Una rivoluzione culturale per la rinascita della Calabria – Parte I^ di Franco Rubino
«La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia»: così si legge testualmente in un documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) .
Un nemico, crudele e invisibile ad occhio nudo, ha messo in crisi tutto il mondo, e ne ha rovinato la salute.
Ha compromesso lo stato di benessere fisico: le persone si ammalano, soffrono, e alcune, purtroppo, non ce la fanno a guarire; ha intaccato lo stato di benessere mentale: chi è sano, si preoccupa ed entra in ansia, perché non potrà mai sapere dove il nemico si annida, aspettandolo al varco: e per alcuni la paura contagio diventa fobia.
E’ caccia agli untori, dimenticando che ognuno di noi, a sua insaputa, può esserlo.
Il coronavirus, inoltre, ci ha fatto perdere gran parte della nostra socialità e, se durerà ancora molto, perderemo pure quella poca che ci è rimasta.
Addio Aristotele: l’uomo non sarà più un animale sociale!
Conclusione: oggi nessuno di noi, suo malgrado, sta bene. Chi in un modo, chi in un altro, la maggioranza di noi è malata.
Chi non è malato fisicamente, può essere malato mentalmente; coloro che sono in salute sia fisicamente che mentalmente, non lo sono socialmente: costretti a stare chiusi in casa, senza relazione alcuna con altre persone che non siano quelle conviventi, ovviamente quando queste ultime ci sono.
Robinson Crusoe è un naufrago, che si trova a vivere su un’isola deserta: studia il modo di nutrirsi, bere, coprirsi dal freddo, tutelando in qualche modo la propria salute fisica.
Ben presto, però, si accorge che la solitudine, e, quindi, l’assenza di relazioni sociali, gli procura sofferenza mentale e preoccupazione: non sta bene in tutte le dimensioni di benessere che l’OMS individua nella sopra citata definizione di salute e, quindi, è malato.
La Calabria non si trova sulla Luna o su Marte, ma sul pianeta Terra, e i Calabresi, suoi abitanti, si trovano a vivere anch’essi sulla Terra: uomini intelligenti e validi, che abitano ai confini dell’impero, più precisamente nella parte meridionale della bella penisola italica, anch’essa fortemente interessata dalla pandemia: quest’ultima, da un lato ha portato in superficie, come dei reperti archeologici, antichi problemi da noi tutti conosciuti, aggravandoli, mentre dall’altro ne ha creati di nuovi.
Forse alcuni calabresi vorrebbero veramente trovarsi a vivere sul pianeta Giove, e non è detto che nel futuro non bisognerà veramente trovare altro spazio nello spazio: fra qualche anno sulla nostra amata Terra, che pensiamo solo a sfruttare e poco rispettiamo, ci saranno circa 10 miliardi di abitanti.
Avremo spazio e cibo per tutti? E, se anche troveremo spazio e cibo per tutti, saremo veramente in salute o saremo malati che pensano a sopravvivere?
E se molti calabresi non stanno bene (per non dire sono malati) in tutte o in alcune delle dimensioni individuate nella definizione di salute dell’OMS, la terra di Calabria, quella in cui abitano, non sta certo meglio di loro: frane, fiumi che straripano, alluvioni, ponti che crollano, cattedrali nel deserto, ospedali abbandonati, rifiuti accumulati, depuratori che non funzionano, enti pubblici in dissesto.
Ecco perché occorre pensare ad un progetto integrato per curare in maniera simultanea i mali della Calabria e dei Calabresi, o almeno provarci.
Le possibili soluzioni ai diversi problemi non possono essere trovate come intervento singolo alle specifiche circostanze: da sempre si vive in emergenza, da sempre si sono cercate, e ancor oggi si danno, risposte temporanee e poco efficaci.
Non si è provato mai a costruire un progetto che contemplasse una o più soluzioni durature e complessive a più problemi studiati contemporaneamente.
Dovremmo provare a fare qualcosa di simile a quando risolvevamo a scuola i sistemi di equazione: il valore delle incognite doveva soddisfare contemporaneamente tutte le equazioni messe a sistema.
Non bisogna limitarsi alla singola manifestazione di malessere.
Alcuni occupano l’autostrada, vediamo come venire incontro alle loro richieste; altri scendono in piazza e manifestano: vediamo come venire incontro anche a loro per evitare tensioni sociali; altri ancora fanno lo sciopero della fame: cerchiamo di dare loro da mangiare; quel depuratore non funziona: ripariamo quel depuratore; in quel comune l’acquedotto è vecchio e la gente ha sete: ripariamo quell’acquedotto.
Si sono sempre messe delle pezze nelle falle che hanno originato l’emergenza: mai si è provato a costruire un progetto di soluzione a 360 gradi dei vari problemi.
Qualcuno certamente osserverà che non tutti i sistemi di equazioni hanno soluzione, ed è vero: almeno, però, diciamolo dopo che il sistema lo abbiamo impostato, e abbiamo provato con ogni mezzo a risolverlo. E dopo non ci arrendiamo; magari proviamo a impostarne un altro: potrebbe avere soluzione!
Un idraulico poco attento tappa una falla in un tubo, ma questo si rompe da un’altra parte. Tappa anche dall’altra parte, ma il tubo si rompe ancora: il poveretto passa il tempo a tappare falle, ma la casa è sempre allagata!!!
Un idraulico che sa fare meglio il suo mestiere, invece, non tappa le falle nei vari punti: mette sin da subito un tubo nuovo, e la casa non sarà più piena d’acqua per diverso tempo.
Fare un progetto integrato richiede tanto sforzo e, soprattutto, molte competenze: se uno nella vita ha fatto da sempre il calzolaio, non può improvvisamente diventare un esperto falegname; o meglio, può anche spacciarsi per un esperto falegname, ma sicuramente farà danni, piccoli o grandi che essi siano (più probabilmente, ahimè, grandi, anche alla sua stessa persona: magari si taglierà un dito o, peggio, una mano, non sapendo usare in maniera adeguata la sega che serve per lavorare il legno!).
Ma perché per anni e anni non si è mai pensato di tentare un approccio sistemico ai problemi, che andasse verso la tutela della salute dei cittadini nella sua dimensione fisica, mentale e sociale?
Forse prima di dare risposta questa domanda, bisognerebbe porsene un’altra: quando ce ne fossero state le competenze, c’è mai stata la volontà vera di provare a risolvere in maniera duratura in tutto o in parte alcuni problemi?
Non è che la gestione delle emergenze, potremmo dire in gergo amministrativo, delle somme urgenze è stata sempre di interesse per molti o a per qualcuno?
Non ci interessa oggi indagare questo, né di chi è o meno la responsabilità della disastrosa situazione in cui ci troviamo da tutti i punti di vista.
A poco serve stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, che è colpa del Prof. Franco Rubino: questo non risolverebbe i problemi urgenti e impellenti.
Dobbiamo partire dalla fedele fotografia del disastro esistente, provare a risolvere il possibile, attrezzandosi anche per risolvere l’impossibile: a punire il Prof. Rubino, se responsabilità ha avuto (lui dirà sempre che la colpa è degli altri), magari ci penseremo dopo.
Oggi dobbiamo prima di tutto riflettere su come fare per sopravvivere, dopo potremo ritornare a vivere: purtroppo, nostro malgrado, a questo siamo ridotti.
Allora che fare?
Proveremo a delineare un progetto integrato che provi a dare risposte a vecchi e nuovi problemi nel perseguimento di uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” della gente di Calabria (la nostra gente, la mia gente, la vostra gente).
Un atto di amore verso questa Calabria, la mia Calabria, la vostra Calabria, nella quale sono voluto fortemente restare; qualcuno scrisse: volli, sempre volli, fortissimamente volli….
Una terra incantevole, piena di tante cose belle, intrisa del sudore di persone che onestamente si guadagnano da vivere, ma anche una terra sfortunata, piena di problemi, mal vista e trascurata anche, a volte, da noi stessi.
Alla base di tutto, come vedremo, ci vuole una Rivoluzione. Si! Avete capito bene: una Rivoluzione!
No! Avete capito male: io non sono da denunciare per atti eversivi, tanto meno sono el Che!!
La Rivoluzione di cui parlo, è una RIVOLUZIONE CULTURALE.
(continua)