Portigliola, al Teatro Greco Romano: “U Mpernu” di Dante Alighieri in dialetto calabrese con il bravissimo attore Antonio Tallura
Al Teatro Greco Romano di Portigliola è andato in scena “U Mpernu” di Dante Alighieri in dialetto calabrese con il bravissimo attore Antonio Tallura e la regia di Giuseppe Foderaro.
Uno straordinario successo di pubblico e di critica.
Dopo lo spettacolo Antonio Tallura ci ha gentilmente concesso un’ intervista.
1)Com’è nata l’idea di rappresentare “U Mpernu”?
Ricorrendo il 700esimo anniversario della morte del sommo poeta, volevo anch’io rendergli omaggio, in particolare volevo che fosse la Calabria a rendere omaggio a Dante. Così ho iniziato la ricerca e ho scoperto che un agronomo, giornalista e poeta di Acri Salvatore Scervino, alla fine dell’800 aveva speso 4 anni della propria vita per tradurre le tre cantiche della Divina Commedia.
Opera che ho trovato alla Biblioteca Nazionale di Roma.
La cosa che più mi ha sorpreso è che la Calabria, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, aveva prodotto il numero più importante di traduzioni dialettali della Divina Commedia di tutta l’Italia.
Nel portare l’opera in scena ho rispettato i canti, le rime, la metrica, le vicende e i personaggi.
Il tutto, è stato arricchito da proiezioni che evocano memorie e luoghi.
Sottolineo che quest’opera esalta due percorsi: quello visivo e quello interiore. Un percorso artistico di immagini e parole che catapulta lo spettatore in un emozionante viaggio multimediale tra la bellezza della poesia e dell’arte.
2) Hai appena detto che la Calabria ha prodotto tante traduzioni dialettali rispetto al resto d’Italia, perché secondo te tanta attenzione al testo dantesco da parte dei calabresi?
Nel caso di Scervino la volontà di tradurre la Divina Commedia fu un’imposizione della storia. Durante il Risorgimento, infatti, Dante era stato indicato come padre della lingua italiana e, per estensione, di una patria unita, evenienza che aveva fatto temere a molti intellettuali che i dialetti potessero andare perduti. Ma, oltre alla volontà di salvare il calabrese, Scervino spiega di aver voluto anche rendere più comprensibile l’opera dantesca ai suoi contadini che, non avendo avuto la possibilità di studiare, non avrebbero potuto comprendere l’opera qualora gli fosse stata letta.
3)Ieri sera il pubblico ti ha acclamato, come ritieni sia cambiato il modo di fruire il teatro in questi quasi due anni di pandemia? Secondo te si riconquisterà la normalità?
Guarda c’è un’ansia di tornare alla normalità talmente forte che potrebbe giocarci qualche brutto scherzo, soprattutto a noi che facciamo questo lavoro e a chi viene ad assistere ai nostri spettacoli.
Il pubblico vuole fortemente tornare alla quotidianità ed è giusto che si esorcizzi in questo modo quanto accaduto.
Speriamo si possa continuare a navigare piano verso un lido finalmente sicuro, tanto più che il teatro vive di pubblico e senza di esso non può andare avanti, ho notato che c’è molta attenzione, infatti stasera tutti erano con le mascherine.
Ritornare a recitare dopo questo tempo è stata una gioia immensa, è come rimettere in moto e oliare tutti i muscoli, le ossa, i tendini, i sentimenti e resettarli completamente, con il pubblico di nuovo in sala, E tutto ciò crea una grande emozione ed una grande tensione che sicuramente vinceremo. È come la prima volta che si va sul palcoscenico.
4) Un pensiero alla Calabria che sta bruciando.
Ho dedicato lo spettacolo alla protezione civile e a tutti coloro i quali si sono prodigati per cercare di domare l’inferno che si è sviluppato sul nostro meraviglioso Aspromonte.
Preferiamo l’inferno di Dante a questo inferno, creato da criminali, i quali hanno distrutto ciò che la natura ha creato e che è patrimonio dell’UNESCO.
Caterina Sorbara