Reggio Calabria, cerimonia di consegna del premio San Leo
La spiritualità di san Leo è stato l’argomento di un’interessante tavola rotonda, tenutasi nei giorni scorsi nella chiesa Santa Maria d’Itria di Reggio Calabria, prima della cerimonia di consegna del Premio San Leo per l’impegno sociale, che l’associazione Artemia, a partire dal 2002, assegna ogni anno ad una personalità che nel corso della propria vita si sia particolarmente distinta per l’attività a favore degli altri, specialmente quelli più deboli.
L’incontro, promosso in collaborazione con la parrocchia, dall’associazione Artemia è stato moderato dal giornalista Antonio Zavettieri, mentre hanno dato il loro contributo mons. Giacomo D’Anna, padrone di casa, il can. Leone Stelitano, responsabile della Vicaria bovese, il diacono Santo Caserta, Santo Casile, sindaco di Bova e il prof. Fortunato Mangiola.
Il santo protettore di Bova e di Africo visse da cenobita nel monastero dell’Annunziata di Africo e da anacoreta a Rometta in Sicilia, vivendo in pieno Regole monastiche di san Basilio Magno. Si nutrì assiduamente della Parola di Dio, studiando le Sacre Scritture, pregò incessantemente nelle ore diurne e notturne, recitando giornalmente la Liturgia delle Ore e fece grandi penitenze, immergendosi anche nei laghetti per mortificare la carne. Le sue reliquie si conservano in parte a Bova e in parte ad Africo. Viene rappresentato con un’accetta in una mano e una palla di pece nell’altra. La tradizione narra del miracolo continuo della trasformazione della pece in pane per i poveri. Secondo l’illustre parere dell’Arcivescovo emerito, mons. Vittorio Mondello il miracolo sarebbe da intendere come vendita della pece, il cui ricavato serviva per compare il pane per i bisognosi.
È stato osservato che l’Ordine basiliano, fondato in Medio Oriente, si è diffuso anche in Occidente, compresa la Calabria, in seguito alla furia iconoclasta dell’imperatore Leone Isaurico, che nel 726 ordinò la distruzione delle immagini religiose. I nostri cari monaci basiliani, profondamente legati al culto del Crocifisso, dei santi e soprattutto della Madonna, si rifugiarono tra i nostri antenati, che li accolsero benevolmente e aumentarono con loro la devozione soprattutto alla Madonna. A distanza di tanti secoli il popolo fedele venera ancora alcune Icone, tra le quali la Salus populi romani, tanto cara a papa Francesco, che si reca a S. Maria Maggiore Roma, prima e dopo ogni viaggio. Ricordiamo la Madonna della Cappella di San Lorenzo e l’Odigitria di Bari. La chiesa che ha ospitato il convegno, custodisce un bellissimo gruppo ligneo della Odigitria, è abbellita con affreschi che si riferiscono all’avventuroso viaggio da Costantinopoli in Italia conservata in una cassa e nell’arco dell’abside la scritta “Sancta Maria Odigitria”. Comunemente la chiesa è detta dell’Itria, dove la parola si chiarisce come abbreviato di Odigitria, come avviene per tanti nomi propri.
La quasi totalità dei monasteri è andata perduta. Citiamo San Nicola di Calamizzi a Reggio Calabria, Sant’Angelo di valle Tuccio, Santa Maria di Tridetti a Staiti, e il monastero femminile di Santa Caterina a San Lorenzo. Al presente resiste il monastero di Grottaferrata, l’unico centro religioso basiliano nel mondo. Fondatore fu san Nilo, la cui memoria si è salvata. Sempre vivo anche il culto di san Leone, abbreviato in san Leo. I bovesi e gli africesi lo onorano alla grande, i primi il 5 maggio a Bova e i secondi il 12 maggio ad Africo. Il culto degli altri santi, impropriamente detti “italo-greci”, che forse sarebbe più appropriato chiamare “magno greci” o della Magna Grecia, è andato perduto. Dopo l’apertura del Concilio Vaticano II si nota il recupero della memoria di alcuni di essi. Oggi si incominciano a venerare san Cipriano medico di Reggio Calabria, sant’Arsenio di Armo, san Gerasimo di San Lorenzo, sant’Elia lo Speleota e sant’Elia il Giovane. Speriamo di riuscire a recuperare totalmente questa nostra storia molto bella di santità e di civiltà.
Dopo la tavola rotonda, alla quale ha assistito un folto e interessato pubblico, si è passati alla premiazione, che ha visto la consegna delle targhe anche ai premiati per il 2000, 2001 e 2002, anni in cui la cerimonia non si era tenuta a causa della pandemia da Covid-19.
Il premio San Leo per l’impegno sociale 2020 è stato conferito alla signora Saveria Cogliandro Arduca, per la sua generosa disponibilità a prendersi sulle spalle le sofferenze degli altri. Ha letto la motivazione la dottoressa Adriana Quattrone, presidente dell’Azione cattolica parrocchiale, e hanno consegnano la targa il prof. Mangiola, componente della giuria, e la dottoressa Giovanna Versace, presidente dell’Associazione Artemia.
Mentre per il 2021 è stato conferito alla signora Francesca Errante Longo, per essersi posta, con grande generosità, al servizio degli ultimi. Ha letto la motivazione suor Annamaria Piro e hanno consegnano la targa il diacono Santo Caserta e suor Maria Ausilia Chiellino, coordinatrice didattica dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Reggio Calabria e presidente della Fidae Calabria.
Invece per il 2022 è stato conferito al dott. Stefano Iorfida, per il suo straordinario contributo alla crescita socioculturale della città di Reggio Calabria. Ha letto la motivazione il prof. Giovanni Marcianò e hanno consegnano la targa il dottor Antonio Zavettieri, presidente del premio, e il dottor Francesco Plutino, assessore al Turismo del comune di Bova Marina.
Infine, per l’anno in corso, al canonico Leone Stelitano, per il suo costante impegno finalizzato a migliorare le condizioni di vita dei greci di Calabria. Ha letto la motivazione il dottor Bruno Martorano e hanno consegnano la targa mons. Giacomo d’Anna, componente della giuria e parroco di Santa Maria d’Itria, e il dottor Santo Casile, sindaco di Bova.
La serata è stata presentata dalla bravissima Valeria Longo e i graditissimi intermezzi musicali sono stati offerti dal coro parrocchiale “Giovanni e Franca Barreca” diretto dal maestro Loredana Anghelone.