condizione dalla costruzione dell’opera. Ecco, il Ponte rappresenta chiaramente uno specchietto per le allodole; ma anche una pedina di scambio con cui onorare patti elettorali e ambizioni smisurate di una classe dirigente sorda alle necessità dei territori e pronta ad abbattere su questi la scure dell’autonomia differenziata, le cui terribili conseguenze sul meridione d’Italia sono state ampiamente rilevate e analizzate da osservatori e studiosi. Noi, invece, alle necessità dei territori prestiamo ascolto; così come prendiamo sul serio le richieste che da questi si levano per rivendicare una sanità pubblica efficace e universale, politiche del lavoro serie, infrastrutture vicine ai bisogni quotidiani della popolazione: vogliamo essere parte di un futuro fatto di partecipazione e protagonismo delle comunità, mai complici di chi tiene ostaggio i cittadini calabresi con favole dal finale già noto.