Riflessioni del prof. Domenico Pirrotta, Dirigente Scolastico su “Università e democrazia: l’inscindibilità di un rapporto”
Nel complesso orizzonte culturale della realtà calabrese e italiana si affaccia – sempre più insistentemente – la problematica concernente la garanzia dell’attuazione di una politica per il diritto allo studio, in modo particolare nel tentativo di adeguare la strutturata organizzazione universitaria alle nuove e impellenti esigenze, vale a dire quelle che si muovono non solo in ambito nazionale, ma anche in quello più ampiamente europeo. Appare importante ricordare che ci troviamo di fronte non solo alla pianificazione delle opportunità, ma ancora prima a un diritto fondamentale, espressamente riconosciuto dalla Costituzione Repubblicana – nella fattispecie dagli articoli 3, 33 e 34 – quale condizione consentente a tutti d’inserirsi nell’ambito dei percorsi partecipativi degli studi, rimuovendo l’insieme degli ostacoli di natura economica e sociale che possano impedirne esperienze di approccio e di continuazione. Bisogna ciò nonostante ammettere che questo democratico quadro di riferimento – caratterizzato, più propriamente, da sostenenti garanzie di accesso a una molteplicità di benefici – da decenni contrasta irriguardosamente con il diritto a scegliere che cosa studiare, a motivo dell’introduzione del numero chiuso, in modo particolare nell’ambito della Facoltà di Medicina.
Ci troviamo senz’altro di fronte a un’anacronistica disposizione – nulla avente a che fare, peraltro, con la stessa suindicata area scientifico/disciplinare – rivelatasi come un criterio rigidamente inesatto e unicamente volto a scoraggiare i nuovi ingressi, al punto da mostrare una vera e propria inadeguatezza nell’attivare processi di equa e meritevole selezione degli studenti, a partire da coloro che si contraddistinguono per le predisposte e lodevoli motivazioni. Bisogna d’altra parte aggiungere – anche alla luce di certi indicativi e oggettivi dati – che tale eliminatorio sistema continua a mostrare tutti i suoi limiti proprio nel tentativo d’individuare e distinguere i migliori, dal momento che a balzare sempre all’attenzione è l’evidente e ingiusto meccanismo, tra l’altro iniquo e mortificante nella sua intrinseca natura. Per non parlare della varietà delle proposte riguardanti l’attivato sostegno scaturente dalla programmazione di corsi privati, che contribuisce a impattare notevolmente sui già ingenti costi, determinando le ulteriori forme di un ingiusto e intollerabile divario. Le considerazioni appena formulate sono evidentemente da contestualizzare nel più ampio quadro correlato alla questione delle tasse universitarie, il cui progressivo accrescimento tende a ridurre ulteriormente la visione della democratica partecipazione all’istruzione e alla formazione, dal momento che tende a escludere in maggior misura le più svantaggiate fasce sociali, costruendo quindi percorsi basati esclusivamente sull’impossibilità che gli studenti possano confrontarsi alla pari – a partire, dunque, dalle medesime condizioni – ed essere così valutati sull’effettivo merito.
Forse è tempo che in Calabria e in Italia si apra e si condivida una seria e sistematica discussione intorno a queste argomentazioni, ripensando a un piano che permetta di superare – non più con operazioni di facciata, ma in modo radicale e definitivo – il numero chiuso e il considerevole effetto dei costi della contribuzione studentesca, per evitare che queste discriminanti logiche continuino a gravare non solo sulle famiglie, ma anche sulla prospettica e sottovalutata situazione della carenza di medici, come pure sulla più ampia società civile e – di conseguenza – sulle poche e già fragili filiere produttive presenti nel nostro territorio. E’ una sfida, questa, che bisogna raccogliere immediatamente e in ogni modo, se si è veramente disposti a coltivare e rinvigorire le libere e liberanti ragioni della conoscenza critica, da intendere appunto per questo non come un sapere appartenente ai poteri delle proprietà private, bensì al bene comune, per l’indiscutibile e urgente difesa della democrazia.