Osservatorio detenzione dell’associazione Antigone – Visita carcere Laureana

Lo scorso 8 aprile la sezione calabrese dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone ha fatto visita al carcere di Laureana di Borrello, per mezzo degli avvocati Francesco Alessandria, Brunella Chiarello e Giuseppe Chiodo.
L’istituto, nato come casa di reclusione sperimentale nel 2004, è stato convertito in istituto a custodia attenuata nel 2016, dopo una contestata chiusura ed una conseguente mobilitazione popolare per la riattivazione. Le quattro persone detenute che accolgono gli osservatori all’arrivo, mentre rientrano autonomamente dall’attività di pubblica utilità svolta per il comune di Laureana, le ampie aree verdi attrezzate per i colloqui e l’imminente installazione di Skype allo stesso fine contribuiscono a rendere subito evidente lo “spirito” di questa struttura. Qui il lavoro rappresenta indubbiamente un elemento fondamentale di un trattamento penitenziario concertato con la persona detenuta, che gli consente di vivere la reclusione in modo umano e dignitoso. Tale aspetto fa dell’ICAT di Laureana di Borrello una rara eccezione nel panorama italiano, considerato che quello dell’attività lavorativa nel carcere rappresenta uno dei grandi temi dimenticati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Se il lavoro nel carcere di Laureana di Borrello – che si svolge nella sua bella falegnameria, nelle sue quattro serre e nel suo laboratorio di ceramica, e in altre attività che vedranno la luce a breve – assolve certamente al compito di favorire la rieducazione del condannato e il suo reinserimento sociale, si discostano invece dai principi costituzionali le prestazioni sanitarie assicurate alle persone detenute, che risultano nei fatti fortemente carenti.
L’impegno profuso dalla Direzione e dal personale per fare dell’ICAT di Laureana di Borrello un “modello” nel trattamento penitenziario fa quotidianamente i conti con una presenza a singhiozzo dell’ASL, che si manifesta nelle forme di un’assistenza medica erogata per sole 18 ore settimanali. Si registrano, inoltre, preoccupanti problemi di gestione legati ai trasferimenti dei detenuti verso i più vicini presidi ospedalieri, anche per un semplice malore o per una visita specialistica. L’assenza in loco di un nucleo traduzioni della Polizia Penitenziaria aumenta, se possibile, le complicazioni. Nel visitare l’istituto, gli osservatori di Antigone hanno anche constatato che le aree interne destinate all’assistenza sanitaria avanzata, pur dotate di alcuni strumenti diagnostici, risultano chiuse, perché mai utilizzate per l’assenza di personale idoneo.
Soffrono una cronica scopertura, paradossalmente, anche il settore educativo e la Polizia Penitenziaria. Quanto al primo, stupisce che in una struttura così peculiare, che – letteralmente, attraverso un “Patto di responsabilità” – fonda il proprio trattamento penitenziario sulla cooperazione del detenuto alle iniziative che gli vengono offerte, siano in servizio solo due educatori. La seconda può contare su 21 unità a fronte delle 37 previste nella pianta organica, di cui appena 16 assegnate e 5 in distacco; manca, inoltre, la presenza stabile di una figura di comando, alla quale si tenta di sopperire con l’istituto della missione.
Trasformare la pena in un’occasione di cambiamento è una sfida importante da vincere: è questo il principale messaggio che viene fuori dall’istituto di Laureana di Borrello. Tuttavia, un carcere che non può garantire il diritto alla salute alla persona detenuta è lontano dall’esecuzione penale per come disegnata dalla carta costituzionale e dalla legge. Questo deve essere garantito a tutti, soprattutto in quei contesti in cui la persona, per l’ovvia privazione della libertà personale, non ha la possibilità di spostarsi nelle regioni più virtuose per curarsi.
L’auspicio dell’Associazione Antigone è che l’ASL 5 assicuri nell’immediato l’assistenza sanitaria e l’offerta di cure adeguate alla popolazione carceraria di Laureana di Borrello; all’Amministrazione Penitenziaria, invece, rimane l’onere di colmare nel più breve tempo possibile i vuoti di personale che rischiano di vanificare l’opera rieducativa sin qui svolta.