Reggio, Ass. Anassilaos: incontro su Reggio Calabria in eta’ Aragonese
“Reggio e la Calabria in Età Aragonese” è stato l’oggetto dell’incontro promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos, congiuntamente con lo Spazio Open e il Patrocinio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, che si è svolto presso il medesimo Spazio Open, disponibile sul sito Facebook di Anassilaos e su You Tube a partire da domani 28 luglio.
Ad affrontare il tema il Prof. Giuseppe Caridi, Ordinario di Storia moderna presso l’Università di Messina, nonché Presidente della Deputazione di Storia Patria. Egli ha ricostruito le vicende del regno di Napoli sotto gli Aragonesi a cominciare da quell’Alfonso il Magnanimo, sovrano dal 1442 alla morte (1458), che ha dato vita ad una Dinastia che ha governato Napoli fino al 1501, allorquando l’ultimo sovrano, Federico d’Aragona, fu costretto a lasciare il regno nelle mani del “parente” aragonese Ferdinando il Cattolico. Un regno attraversato per tutto un sessantennio da difficoltà dinastiche (l’erede Ferdinando era illegittimo), turbolenze dovute alle periodiche ribellioni dei signori feudatari, che mal sopportavano gli sforzi della corona di imporre un governo centralizzato e dirigistico, e i periodici tentativi della casa francese degli Angiò di riconquistare il perduto regno che costrinse gli Aragona di Napoli a continue guerre. Il contrasto tra i feudatari e i sovrani e tra questi ultimi e gli Angioini non poté che avere riflessi nelle vicende interne delle città calabresi – e di Reggio in particolare -, di volta in volta costrette a prendere le parti dell’ uno o dell’altro contendente, con conseguenze facilmente immaginabili. Reggio, al pari di Cosenza, come è noto, era una città “regia” e “demaniale”, dipendente dalla corona di Napoli e non soggetta cioè ad alcun feudatario. La città era stata sempre di fede angioina per cui Alfonso I la promise in feudo ad Alfonso Cardona ove questi fosse riuscita a conquistarla. Il che avvenne nel 1443 per cui il sovrano la concesse in feudo al Cardona con il titolo di “Conte di Reggio”. La città perse dunque fino al 1462 la sua autonomia anche se il sovrano, nel 1446, le concesse, per il tramite dei sindaci, di mantenere i suoi antichi privilegi. Al contrastato avvento al trono di Napoli di Ferdinando o Ferrante, figlio di Alfonso, la città tentò di riacquistare la sua perduta autonomia anche perché era morto nel frattempo Alfonso Cardona e il titolo ed il feudo erano passati per via ereditaria al figlio di questi, Antonio. Traendo profitto da un nuovo tentativo angioino di spodestare gli Aragonesi, Reggio cacciò il Cardona e tramite i sindaci Nicola Geria e Giacomo Foti (all’epoca i Sindaci della Università Civium, oggi diremmo Comune, erano due, uno in rappresentanza uno dei nobili e l’altro del popolo, inteso come alta borghesia ), professando la sua “fede aragonese”, chiese al sovrano la restituzione della libertà demaniale. Con decreto del 31 luglio 1462 Reggio venne restituita università demaniale e definita “Caput et Mater aliarum civitatum Ducatus Calabriae”. Il sovrano si impegnò inoltre a restituire all’Università di Reggio la Motta Rossa (attuale Sambatello) e quella Anomeri (l’attuale Ortì) che si erano sottratte al controllo della città ed erano di spirito angioino. Le due Motte, con l’aiuto di Alfonso, duca di Calabria (tale titolo era conferito all’erede al trono come oggi diciamo Principe di Galles o delle Asturie per Regno Unito e Spagna e ieri Principe di Piemonte per i Savoia), furono conquistate e distrutte e gli abitanti costretti a trasferirsi a Reggio. Il Regno degli Aragonesi di Napoli si avviava comunque al suo epilogo. La morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492, arbitro fino ad allora dell’equilibrio tra li stati italiani, modificò il quadro politico e furono gli stessi italiani ad attirare l’attenzione delle grandi potenze europee sull’Italia. Carlo VIII nel 1494 scese in Italia per rivendicare alla sua famiglia il regno di Napoli. La responsabilità principale ricade su Ludovico il Moro, Signore di Milano e usurpatore del potere del nipote Giangaleazzo Sforza, morto in circostanze mai chiarite il 21 ottobre del 1494, e sposato a Isabella d’Aragona, secondogenita di Alfonso II d’Aragona, sovrano di Napoli che faceva ombra ai propositi del Moro di essere riconosciuto quale legittimo sovrano di Milano. Sappiamo che la spedizione si concluse male per il re francese ma qualche anno dopo il suo successore Luigi XII e Ferdinando il Cattolico (1500) si accordarono per spartirtisi il regno a spese degli Aragonesi di Napoli. L’ultimo re, Federico, prese la via dell’esilio e cominciò per il nostro Mezzogiorno (e più tardi per Milano) la dominazione spagnola.