I PSP: ecco cosa sta succedendo. Risposta alla Puglisi
In questi giorni in cui migliaia di docenti interessati dalla mobilità connessa al piano assunzioni della riforma della scuola protestano contro i numerosissimi errori commessi nell’espletamento delle procedure dagli enti periferici del MIUR, un comunicato della Puglisi vorrebbe spegnere le polemiche cavandosela con i soliti slogan propagandistici che attribuiscono al governo il merito di 90.000 assunzioni e di concedere assegnazioni provvisorie agli insegnanti “deportati”.
I Partigiani della Scuola Pubblica si permettono di fornire una visione della problematica leggermente diversa.
La legge 107/2015 nasce con un gigantesco piano assunzioni rivolto a docenti precari storici, ma anche a gente che aveva un servizio inferiore ai 36 mesi richiesti dalla sentenza della corte europea, il tutto a condizione che tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado perdessero la libertà di insegnamento e divenissero precari a vita.
Alcuni hanno accettato l’alto prezzo da pagare, quello della roulette russa, che avrebbe spedito i neoassunti ovunque stabilisse un algoritmo per giunta difettoso, altri hanno rinunciato, non avendo la possibilità o l’intenzione di sottostare a questo ricatto, altri invece il ricatto lo hanno subito senza poter fare nulla, e sono i docenti assunti precedentemente all’entrata in vigore di questa legge, divenuti anch’essi precari e ricattabili.
Ebbene, questa legge nasce da una necessità economica di pareggiare il bilancio in negativo delle assunzioni nuove con la perdita dei diritti di tutti, grazie alla legittimazione di abusi a vantaggio dei dirigenti, non nasce da ciò da cui dovrebbe nascere una vera riforma, ovvero dai bisogni dell’utenza.
Di cosa avrebbero avuto bisogno i nostri ragazzi? Di essere maggiormente seguiti nel percorso scolastico. Ci sarebbe stata la possibilità di collocare i docenti riducendo il numero di alunni per classe ovvero attivando dei percorsi pomeridiani permanenti a beneficio di quanti a casa non hanno nessuno che possa guidarli nell’acquisizione di un corretto metodo di studio fino alla completa autonomia, nel rispetto delle pari opportunità. Invece il governo ha inteso creare dei docenti di “potenziamento “ che non hanno precise mansioni, che non possono essere impiegati in orario antimeridiano con i fondi d’istituto ormai ridotti al lumicino, perché la loro opera deve essere prestata “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Si tratta di personale che i dirigenti devono mettere a servizio della scuola, a cui si affidano tutti gli scarti del lavoro inevaso o inevadibile e talvolta anche ai limiti della legalità.
É bene che tra una propaganda e l’altra il MIUR e il Governo ricordino che non stanno amministrando un’azienda ma un servizio dello Stato per il cittadino! Le nozze con i fichi secchi non prendono in giro nessuno: per creare nuovi posti di lavoro di cui la scuola comunque ha gran bisogno, bisogna prevedere investimenti che consentano ai lavoratori di avere delle precise mansioni, questo piano assunzioni che nasce dal presupposto che le persone siano delle pedine o dei tappa-buchi non fa i conti con le ragioni degli squilibri che vedono un nord Italia sprovvisto di docenti ed un sud Italia con esubero di personale. La ragione é che la professione di insegnante é la peggio retribuita tra quelle dei laureati della pubblica amministrazione.
Nessun laureato residente in un territorio dall’economia florida si impegnerebbe in un’attivitá che non gli consentirebbe di arrivare a fine mese, nel sud Italia l’accettazione di condizioni economiche svantaggiose era fino alla legge 107/2015 il prezzo pagato alla possibilità di lavorare liberi dalle mafie. Ebbene questo Governo ha tolto alla professione docente anche l’ unico vantaggio che compensava il disagio dello stipendio da fame. Questo Governo può pensare di mandare gente del sud con famiglia a carico a lavorare dove con quello stipendio non ci si può nemmeno mantenere?
Il lavoro con questo Governo ha cessato la sua funzione di procurare reddito e libertà, produce povertà e schiavitù, cessa la sua funzione sociale.
Ecco perché questo Governo dovrebbe immediatamente cessare la sua funzione, essendosi reso palesemente indegno di ricoprirla e il ministro Giannini dovrebbe sparire dagli annali della Pubblica Istruzione, avendo varato, avallato e sostenuto una riforma talmente fatta male da non avere recato alcun beneficio a nessun soggetto coinvolto nella Scuola dello Stato e non essendo tuttora in grado di fornire agli operatori indicazioni su come applicarla a contesti e persone, non essendo tuttora in grado di trovare soluzioni per i numerosi e gravissimi errori commessi nelle operazioni di mobilità.