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Riceviamo e pubblichiamo. Presidio Unical intifada studentesca
Siamo totalmente delusi dalle risposte che ci sono state date dal rettore Nicola Leone durante l’incontro ottenuto venerdì 10.
A pochi giorni dall’anniversario della Nakba e dall’inizio dell’intifada studentesca anche all’Unical, sulla scia delle mobilitazioni portate avanti dagli studenti e dalle studentesse di tantissimi paesi, la governance di ateneo continua ad aggrapparsi ad argomentazioni del tutto futili dal nostro punto di vista e che evidenziano una palese assenza di volontà nell’affrontare una questione tanto cruciale. Le richieste che abbiamo avanzato sono state:
🔴dichiarare che in futuro non ci saranno accordi con aziende impegnate direttamente o indirettamente nella produzione bellica (es. Leonardo S.P.A.) specialmente in termini di ricerca, e che dunque la ricerca non sia finalizzata alla produzione di armi, oppressione e morte.
🔴Dichiarare pubblicamente la volontà di negare o sospendere accordi tra il nostro ateneo e università o isituzioni israeliane coinvolte a vario titolo nel genocidio in atto ai danni della popolazione palestinese, vista la risposta del senato accademico contenuta in una nota inviata in risposta al nostro appello contro il bando MAECI.
🔴Indire un’assemblea di ateneo, con sospensione della didattica, favorendo una discussione democratica sul tema, aperta a tutti e tutte, in Università.
Nessuna richiesta é stata accolta, anzi, ancora una volta ci é stato riproposto la nota retorica sulla “libertà di ricerca”, sostenendo che non si può vietare al singolo ricercatore o al singolo ente di fare ricerca nell’ambito che preferisce. Il Rettore dovrebbe tenere a mente, però, che appellarsi ad una generica “libertà di ricerca”, svincolata da ogni valutazione politica ed etica, ricorda molto l’atteggiamento degli pseudo-scienziati nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, e di tutti coloro i quali hanno strumentalizzato nel tempo il sapere al fine di compiere le più grandi atrocità nei confronti di uomini e donne oppressi, vittime di un sistema basato sui profitti economici e sulle guerre.
Per il resto non c’è stata alcuna presa di posizione, contornata da una timidissima e incerta apertura rispetto alla possibilità di discutere pubblicamente il ruolo dell’università e dei saperi nella fase sensibile in cui ci troviamo, di fronte a innumerevoli morti, sfollati e con interi territori rasi al suolo. Questo atteggiamento mette in luce la grande difficoltà degli organi apicali dell’università di confrontarsi realmente con gli studenti e le studentesse e con la comunità accademica. Tale atteggiamento di chiusura non ci scoraggia e, anzi, ci rende ancora più consapevoli dell’impellente necessità di ravvivare e proseguire la mobilitazione, così come abbiamo fatto negli ultimi mesi, con ancora più determinazione!
Oggi alle ore 16, sotto il rettorato, ci uniremo all’acampada che si sta portando avanti nelle università di tutto il mondo in solidarietà al popolo palestinese e chiederemo ancora una volta di avere delle risposte concrete e una presa di posizione reale da parte dell’Ateneo.
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