Riceviamo e pubblichiamo. Il ponte sullo Stretto è un’opera inutile e dannosa. Vanta il record negativo di produrre danni prima ancora di essere realizzato
Il ponte sullo Stretto è un’opera inutile e dannosa, difficilmente realizzabile. Se fosse realizzato non sarebbe sicuro e neanche conveniente, né dal punto di vista economico né riguardo i tempi di percorrenza. E’ un progetto che già produce danni perché sottrae, alla Sicilia e alla Calabria, risorse che dovrebbero essere utilizzate per infrastrutture fondamentali alla mobilità delle due regioni. Ma anche perché sta già procurando danni a proprietari, inquilini e prevediamo possa procurare gravi disagi alla cittadinanza delle due sponde dello Stretto”, così Stefano Chiappelli (Segretario Generale Sunia nazionale), Giusy Milazzo (Segretaria Sunia nazionale e Sicilia) e Francesco Alì (Segretario Generale Sunia-Cgil Calabria).
“Il progetto – proseguono i sindacalisti – lacunoso sotto molti profili (non ne è mai stato depositato uno definitivo), ha come presupposto un’analisi costi-benefici irrealistica, comporterebbe gravi impatti ambientali, paesaggistici e naturalistici, nonché sulla gestione dei cantieri. A dirlo non siamo solo noi, il progetto è stato, infatti, giudicato carente anche dal ministero dell’Ambiente che ha presentato circa 280 osservazioni attraverso la commissione di impatto ambientale”.
In questo contesto, il SUNIA nazionale, siciliano e calabrese che ha partecipato alle manifestazioni contro il ponte che si sono svolte a Messina e a Villa San Giovanni, “si schiera dalla parte della popolazione più debole che, senza essere adeguatamente considerata, rischia di subire gravi disagi abitativi”. Come evidenziato anche nel documento della Cgil “La questione degli espropri legati alla costruzione del Ponte sullo Stretto ha assunto sempre più centralità. Un’opera che vanta il record negativo di essere riuscita a produrre danni prima ancora di essere realizzata. Per poter aprire i cantieri, richiede infatti l’esecuzione di espropri di case, terreni, immobili di privati cittadini investiti dai disagi e costretti a lasciare l’abitazione per andare non si sa dove e neppure con quale indennizzo. Ad essere coinvolte sono centinaia e centinaia di case ed edifici sulle due sponde dello Stretto. A pagare il prezzo più alto sarebbero le fasce economicamente più fragili che rischierebbero di perdere l’alloggio in cui vivono. E sarebbero espropriate anche aree nelle quali sorgono edifici popolari”.
A ciò si aggiunga – proseguono Chiappelli, Milazzo e Alì – che “L’allarme espropri ha distolto l’attenzione da tutta una serie di altri danni collaterali. Se, infatti, coloro a cui sarà tolta e demolita la casa avranno un risarcimento irrisorio che non elimina il dramma di una casa sottratta e distrutta, ci sono migliaia di persone che subiranno dei danni senza avere nulla in cambio. Ci riferiamo alle abitazioni ricadenti nelle zone dei cantieri o vicine ai cantieri stessi, che subiranno danneggiamenti di diversa gravità: dall’inquinamento acustico protratto per lungo tempo, ai danni alle strutture e agli impianti. Tutta la popolazione subirà per molto tempo i disagi di città ridotte a cantieri e ad essere interessati negativamente saranno non solo aspetti estetici e paesaggistici, ma anche la quotidianità delle vite delle persone”. Non a caso, sottolineano i sindacalisti, “la commissione di impatto ambientale del Ministero dell’ambiente ha sottolineato la mancanza di valutazioni sulla qualità dell’aria e sulla dispersione di inquinanti nel mare, oltre a una stima delle conseguenze relative alla costruzione dei pontili del cantiere e della possibile deformazione della linea di costa. Nella documentazione, secondo i tecnici, mancano anche analisi sulla tutela della biodiversità, sugli effetti dell’inquinamento acustico, delle vibrazioni, dei campi elettromagnetici nell’area e uno studio sulle condizioni di pericolosità da maremoto, sui costi e i benefici, oltre a una descrizione più approfondita del contesto sociale ed economico per cui l’opera si considera necessaria. Tra le altre cose, la società Stretto di Messina dovrà dare più informazioni su come intende gestire le terre e le rocce di scavo e il loro smaltimento”. Infine, concludono Stefano Chiappelli, Giusy Milazzo e Francesco Alì, l’affare ponte sta scatenando interessi speculativi sul fronte degli affitti che, a breve, potrebbero arrivare alle stelle per accogliere a suon di rincari i potenziali nuovi arrivi, ma che finiranno per danneggiare solo le famiglie calabresi e siciliane”.