Servizi psichiatrici… Terra di nessuno!

La società in perenne e rapida metamorfosi conosce sempre più nuove e più sfaccettate tipologie di disagio psichico: chi si rivolge ai servizi porta con sé sempre più forme di dolore, che cercano risposte pronte, appropriate e che tengano conto della persona e non solo della malattia.
La cura della salute mentale deve cercare lo sguardo dell’essere umano e non solo basarsi sulla sua biologia, pensiero, quest’ultimo, radicato nella mente di chi non vuole capire che la follia “è una condizione umana”.
La psichiatria sociale non può prescindere da servizi, dialogici, democratici e comunitari. Le comunità terapeutiche, quello dovremmo essere, sostengono obbiettivi di vita indipendente e la libertà di scelta del singolo utente… si chiama democrazia!
Ora, tornando alle nostre latitudini, è facile osservare che solo alcuni lavoratori cercano con le loro forze di reagire e di sollecitare il sociale a scuotersi dal suo perenne letargo, spronando, a sua volta, la politica delle promesse mai mantenute ad assumersi le proprie responsabilità.
La situazione catastrofica dei servizi ci costringe a prendere nuovamente posizione, rendendo pubblico questo inconfutabile torpore generale. Vogliamo un cambiamento di rotta sulla questione accreditamenti e sulla questione, a mio parere prioritaria per motivi di umanità, dello sblocco dei ricoveri.
La responsabilità, voglio ricordare a politici e alle organizzazioni del terzo settore, non è di quel gruppo di lavoratori che si battono senza sosta per i loro diritti e i diritti degli utenti, con notevoli sacrifici.
Ma va ricercata in chi ancora oggi lascia che il tempo scorra e magari auspica a una chiusura dei servizi per far cadere nell’oblio il problema o la scocciatura.
Il sociale che si occupa di psichiatria, e non solo, deve essere promotore di iniziative più concrete, continue e che non vengano attuate solo quando si ha tempo o ci si rammenta che esistono dei problemi. Ci rendiamo conto, nostro malgrado, che il problema è solo di pochi e che il resto si perde nella supponenza, nella retorica dei palazzi o addirittura, in certi casi, avanzando richieste assurde ai lavoratori che già hanno dato tanto.
Mi duole dirlo ma molti si sono abbandonati a una psichiatria organicista o, peggio ancora, ad un sociale aziendalistico che per concezione deontologica non ci appartiene e che ci porterà solo alla chiusura, perché il disagio mentale è cambiato (se ve ne siete accorti) e gli utenti hanno bisogno di altro e L’OMS (organizzazione mondiale della sanità) lo ha capito e lo chiede dopo i tanti disagi psicologici post covid.
Il cambiamento di paradigma, da quello organicista a quello sociale e comunitario, è un nostro dovere morale e etico che nella legge 2850 del 2017 è espresso chiaramente e definisce, in materia di tutela della salute mentale, lo sviluppo dei principi della legge del 13 maggio n. 180 e conosciuta più notoriamente come legge Basaglia, esportata in tutto il mondo come prassi terapeutica per la grande valenza umana e sociale.
È estremamente importante quest’ultima considerazione perché si basa sul futuro stesso dei servizi psichiatrici in continua evoluzione. Ricordo, per chi lo abbia dimenticato, che la psichiatria sociale si fonda sulla principale conseguenza invalidante del disagio mentale: la compromissione delle abilità nello svolgere ruoli sociali.
La salute pubblica è in crisi e il settore psichiatrico, cenerentola della sanità da sempre per colpa di chi è stato a guardare, subisce da tempo imperituro.
La speranza è quella che la Regione Calabria, l’Asp di Reggio Calabria, la politica, qualche dirigente delle cooperative (per non fare di tutt’erba un fascio) e tutte le organizzazioni del terzo settore riescano ad abbracciare la nostra forza riformatrice che con strumenti critici cerca di risolvere i problemi dei servizi e del sociale in genere, cose che abbiamo chiesto espressamente a tutti gli attori interessati e auspicato da sempre. Noi lavoratori del sociale chiediamo il cambiamento e vogliamo essere parte di esso e non ci sottometteremo alla logica di chi ci vuole fuori dai giochi. Le persone che conoscono i problemi reali dei servizi psichiatrici e del sociale siamo noi, che costantemente ci confrontiamo con essi e cerchiamo di sopperire alle lacune di chi si sta comodamente seduto dietro una scrivania.
È necessario uscire da un regime improduttivo!
Concludo affermando che siamo sempre pronti ad un confronto con tutti, partendo dal nuovo commissario straordinario dell’Asp di Reggio Calabria, Dottoressa Lucia Di Furia, per discutere sui temi sollevati e rimarchiamo che i lavoratori del sociale saranno sempre accanto agli ultimi e che non faremo morire il sociale nella nostra città.

Reggio Calabria, 6 giugno 2022

Cordiali saluti, Coolap
Giuseppe Foti
Vincenzo Barbaro
Filippo Lucisano