Radicalizzazione, Mario Caligiuri conclude il Corso di Alta Formazione dell’Università di Bari
Bari (5.6.2021) – Mario Caligiuri, Direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria e Presidente della Società Italiana di Intelligence, ha concluso il Corso di Alta Formazione “Consapevolezza della radicalizzazione gender, minori e processi di deradicalizzazione” dell’Università “Aldo Moro” di Bari, diretto da Sabrina Martucci. Caligiuri ha tenuto una lezione su “L’Islam nella società aperta: tra prevenzione del radicalismo e analisi di Intelligence”. ll corso è stato organizzato in collaborazione con l’Université International de Rabat del Marocco. Il corso fa parte del Progetto PriMED, vincitore del bando MIUR “Costituzione di reti universitarie italiane in attuazione di accordi di cooperazione tra le università italiane e quelle di Stati aderenti all’Organizzazione della cooperazione islamica”. La partecipazione al Corso è stata riservata alle figure professionali operanti nei settori della Pubblica Amministrazione e Pubblica Sicurezza. Nell’introduzione alla lezione finale, la direttrice del corso Sabrina Martucci ha ricordato che “alla luce delle risoluzioni dell’ONU siamo sollecitati a distinguere il ruolo delle vittime del terrorismo da quello degli attivisti e dei foreign terrorist fighters. Pertanto è importante analizzare le vulnerabilità di donne e minori di fronte alla seduzione della narrazione jihadistica. In tale quadro, assume rilevanza il problema della gestione dei Retournees, le strategie di prevenzione e la prevenzione della minaccia rappresenta dai minori radicalizzati”. Durante la lezione Mario Caligiuri ha ricordato come “il fenomeno dell’immigrazione è destinato inesorabilmente a crescere nell’Unione Europea e nel nostro Paese. Questo pone problemi sociali che non è difficile prevedere. Tra questi, possibili rischi di disagio sociale che, negli emigrati di origine musulnana, potrebbe sfociare, in presenza di determinate circostanze, in processi di radicalizzazione. Creare antenne sociali, formare insegnanti e operatori delle forze di polizia, elaborare politiche di prevenzione delle disuguaglianze potrebbero rappresentare utili strategie di contenimento. In tale quadro, le agenzie di intelligence hanno un ruolo rilevante, come si è cominciato a percepire da parte della pubblica opinione dopo l’attentato alla redazione del giornale satirico parigino “Charlie Hebdo” del gennaio del 2015. Prima di tutto, però, occorre una visione politica del problema, poiché, come ricorda l’ex analista della CIA Robert David Steele, “una buona intelligence non serve in presenza di una cattiva politica”.