SUDeFUTURI: dopo la pandemia, il Mezzogiorno riparte da Scilla. La gestione dei fondi del Pnrr: un’occasione irripetibile che presenta molte insidie
Il 9 settembre al Castello Ruffo la prima giornata del terzo international annual meeting della Fondazione Magna Grecia. I giornalisti Mieli e Padellaro hanno parlato della ripartenza nel post pandemia con la Vice capo del Dipartimento della Protezione Civile Postiglione e l’Ad Consap Sanasi D’Arpe
Nell’incantevole cornice del Castello Ruffo di Scilla ha preso il via la terza edizione di SUDeFUTURI, il terzo international annual meeting della Fondazione Magna Grecia. Un parterre eccezionale e autorevole di relatori si è confrontato sul tema della ripartenza post pandemia, fondamentale per aprire la riflessione sul filo conduttore dell’intero meeting, che durerà fino a sabato 11 settembre, “(R)innoviamo il Mezzogiorno”.
Ad introdurre il dibattito i giornalisti Alessandro Russo e Paola Bottero. «Scilla rappresenta le potenzialità del Sud – ha detto Paola Bottero – ed è il luogo migliore per immaginare un futuro diverso che sappia valorizzare le ricchezze del territorio».
Prima di entrare nel vivo del dibattito, i saluti istituzionali del presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti, il quale ha fortemente voluto che la manifestazione si svolgesse in Calabria, e del sindaco di Scilla Pasqualino Ciccone. «Devo esprimere il mio ringraziamento alla Fondazione – ha detto Ciccone – spero che l’iniziativa possa servire non soltanto per il rilancio del Sud, ma anche a formulare idee e proposte per fare progredire ancora la nostra città e difendere la nostra terra da attacchi, spesso strumentali, che arrivano da tutte le parti».
E, del resto, sia Alessandro Russo che Paola Bottero hanno evidenziato come uno degli obiettivi di SUDeFUTURI sia quello di agevolare i contatti tra le varie realtà, italiane e non solo, per creare una rete che sappia garantire sviluppo e progresso.
A portare i saluti della Prefettura è stato il vicario del Prefetto di Reggio Calabria Maria Stefania Caracciolo. «Si tratta di un’iniziativa importante e in linea con gli obiettivi di chi vuole che la nostra terra non sia più terra di ndrangheta. Dobbiamo cominciare a guardare la parte piena del bicchiere, il positivo smettendo di piangerci addosso – ha detto Caracciolo che poi ha rilanciato – Bisogna chiedersi perché l’imprenditoria non decolla in questa nostra regione. La criminalità non può essere sconfitta con interdittive e certificazioni, ma serve uno sforzo corale e collettivo, un cambio di natura culturale».
Dopo i saluti istituzionali si sono aperte le due sessioni di lavoro che hanno avuto come centro di discussione “La ripartenza post pandemia”. Pungolatori del dibattito due tra i più noti giornalisti italiani e cioè Paolo Mieli, che ha condotto il dibattito, e Antonio Padellaro, presidente de Il Fatto Quotidiano, nelle vesti di guastatore.
«Per chi vuole ragionare sul futuro prossimo del Sud e della Calabria – ha detto Padellaro – il quadro di fondo è costituito da una triangolazione di potere. Un vertice di questo triangolo è rappresentato dall’Unione Europea con i fondi stanziati per l’emergenza e le garanzie richieste per potere realizzare i progetti. I finanziamenti potrebbero essere interrotti se non si rispettano gli impegni presi. Il secondo vertice del triangolo è il governo di Mario Draghi garante per l’Italia nel mondo e garante del Pnrr. La classe politica che verrà eletta alle prossime elezioni regionali in Calabria – ha ammonito Padellaro – sarà sotto osservazione per evitare che i finanziamenti possano finire nelle tasche della malavita. Il vertice alto del triangolo è il presidente Sergio Mattarella che sta intervenendo più che con moniti, con precise richieste. Così come è avvenuto con la richiesta di mettere un freno alle manifestazioni violente dei no vax. Questo il quadro di riferimento in cui dobbiamo muoverci».
E della necessità di mantenere alta l’attenzione sul Sud ha parlato anche Immacolata Postiglione, vice capo della Protezione Civile.
«Questa iniziativa va nella direzione giusta. Serve un’attenzione costante per il nostro Sud. Siamo ormai abituati a ripartenze continue dopo emergenze di tutti i tipi, frane, terremoti o incendi, come avvenuto in questa estate che ha costretto il Governo a dichiarare lo stato di emergenza in molte regioni del Sud, compresa la Calabria. C’è un tema importante che non deve essere trascurato in ogni ipotesi di sviluppo sostenibile e che va considerato come indispensabile: la messa in sicurezza del territorio. Il Pnrr affida un miliardo e duecento milioni da dedicare al rischio dissesto. Accanto a questo bisogna investire sulla cultura della cura del territorio».
Spunti tutti raccolti nella sintesi di Paolo Mieli che ha portato il dibattito sui passaggi concreti da compiere per garantire una reale ripartenza al Sud e all’intero Paese, invitando i calabresi al voto.
«È corretta – ha detto Mieli – la declinazione dell’emergenza al plurale. Devo dire, però, che il colpo d’occhio che ho avuto arrivando in Calabria è stato molto positivo. Questa regione, che sembrava dovesse essere la prima a soccombere per la pandemia dopo il cambio dei commissari alla sanità di un anno fa, ha invece resistito. Ha dato una prova di civiltà e responsabilità maggiore rispetto ad altre regioni. Adesso si andrà al voto e, compatibilmente alle norme covid, più si vota meglio è». Mieli ha poi sottolineato la necessità di una riforma costituzionale rifacendosi a quanto fatto da De Gaulle che, secondo il giornalista, presenta molti profili comuni a Mario Draghi. «La nostra Costituzione sarà anche la più bella del mondo – ha detto ancora Mieli – ma siamo stati commissariati due volte con Monti e Draghi, per non parlare delle anomalie sulla prosecuzione dei mandati dei presidenti della Repubblica. Siamo davanti a una grave crisi costituzionale e si deve stare attenti alle ripartenze calate dall’alto. L’unico meccanismo virtuoso è quello di coinvolgere il popolo, non solo quando deve vaccinarsi, ma anche per scegliere la classe dirigente».
Il presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti ha proseguito il ragionamento. «La mancanza di civismo e, invece, la presenza di una struttura sociale che non osserva le regole hanno dato spazio libero alla criminalità organizzata di crescere indisturbata. Per cui, ogni volta che arrivano finanziamenti al Sud, il rischio che vadano dispersi o acquisiti dalla criminalità è sempre altissimo. Serve poi uno svecchiamento e il rinnovamento della burocrazia nazionale e regionale che sono state, spesso, di ostacolo alla spesa pubblica per la loro arretratezza».
Siamo, comunque, davanti a una grande opportunità per recuperare gravi gap strutturali, per come ha spiegato l’assessore all’Economia della Regione Sicilia Gaetano Armao. «C’è grande ottimismo perché la ripresa è tangibile con prospettive importanti per i prossimi quattro anni, sempre che non si torni in emergenza. Appena la Sicilia è tornata zona gialla abbiamo registrato un 30% di disdette per settembre. Serve poi massimo raccordo tra i soggetti titolari dei finanziamenti, i Ministeri, e i soggetti attuatori come le Regioni».
A garantire il funzionamento del sistema la Consap, per come evidenziato dall’Amministratore delegato Vincenzo Sanasi D’Arpe. «Consap rappresenta il modello dell’assicuratore pubblico e gestisce il fondo di rotazione per le vittime dei reati mafiosi di estorsione e usura. Siamo davanti a un’occasione enorme, oltre 200 miliardi in arrivo, e serve un duplice ruolo di controllo sia sulla liceità che sulle modalità operative di gestione dei fondi. Oltre il 50% di questi sarà destinato a infrastrutture, alta velocità e porti. Si tratta di un intervento dello Stato nel mercato che il governo dovrà gestire usando strumenti di programmazione economica. Accanto a questi occorrono misure straordinarie per la crisi e il risanamento d’impresa».
Pungente il Presidente dell’Organismo di Vigilanza della Fondazione Magna Grecia e giudice della Corte dei Conti Antonello Colosimo: «Occorre rendere efficace e operativa la funzione giurisdizionale della Corte dei Conti per sanzionare in maniera adeguata le ipotesi di danno erariale. Senza un controllo efficace si alza il rischio di perdere i finanziamenti o che gli stessi siano dispersi».
Al direttore di Cardiologia del Policlinico Tor Vergata e consulente Covid per la Regione Calabria Franco Romeo, il compito di fare il punto sulla gestione dell’emergenza pandemica. Romeo ha rifiutato la narrazione, spesso eccessivamente critica del sistema sanitario calabrese, e difeso la tenuta complessiva della Calabria. «Abbiamo resistito meglio di quanto si poteva immaginare alla pandemia. In Calabria ci sono stati 1302 morti dall’inizio dell’emergenza Covid. Avevamo 140 posti di terapia intensiva contro i 500 della Lombardia, in linea quindi con la consistenza della popolazione e mai si sono riempite. Anche l’indice di letalità, il rapporto cioè tra numero morti e pazienti che hanno avuto la malattia, si è attestato all’1.3, rispetto alla media nazionale sopra il 3. È vero che c’è stato disordine, ritardi nella vaccinazione, ma non c’è mai stato paziente che non abbia trovato posto in ospedale. Sicuramente, però, nell’anno appena passato ci saremmo aspettati investimenti maggiori nella sanità calabrese».