Reggio, l’Associazione Culturale Anassilaos ricorda il 5° centenario della morte di Raffaello Sanzio
“Raphael Urbinas”, dalla firma con cui lo stesso artista ha siglato talune delle sue opere, tra le quali, in particolare, lo Sposalizio della Vergine (sul frontone del Tempio) e, da ultimo, il ritratto della cosiddetta “Fornarina”, dove la firma del maestro spicca sul bracciale della donna, sarà il tema conduttore di una serie di manifestazioni con cui l’Associazione Culturale Anassilaos di Reggio Calabria, presieduta da Stefano Iorfida, a partire dal mese di febbraio, si propone di ricordare il 5° centenario della morte di Raffaello Sanzio, uno dei massimi artisti del Rinascimento.
A tale anniversario saranno dedicati incontri di approfondimento sulla vita e le opere del Maestro nonché sull’attività degli allievi con la partecipazione di studiosi e artisti coordinati dallo stesso presidente di Anassilaos, che aprirà le manifestazioni.
All’anniversario il Circolo Filatelico di Anassilaos che, nel corso degli incontri farà anche dono al pubblico di valori bollati dedicati all’artista, dedicherà una mostra storico-filatelica dedicata all’Urbinate che Nato ad Urbino il 25 marzo del 1483 da “Giovanni de’ Santi, pittore non molto eccellente” (Vasari) Raffaello muore. ad appena trentasette anni, a Roma il 6 aprile del 1520 “de una febre continua et acuta” durata quindici giorni con “gran dolore d’ognuno e del Papa, che più fiate mandò a vedere come el stava”. Che egli sia morto di eccessi amorosi, come scrive il Vasari “attendendo in tanto a’ suoi amori così di nascosto, continuò fuor di modo i piaceri amorosi, onde avvenne ch’una volta fra l’altre disordinò più del solito”, è una fake news di cinquecento anni fa anche se l’artista – al contrario della ambigua e sfuggente sessualità di Leonardo e Michelangelo – amava le donne. “Fu Raffaello persona molto amorosa et affezzionata alle donne, e di continuo presto ai servigi loro. La qual cosa fu cagione che, continuando i diletti carnali, egli fu dagl’amici, forse più che non conveniva, rispettato e compiaciuto….. A Roma era giunto verso la fine dell’anno 1508 chiamato da Papa Giulio II su istanza del suo conterraneo Donato Bramante, architetto del pontefice. In quello stesso anno Michelangelo aveva principiato ad affrescare la Volta della Cappella Sistina. Fino alla morte Raffaello operò nell’Urbe a servizio di Giulio II e del di lui successore Leone X affrescando le Stanze Vaticane: la Stanza della Segnatura (1508-1511), la Stanza di Eliodoro (1511-1514), la Stanza dell’Incendio di Borgo (1514-1517) realizzata con una partecipazione ampia degli allievi fino alla Sala di Costantino (1517-1524), quasi per intero dipinta dagli allievi dopo la sua scomparsa e ancora realizzò le Logge vaticane, una galleria coperta, scandita in tredici campate nella cui volte si dispiegano cinquantadue scene religiose ispirate quasi tutte al Vecchio Testamento con alcune al Nuovo Testamento affrescate, sotto la sua supervisione, da una squadra di geniali collaboratori, i cosiddetti “giovani di Raffaello” e i disegni degli Arazzi mandati a filare nelle Fiandre nonché ritratti ufficiali (Giulio II e Leone X) e privati e pale d’altare. Unica committenza privata di grande rilievo le opere realizzate per Agostino Chigi, banchiere dei papi, per il quale, sempre in collaborazione con gli allievi, realizzò gli affreschi della “Farnesina” (Galatea, il Concilio degli dei in cielo, Le nozze di Amore e Psiche).
Per quanto già prima della sua venuta a Roma Raffaello si fosse fatto apprezzare per la serie squisita di Madonne con Bambino, per taluni ritratti e altre opere, tra le quali celebre la “Pala Baglioni”, è soltanto nell’Urbe che raggiunge la sua completa maturità e diviene quel Raffaello da tutti ammirato e celebrato anche se tra Ottocento e Novecento egli deve cedere il passo, nel gusto artistico del pubblico al misterioso Leonardo da Vinci e al tormentato Michelangelo.
Caterina Sorbara