Quando la terminologia balla.. Terroni e polentoni

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Luciano De Crescenzo ci lascia un importante monito in ‘Così parlò Bellavista’ : “in fondo siamo tutti un po’ terroni”. Di questa annosa questione di nord e sud degli epiteti che ci si rivolgono reciprocamente, da parte di individui o anche giornalisti, è un fenomeno italiano ma non solo. È un fenomeno che si riscontra dovunque. Definire qualcuno con un epiteto, dispregiativo o rappresentante di una caratteristica tipica di quella comunità, è un modo per delineare lo spazio esistente fra se stessi e gli altri. Quando l’altro potrebbe identificare un soggetto, verso cui indirizzare le paure in poche parole semplicemente: l’altro.
In Italia questo altro è stato qualificato da parte delle società del Nord delle società del sud con due epiteti, che bene conosciamo seppur non ne condividiamo il significato magari a volte dispregiativo o benché più né disconosciamo l’origine. Sono i termini ‘ terrone e polentone’. Da dove derivano questi due termini é cosa interessante. ‘Polentone’ é rappresentativo di coloro che ‘mangiano polenta’ che uno di piatti tipici del Nord. Più intrisa di significati e di antiche origini, sia sociali che storiche, invece è la parola terrore. Che vanta un’origine lontana, vista la sua presenza in italiano e in francese, spagnolo e portoghese. Potrebbe nascere da abitanti delle “terre ballerine” soggette ai terremoti. Voce che nelle città dell’Italia settentrionale nasce con accezione di ‘contadino’. Ma é anche un cognome: Terronus, in Crimea, di cui si ipotizza che voglia dire ‘della Terra del lavoro’ , avente legame con lo spagnolo ‘terrón’ cioè ‘zolla’.
Il senso dispregiativo percepito viene dal collegamento errato che si fa della sua derivazione da terra, che lavora la terra, utilizzato nell’accezione che ne sottolinea una condizione di inferiorità sociale e culturale. Praticamente che li potesse differenziare da chi non ha le terre e in città vive lavorando nel terziario o nel commercio. O ancor più da parte di coloro che Borghesi derivavati da un’aristocrazia decaduta. Infatti nel Vocabulario Español e Italiano L.Franciosini, 1638, ‘terrón’ è un pezzo di terra, che durante l’aratura divide il vomero, che noi diciamo zolla o mozzo. E ‘Destripa terrones’ è il contadino che ‘separa le zolle’. L’uso in una accezione spregiativa è testimoniato già dal 1693, testimoniato da una lettera raccolta nelle
‘Lettere dal Regno ad Antonio Magliabechi (1979)’, di un mercante francese che si occupava del traffico librario tra Napoli e la Toscana, in cui epitetava ‘signori teroni’ i burocrati del potere partenopeo con cui si trovò ad avere problemi.
Ma terrone ha anche il significato di ‘proprietario terriero’ che si lega ‘abitante del sud Italia’, per cui abitanti proprietari di terre. La connotazione negativa dell’appellativo pare si stato rivolto a chi assumeva un comportamento rozzo, tipico dei contadini. Così come nella seconda guerra mondiale a Trento si coniò la parola: Terronia, per indicare l’Italia meridionale, in quanto fornitrice di burocrati e poliziotti.
In italia viviamo di parole molto spesso, di nord e sud, di falsa idea di una questione meridionale, a mio avviso mai esistita, se non per chi non ha capito che caduta Gaeta l’Italia era stata disfatta.. Quando sia a sud che nord ognuno stava bene con le risorse di casa propria. Fa tenerezza oggi, delle reminiscenze di un’italia che non c’è piu, oggi che la linea si è abbassata sotto Lampedusa… Usare parole che sono quasi un modo per sentirci a casa, dato che oggi emigriamo e fuori dalla terra madre Italia, ci sentiamo tutti italiani e allora tutti un pò terroni e polentoni.. E lì nel mondo saremo indicati come ‘gli italiani’ un pò geni un pò farabutti..

Al. Tallarita

Si vedano:
Testo Citato: L. Lo Re, Accademia della Crusca
Corominas Joan, Diccionari Etimològic i Complementari de la Llengua Catalana, Barcellona, 1980-1991
Franciosini Lorenzo,Vocabulario Español e Italiano,RM,Emprenta de la Reu.Cam.Apostolica
Migliorini Bruno, Parole e Storia, M, Rizzoli, 1975
Oudin Cesar, Tesoro de las dos lenguas Francesa y Española, Parigi, chez la veuve Marc Orry, 1616
Quondam Amedeo e Rak Michele (a cura di), Lettere dal regno ad Antonio Magliabechi, Napoli, Guida, 1978

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