Un’altra Calabria è possibile, manifesto programmatico

«Sorge nell’alta campagna un colle,

sopra il quale sta la maggior parte della città;

ma arrivano i suoi giri molto spazio fuor delle radici del monte […]

dentro vi sono tutte l’arti, e l’inventori loro, e li diversi modi,

come s’usano in diverse regioni del mondo.»


(Tommaso Campanella, La città del Sole, 1602)




Un’altra Calabria è possibile: questo l’insegnamento dell’utopia concreta del Villag-

gio Globale di Riace, che vogliamo tradurre in azione programmatica per la rifioritura

della nostra terra di Calabria.


Noi partiamo da Riace, per liberare nuove energie, far valere le ragioni del cuore e at-

tuare quella rivoluzione dolce, gentile, colorata, che ha rappresentato il ritorno della

vita in questo piccolo borgo che ha saputo accogliere come un dono migliaia di per-

sone arrivate dal mare.


Partiamo dall’Umanità, dal Rispetto, dall’Accoglienza, dalla possibilità di integra-

zione e interazione umana e civile, dall’andare e riandare alle proprie radici mediter-

ranee, per raggiungere quella armonia attraverso la quale, come in una composizione

di Bach, con la doppia prospettiva del contrappunto, è possibile mantenere uno

sguardo ampio, con un occhio rivolto al passato e l’altro al presente.


Partiamo dall’evidenza dell’efficacia delle buone pratiche amministrative di un sin-

daco, riconosciuto dalla City Mayors Foundation, come il terzo miglior sindaco del

mondo, a dimostrazione del fatto che la realizzazione della convivenza civile, in una

 
 

popolazione rispettosa delle differenze di sesso, etnia , religione e che interagisce per

il bene comune, determina l’affermazione di una società vera che, anche attraverso

pratiche di un’altra economia solidale e circolare, riesce ad assicurare buone condi-

zioni di vita a tutti i suoi componenti.


Il nostro programma si basa sui principi della giustizia sociale, della libertà e della di-

fesa dei diritti umani. Intendiamo operare per il riscatto degli ultimi e riportare al

centro delle politiche pubbliche i bisogni delle persone emarginate e degli esclusi, dei

precari e degli sfruttati, da una società sbagliata.


Indichiamo come prioritari gli interventi nelle aree marginali della nostra regione,

per contrastare lo spopolamento dei paesi montani e collinari, parallelamente al de-

grado dei quartieri periferici delle città. E’ giunto il tempo ormai di invertire lo

sguardo sulla questione delle aree interne come dimostrato dai risultati degli studi e

ricerche che negli ultimi anni hanno accompagnato i programmi innovativi avviati in

diverse regioni del nostro paese, nel quadro dei Programmi LEADER e della Strate-

gia Nazionale per le Aree Interne.


Partire dai margini invece che dal centro significa pensarli non come solo come luo-

ghi di consumo (di natura, di tradizione, di turismo) ma innanzitutto come territori

della produzione di innovazioni sociali, di saperi e pratiche tradizionali, di rinnovati

modelli di welfare, di stretta interazione con l’ambiente.


Le politiche devono accompagnare e sostenere in modo appropriato le iniziative che

dal basso sono state promosse anche nella nostra regione, assumendo un orientamen-

to integrato tra ambiente, territorio abitato e risorse. Occorre superare la separazione

tra i diversi settori di intervento delle politiche regionali e progettare un grande pro-

gramma di integrazione tra interventi infrastrutturali, economici, sociali e culturali,

che prioritariamente devono riguardare:


1. l’acqua, di cui è ricchissima la nostra regione, da gestire in maniera pubblica e

non soggetta alle leggi del profitto, come da volontà di 26 milioni dei cittadini

e cittadine italiane espressa, in un referendum di cui regioni e governo, colpe-

volmente non tengono conto;


2. la salute e la sanità pubblica accessibile e fruibile da tutti, che, oggi in Cala-

bria è invece sovrastata da un privato finanziato con risorse pubbliche e da un

sistema politico e governativo che negli anni ha smantellato e/o ridotto al lumi-

cino, servizi sanitari territoriali importanti, come i consultori familiari, e i nu-

merosi ospedali costruiti con denaro pubblico e abbandonati all’invasione dei

rovi e agli atti vandalici: cose che ci hanno sorpresi completamente indifesi e

inadeguati difronte alla pandemia;

 

3. Il lavoro è una grande emergenza nella nostra regione. Il lavoro che c’è va tu-

telato, quello che manca va creato investendo tutte le risorse disponibili per

questo obiettivo. Bisogna, inoltre, chiudere con il precariato istituzionale, mi-

gliaia di uomini e donne senza diritti, con retribuzioni da fame, che mandano

avanti da anni uffici e servizi. Serve intervenire sullo sfruttamento dei lavorato-

ri dei campi, italiani e migranti, per una nuova civiltà del lavoro anche in agri-

coltura.


4. lo smaltimento dei rifiuti, che deve essere organizzato in modo radicalmente

diverso da quello attuale e sottratto alle holding mafiose;


5. le nostre risorse naturali: il mare, che attende da decenni un sistema di depu-

razione adeguato e la cui protezione necessita di una lotta efficace ad un abusi-

vismo edilizio sulle coste; le spiagge, che devono essere il più possibile libere e

protette dall’incuria e dai rifiuti; le montagne e i boschi, da valorizzare con una

gestione a rete dei parchi e delle aree protette e l’attuazione di un turismo so-

stenibile;


6. la nostra agricoltura, rappresentata egregiamente da produzioni autoctone: gli

agrumi della Piana di Gioia Tauro o della Piana di Sibari, l’olio d’oliva di altis-

sima qualità presente su buona parte del territorio regionale, il vino, di ottima

qualità prodotto, soprattutto, sulla costa Jonica, produzioni simbolo, come il

bergamotto, che gode di un suo microclima particolare all’estrema punta meri-

dionale della penisola, il peperoncino, gli ottimi funghi porcini che, sponta-

neamente, popolano i meravigliosi boschi della Sila, delle Serre e

dell’Aspromonte. Il sostegno pubblico deve essere riorientato verso

l’agricoltura sostenibile, praticata secondo le tecniche dell’agroecologia e

dell’agricoltura contadina, che assicurano la conservazione della biodiversità

della nostra regione.


7. le nostre strade, che necessitano di nuove costruzioni e di messa in sicurezza;


8. I nostri ponti, le nostre ferrovie, le vie di comunicazione e trasporto, che al-

trettanto esigono cura, manutenzione e ammodernamento;


9. I nostri borghi, da ripopolare e far rivivere come è avvenuto a Riace, creando

comunità nuove a partire dalle proprie radici e, insieme, una nuova concreta

prospettiva multietnica e multiculturale;


10. le nostre biblioteche, i nostri teatri, i nostri luoghi dell’arte, i nostri tesori ar-

cheologici, dalla cui crescita e valorizzazione far derivare uno sviluppo altro,

degno della nostra cultura meridiana.


 

Un’altra Calabria è possibile perché un’altra Calabria già esiste, al di là degli stereo-

tipi negativi con cui la nostra regione è stata ed è raffigurata: pigra, sottomessa, inca-

pace di reagire di fronte alle difficoltà, senza speranza di futuro.


Questa Calabria già esistente è fatta di giovani che non vogliono più partire per co-

struire altrove il proprio futuro, di donne che hanno ritrovato la voce, di nuovi labora-

tori di idee e di progetti, che partono dal basso, dalle associazioni, dai movimenti, dai

gruppi spontanei di cittadini e di cittadine che vogliono costruire, partendo da un cuo-

re antico, una nuova geografia dei luoghi, fisica, sociale, etica e culturale.


Questa Calabria già esistente è fatta di uomini e donne, lavoratrici e lavoratori, preca-

ri e disoccupati, intellettuali e nuovi imprenditori, che non intendono più cedere alla

rassegnazione e alla sudditanza, alla malapolitica e ai poteri criminali.


Facciamo in modo che un’altra Calabria sia possibile, attraverso un’etica della politi-

ca e del buon governo, che estirpi la gramigna della ‘ndrangheta, della complicità e

dell’indifferenza per “quieto vivere”.


Diceva Erasmo da Rotterdam; “Solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di

poter cambiare il mondo lo cambiano davvero”. Noi lo siamo.