San Luca, la vita avventurosa del Poeta Francesco Costanzo

“Ognuno di noi vive nel riflesso di quello    

                                che fu da ragazzo e avanzando con gli

                                anni i ricordi e le impressioni divengono

                                 più chiari, escono dai loro nascondigli,

                                  il presente si colora del  riflesso  del

                                  passato.” (Corrado Alvaro)

 

La nostalgia, lo stato d’animo e quel dolore che nasce dal desiderio del ritorno, viene vissuto, da parte di chi ha dovuto abbandonare il suo paese da giovane, con dolore ma anche con il desiderio di ricordare.

Francesco Costanzo di San Luca (il paese di Corrado Alvaro) è nato il 3 marzo del 1939 in una casa popolare che suo padre aveva acquistato nel 1933.

Francesco ha trascorso la sua infanzia sui prati del Prato, questo era il nome della contrada di San Luca e i primi di maggio del 1948, suo padre, il quale faceva il postino in quel paese e quindi anche a Polsi, lo portò al Convento e li rimase fino al 3 settembre del 1951.Ritornò a San Luca ma, Francesco nel 1957 partì alla volta di Milano.

Da lì Francesco andò in un paese in provincia di Livorno  ma presto rientrò a San Luca. Come avviene per chi incomincia ad emigrare, ritorna a Milano e da lì  partì subito per Parigi.

 A Parigi rimase fino al 22 Dicembre del 1959 per rientrare di nuovo al suo paese calabrese dove si fermò fino al 1960.

Infine la sua destinazione finale fu la Germania dove vive si sposa e dove risiede ancora oggi. 

Francesco Costanzo è uno scrittore, un poeta che non ha mai frequentato i salotti letterari, ne mai ha avuto maestri di grammatica o di metrica, ma vi posso assicurare che i suoi racconti sono straordinari.

Lui ha girato per l’Italia e l’Europa ma ha mantenuto vivi i suoi ricordi e la sua vita di San Luca e di Polsi da bambino e da ragazzo che incomincia a raccontare in un bellissimo saggio dal titolo” I miei primi vent’anni”.

Ricordare è un dovere ,ho letto da qualche parte, ma ricordare è un modo di rivivere la propria vita di ragazzo come nel caso di Francesco, così come è stato per tanti  ragazzi dei paesi calabresi fino agli anni ’70.

Dopo questo periodo, il consumismo e la globalizzazione, fecero scomparire un mondo ricco di valori, caratterizzato dalla comunanza e dalla solidarietà di vicinato e di paese.

Francesco ha dovuto lasciare il paese; ripartire d’accapo; imparare un altro mestiere. Un ragazzo così legato alla sua terra (e i suoi scritti raccontano del suo San Luca) che a 18 anni è andato a lavorare nelle fredde e bramose pianure tedesche ma il suo pensiero era sempre per il suo paese tanto amato e a volte odiato ( così come avviene per tanti emigrati) ,alla sua famiglia, alle montagne dell’Aspromonte, ai suoi primi amori.

Questa terra è anche fatta da questi giovani che partono e continuano a raccontare del proprio mondo nel quale si è cresciuti da ragazzi e si racconta le bellezze ma anche i mali che mettono in secondo piano i valori di gente generosa, onesta e lavoratrice.

Quindi troviamo negli scritti di un autodidatta dei versi dedicati alla famiglia (La nuova famiglia) , al Paese ( San Luca dopo la guerra) ,ai fenomeni endemici come quelli dell’Onorata società” e della delinquenza ( La musica del cuore e i due compari sanluchesi).

Ma tra gli scritti di Francesco troviamo delle poesie bellissime (L’albero dei ricordi) dove “ gli alberi portano con sé per molto tempo le foglie e le nutrono” così come fa la nostra terra che nutre i suoi figli ma che spesso li mette a dura prova come nell’alluvione del 1951.

“Guarda il sole com’è ardente, ma stai attento che ti brucia…”così com’è la terra  che ti nutre ma che ti può  anche affamare.

“Devi andare via dal paese per molto tempo se vuoi ritrovare le tue cose quando ritorni” diceva Alfredo al giovane Totò nel celebre film di Giuseppe Tornatore “Nuovo cinema Paradiso” e così è per i nostri emigrati, i quali quando rientrano dopo anni e anni in America o in Australia, la prima cosa che fanno è quella di andare a rivedere ( forse per l’ultima volta) la propria casa( o quello che è rimasto) e la  “ruga” dove si è cresciuti con gli altri bambini ormai dispersi e per loro è come se rivedessero il film della propria vita.

Quella strada, quel vicolo, quel marciapiede, non New York, non Sidney, rappresenta il loro universo.

 

Polistena  11.08.2023   Aldo Polisena