USB: la Calabria non è in grado di affrontare l’emergenza COVID-19
Iniziamo sgombrando il campo da qualsiasi dubbio, concordiamo in pieno con l’affermazione del ministro della salute Roberto Speranza: la Calabria è l’unica regione d’Italia che non è in grado di affrontare l’emergenza COVID-19. Come Unione Sindacale di Base non siamo mai stati teneri con chi ha le leve del potere in mano ma in questo caso, conoscendo dall’interno la situazione dei presidi sanitari regionali, per onestà intellettuale non possiamo che concordare con il ministro.
Non vogliamo spargere il panico tra la popolazione della nostra regione ma non possiamo esimerci dal lanciare un forte grido d’allarme prima che la situazione precipiti facendo pagare ai calabresi, per l’ennesima volta, le conseguenza di scelte politiche scellerate fatte negli ultimi decenni.
Il fatto che la Calabria nel 2020 non sia in grado di affrontare una epidemia, non è una casualità o un dramma creato da una situazione imprevedibile, ma una diretta conseguenza di precise scelte fatte da governatori, assessori e commissari negli ultimi anni. Scelte che hanno avuto come unico scopo non la salvaguardia del diritto alla salute dei calabresi, ma la distribuzione di denaro nelle tasche dei soliti noti.
Sono anni infatti che viene progressivamente indebolito il sistema sanitario pubblico regionale dirottando i finanziamenti verso il finto-privato convenzionato. Mentre si chiudevano i punti di primo intervento sparsi sul territorio, mentre si riducevano i posti letto nei reparti di terapia intensiva e malattie infettive, mentre si abbatteva il numero di unità S.S.U.E.M spuntavano (e spuntano tutt’ora) decine di cliniche e ambulanze private non predisposte, né per volontà né tanto meno per legge, ad affrontare questa emergenza.
Proprio adesso che l’emergenza è alle porte sarebbe il caso che chi ha provocato questa situazione si assumesse le proprie responsabilità difronte al fatto che nessuna delle strutture finte-private sparse sul territorio ha le competenze e le capacità, o semplicemente voglia, di prendere in cura un paziente COVID-19 positivo.
Il dilagare della paura del coronavirus dimostra ancora di più che per la sanità pubblica calabrese “il Re è nudo” e purtroppo chi si deve assumere le responsabilità o è sparito, o è afono, o semplicemente se ne frega.
Analizzando i dati dell’OMS si evince che solo nel 5% dei casi il virus provoca una sindrome respiratoria acuta tale da dover richiedere il ricovero nei reparti di terapia intensiva. Dato sicuramente confrontante per una qualsiasi regione italiana che abbia un sistema sanitario degno di questo nome, dato allarmante se si considera la situazione calabrese, in cui i posti letto nei reparti di terapia intensiva sono storicamente carenti, producendo già allo stato attuale un cronico sovraffollamento.
Ma dato ancor più preoccupante è l’esiguo numero di posti letto nei reparti di malattie infettive: una cinquantina in tutta la regione, molti dei quali già occupati!
Inoltre ci preoccupa anche il cronico sovraffollamento dei pronto soccorso. Sono anni infatti che i PS della regione sono diventati, complice la carenza di posti letto negli altri reparti, dei veri e propri luoghi di degenza più che di primo intervento. Edifici strutturalmente non idonei ad ospitare un numero alto di pazienti vengono usati come “deposito” in attesa che si liberi un posto. Non c’è bisogno di un infettivologo per capire che tale situazione in questo momento estremante delicato fa aumentare esponenzialmente il rischio di contagio e diffusione del virus all’interno degli ospedali e di conseguenza in tutta la regione.
A questo quadro allarmante aggiungiamo una domanda: ci piacerebbe sapere, visto che il dato non è disponibile da nessuna parte, il numero esatto delle ambulanze predisposte per il trasporto di pazienti ad alto potenziale infettivo operanti in regione.
Paradossalmente gli unici che sembrano non accorgesi di questo quadro allarmante sono proprio i vertici politici regionali che lo dovrebbero gestire. Mentre in tutta Italia si cerca di arginare l’epidemia aggiungendo nuovo personale a quello già esistente, alla cittadella regionale si continua a giocare con il fuoco non confermando ad oggi nemmeno il personale già in servizio. Ci sembra doveroso informare i cittadini calabresi che ci sono 500 operatori sanitari (molti dei quali operanti nei pronto soccorso) con il contratto nuovamente in scadenza a fine febbraio, e a meno di una settimana da questo termine ancora nessuna notizia ufficiale è arrivata sulla proroga.
Visto questa situazione palesemente emergenziale come Coordinamento Calabrese Sanità dell’ USB chiediamo un incontro immediato con la presenza dei vertici regionali e ministeriali per la dichiarazione di uno stato di emergenza specifico per la regione Calabria.
Tale stato deve prevedere :
1) la sospensione immediata del piano di rientro
2) la stabilizzazione del personale precario in servizio
3) lo scorrimento delle graduatorie già esistenti
4) l’assunzione di nuovo personale
5) l’aumento dei presidi sanitari territoriali e l’aumento dei posti letto in tutti i reparti
6) l’aumento immediato del personale dei mezzi addetti al S.S.U.E.M.
Chiudiamo ringraziando sentitamente tutti gli operatori sanitari che in questo momento si stanno sacrificando per garantire le cure a tutta la popolazione pagando col loro sacrificio i danni prodotti da altri.
Catanzaro, 26 febbraio 2020