“Petali nel piatto”. Nutrirsi di poesia e amore. Un inno alla vita
La leggerezza dei petali, che richiamano la bellezza della breve vita di un fiore, e la consistenza materiale della quotidiana necessità del “nutrirsi” di qualcosa, rappresentata dal “piatto”. Nasce, così, “Petali nel piatto”, la silloge di Annalisa Cutrona, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. L’autrice, avvocato di professione, è nata a Milano e vive nelle Marche, a Porto San Giorgio (Fermo); ha partecipato a numerosi eventi culturali e recital di poesia e musica. Tra le sue passioni, anche la fotografia. La foto di copertina è stata scattata, infatti, proprio dalla poetessa, con uno sguardo spontaneo, sempre attratto da armonia e bellezza. Essa richiama i petali, ma non vi è un piatto nel quale sono contenuti, bensì un vaso bianco, capovolto, generoso, dal quale scivolano nell’aria e nell’aria volano, disposti ad essere raccolti o lasciati andare. «Il piatto – spiega Annalisa Cutrona – è un luogo circoscritto nel quale si trattiene la caduta di quei momenti di poesia che possono restare dentro di noi, alimentando il nostro spirito e nutrendolo di bellezza».
I versi, sciolti e scritti con uno stile sintetico e ricercato, cantano l’amore in tutte le sue forme. «L’amore – afferma l’autrice – è energia che unisce e salva, che continua, che guida, che attraversa, permeando ogni cellula del nostro corpo e orientando il percorso intero della vita. L’A-more è la non morte e come tale richiama la nostra natura più alta, insegna ad attraversare percorsi difficili e coraggiosi, con la certezza che non avrà mai fine, senza scopo e senza estinzione. Dall’amore scaturiscono le emozioni che suscita, i segnali che esprime, i sentimenti che ispira. La libertà, la giustizia, la bellezza, l’armonia, la comprensione, l’empatia, sono le altre tematiche che la mia poesia esprime; viaggiano sul filo conduttore dell’amore, che conferisce ad ogni cosa e ad ogni tempo l’altitudine di valori naturali, insiti in ogni essere vivente, nascosti spesso, mistificati, traditi, eppure profondamente connaturati all’essenza umana».
A sottolineare questo aspetto, è anche Alessandro Quasimodo, autore, poeta e critico letterario, figlio del Premio Nobel per la Letteratura Salvatore Quasimodo, che ha firmato la Prefazione dell’opera. «La raccolta di Annalisa poggia su una visione di Amore Immenso, nelle sue svariate forme, sentimentale, filiale, materno, spirituale, religioso, che si imbatte frequentemente nell’assenza di reciprocità, spesso neppure cercata, ma solo constatata, consapevole che il percorso d’amore non è finalizzato al “per” ma mosso dallo slancio del “verso” e dalla libertà del “di”. Amare – scrive, ancora Quasimodo – è concedersi il “senza fine” nel duplice significato del “senza scopo” e della “infinità”. Ricorrono spesso nei testi le immagini delle vele, ora stanche, ora lacerate, ora solo bianche, e del mare certe volte in tempesta, altre volte distolto e invisibile allo sguardo e, ancora, “dentro” oppure lontano».
Al centro della vita di Annalisa vi è sempre l’uomo, con le sue emozioni e i suoi sentimenti, sia nella sua professione di avvocato, che di poeta. «In questo “doppio” della mia vita – racconta – respiro il senso più umano dell’esigenza di giustizia di ogni uomo e, nel contempo, vedo sempre la persona con le sue emozioni e i suoi sentimenti, al centro di entrambe le attitudini della mia esistenza». La poesia, sin da piccola, ha fatto parte della sua vita. «Carta e penna sono quasi un prolungamento della mia mano, quasi un fluire dei pensieri in piena libertà, trascritti solo dall’emozione e dalla musicalità del suono. Ecco, stilisticamente, ho sempre avuto bisogno di sentire la caduta delle parole nell’aria, rileggendole e sentendone il ritmo, anzi la musicalità, disturbata da una sillaba di troppo o da un accento non compiacente, cercando una composizione armonica, quasi ci fosse musica nei versi, leggendo e rileggendo, fino a sentirne la fluidità nella composizione».
“Petali nel piatto” è un’opera da leggere ad alta voce, creando pause che non sono state scritte, ma che il personale sentire potrebbe inventare ad ogni verso, dando intensità individuale e creando suggestioni. Ne è convinta Annalisa Cutrona, anche pensando ai suoi lettori. «So quello che posso trasmettere, ma non voglio trasmettere nulla che egli non senta o non gli appartenga; io esprimo emozioni e so di suscitarle, non guardo il piatto, ma volo con i miei petali, sperando che qualcuno possa nutrirsene, accogliendo il vaso che li versa, piuttosto che il piatto che li cattura».
Federica Grisolia
(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)