San Luca: Klaus Davi, una via intitolata a Silvio Berlusconi? Perche’ no?
«Non so se si possa già fare ma intitolerei senza problemi una via a Silvio Berlusconi. Mi piacerebbe anche intitolarne una a qualche eroe della Resistenza. Penso al magistrato Emilio Sacerdote, ebreo di Vibo Valentia, cui è stata dedicata l’aula di giustizia del tribunale di Vibo, partigiano poi morto nel lager tedesco di Bergen-Belsen dove era stato deportato dopo essere stato internato nei campi prima di Bolzano e poi di Flossenbürg in Germania. Non avrei nessun problema a dedicare una via anche a Michela Murgia. Non condivido le sue idee politiche ma è stata una donna di valore, conosciuta all’estero, che ha sofferto. Massima apertura, come è nella natura dei calabresi». Lo ha dichiarato Klaus Davi intervistato dall’emittente radiofonica reggina “Radio Eco Sud”. «San Luca non è il comune della ‘Ndrangheta – ha proseguito Davi – ma quello del dialogo e dell’inclusività. Qui la sinistra ha forti radici storiche che comunque vanno rispettate. Nel caso dovessi essere eletto sindaco e amministrarlo, posso assicurare che saremo conosciuti per essere il comune che si batte contro tutte le forme di razzismo: in primis l’antisemitismo, che è una piaga che sta ammorbando una certa parte politica. E noi saremo il comune simbolo in Italia della lotta contro l’antisemitismo. Farò personalmente, se mi sarà consentito dalla dirigenza scolastica, incontri con i ragazzi per spiegare che l’antisemitismo è l’origine, la madre di tutti i razzismi». Nel corso dell’intervista il giornalista è intervenuto anche sul ruolo delle istituzioni: «Sono certo che il Ministero degli Interni e la Prefettura non faranno valutazioni inappropriate sciogliendo il comune. Mi domando anche perché un’amministrazione come quella di Reggio Calabria, infiltrata dal potente clan degli Araniti, non sia stata al momento oggetto di un approfondimento. Mi chiedo quali siano i criteri. Se si guardano gli studi Eurispes o i dati dell’Euromedia Research di Alessandra Ghisleri si nota che complessivamente il sistema giustizia ha la credibilità più bassa del Dopoguerra. Chi lavora nello Stato e rappresenta le istituzioni dovrebbe chiedersi come mai sia potuto accadere e come mai solo una minoranza degli italiani abbia fiducia in esse, almeno secondo queste ricerche», ha concluso Davi.