Nota stampa Uil Calabria sulla sanità
Il servizio sanitario calabrese per provare a risalire dal baratro in cui si trova ha bisogno di una ristrutturazione profonda. Una ristrutturazione che non può essere realizzata senza il consenso sociale della Calabria onesta e perbene, senza il consenso della stragrande maggioranza dei calabresi. Cittadini di una regione che, nonostante paghino tasse esose, per curarsi sono costretti a patire i disagi di un sistema sanitario regionale che non funziona e, anziché migliorare, peggiora di giorno in giorno.
Una Calabria onesta e perbene rappresentata da quegli operatori sanitari che, con grossi sacrifici personali e familiari, hanno cercato di tamponare, in questi anni, le disfunzioni del sistema e, per contrappasso e come effetto distorto della mancanza di ricambio professionale, non vedono diminuire i propri carichi di lavoro, non vedono arrivare la tanto attesa stabilizzazione e si vedono, invece recapitare, addirittura, le lettere di licenziamento. E ancora, lavoratrici e lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro, dopo aver prestato per anni, una dura e competente opera all’interno di diverse ditte; attività sanitarie importanti che se venissero internalizzate, produrrebbero addirittura un risparmio per le già esangui casse regionali.
È inaccettabile e, per certi versi per nulla onesta, la presunta azione risanatrice di coloro i quali, mostrandosi troppo timorosi e indecisi nel mettere sotto controllo ciò che nel sistema è da anni fuori controllo: organizzazione del lavoro e funzionamento delle aziende sanitarie regionali, riordino di appalti e fornitura di beni e servizi; mostrano invece, una condotta determinata e al limite dell’arroganza nel continuare a colpire il già precario mondo del lavoro dipendente, il cui costo, nella spesa complessiva della sanità regionale, non soltanto è stato ridimensionato negli anni da un federalismo fiscale a trazione nordista, ma è addirittura da molto tempo sotto controllo. La stessa Corte dei Conti, di recente, ha sentenziato, che negli ultimi dieci anni, i tagli della spesa pubblica da parte dello Stato per il personale della sanità, hanno penalizzato fortemente il Mezzogiorno e, in particolar modo, la Calabria.
In questa fase storica, delicata ma altrettanto decisiva, risulterebbe pertanto straordinariamente rivoluzionario invertire la rotta, procedendo così allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi, all’apertura di nuove procedure concorsuali, alla stabilizzazione dei precari, all’internalizzazione dei servizi e alla conseguente assunzione diretta del personale.
Alla luce dei mancati obiettivi di risanamento di questi anni, è di tutta evidenza il fatto che, per rilanciare il sistema sanitario regionale bisogna partire con l’affrontare la questione del personale, un tema prioritario per dare risposte concrete alle esigenze di cura dei tanti calabresi che purtroppo, continuano a vedere negato il loro diritto alla salute pubblica, per via dei pronto soccorso intasati, dei reparti ospedalieri chiusi e delle liste da attesa per esami diagnostici interminabili. Conseguenze dovute alla conclamata carenza numerica di operatori sanitari.
Il mondo della sanità in Calabria ormai da diversi anni vive una fase di grande e complessa difficoltà dovuta, innanzitutto, ad una gestione politica, quella che ha aperto le porte ai commissariamenti governativi, che non ha assolutamente operato azioni capaci di far raggiungere standard qualitativi e di efficienza pari a quelli che sono presenti nel resto del Paese.
Per limitarsi agli ultimi periodi, l’innesco da parte del governo regionale di uno scontro irresponsabile con la struttura commissariale, motivato da ragioni non attinenti alla salute dei cittadini, ha peggiorato ulteriormente le condizioni della sanità calabrese, che negli anni precedenti alla crisi tra istituzioni locali, aveva fatto registrato qualche timido segnale di ripresa.
Tuttavia bisogna riconoscere che la lunga stagione commissariale, intervenuta per sanare la “mala gestio” della politica, ha messo in risalto tutti i suoi limiti, dimostrando di essere un provvedimento incapace di curare alla radice i mali del settore.
E, infine, le scelte degli ultimi mesi hanno gettato nel caos il mondo sanitario calabrese. Il “Decreto Calabria”, cui si guardava come la possibilità di poter, gradualmente, far rinascere la sanità calabrese, ha certificato lo stato comatoso del settore.
Quello che era un unicum legislativo su tutto il territorio nazionale, a distanza di mesi dalla sua emanazione da parte del Consiglio dei ministri, rimane inattuato e sta prolungando la situazione di paralisi in cui si dimena il settore e amplificando i problemi per i quali era stato studiato: dalla mobilità sanitaria, al depotenziamento delle strutture ospedaliere e alla ormai cronica carenza di personale.
Il “Decreto Calabria”, che avevamo salutato positivamente perché fondato su una giusta ratio legislativa che abbiamo ritenuto una buona base di partenza sulla quale aprire una discussione, non solo non ha risolto gli aspetti critici del servizio sanitario regionale, ma non ha dato sollievo alle necessità delle fasce più deboli della popolazione, sprofondando i servizi in un limbo senza via d’uscita. Il tutto in una regione che, dopo quello dell’Asp di Reggio Calabria, ha patito lo scioglimento per infiltrazioni mafiose anche dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro.
Se una seria ristrutturazione del settore non arrivasse in tempi brevi, il rischio è la crescita di sfiducia nei cittadini verso le Istituzioni. Pericolosa sarebbe la possibilità che in Calabria si consolidasse nei calabresi il convincimento, che neanche l’intervento diretto dello Stato, riesca a mettere ordine ai mali del territorio.
Se passasse questo messaggio, in una terra come la nostra nella quale da anni, la magistratura e le forze dell’ordine, in nome dello Stato, portano avanti una lotta senza quartiere alla ‘ndrangheta e al malaffare; a beneficiarne sarebbe proprio la malapianta, l’antistato che nel settore ha forti interessi e lo utilizza per costruire parte del suo “consenso sociale”.
Soprattutto per tale ragione il governo nazionale, il neo ministro alla salute, hanno il dovere e l’onore di riunire prontamente “il tavolo Calabria “.
Accantonati gli incostituzionali progetti di regionalismo differenziato, il governo nazionale deve, così come dichiarato dal presidente del Consiglio, mettere in campo una azione di recupero del Mezzogiorno al resto del Paese e dell’ Europa, una azione che sia in grado di garantire su tutto il territorio nazionale e a tutti i cittadini uguale esercizio dei diritti sociali e civili. E all’interno di questo vero progetto di unità nazionale che punterebbe a ridurre, nell’area dei servizi essenziali, le disuguaglianze tra nord e sud, il Conte bis non può non affrontare concretamente il malessere della sanità calabrese.
Pertanto il tempo perso da primo esecutivo Conte è già tanto, altri rinvii sono inaccettabili. Bisogna aprire il confronto per fermare lo sprofondare del sistema sanitario calabrese.
Al Commissario Cotticelli ribadiamo per l’ennesima volta il concetto: la complessità della cosa, il contesto che vive la Calabria, il caos generato dal “Decreto Calabria”, richiede che questo tema venga affrontato in maniera inclusiva, facendo partire seriamente e concretamente il confronto con le Organizzazione Sindacali. Un confronto che parta dal dare risposte alla piattaforma unitaria regionale di Cgil Cisl Uil sulla sanità, rispetto alla quale il Commissario Cotticelli aveva assunto, in sede di confronto e in occasione delle iniziative pubbliche organizzate dal Sindacato Confederale calabrese, impegni precisi. Bisogna essere consequenziali e seri, perché non può passare nella Calabria onesta e perbene, l’idea che” si stava meglio quando si stava peggio”, quando, la cattiva politica regionale di centro destra e di centro sinistra, non è stata capace oppure non ha avuto coraggio o, ancora peggio non ha voluto, procedere con passo deciso a instradare il sistema lungo il percorso di libertà dalle connivenze con la criminalità organizzata, per restituire ai cittadini un servizio sanitario efficiente e moderno.
I parlamentari calabresi, in particolare la rappresentanza del Movimento cinque stelle che ha voluto fortemente questo decreto straordinario sulla sanità, dovrebbero pretendere da parte del governo nazionale un intervento immediato e decisivo, meno propagandistico ma più incisivo, affinché si possa sbloccare questa situazione di stallo che si è venuta a creare che è fortemente nociva per il settore.
Ciò, infine, nella convinzione che nessuna riforma possa assolutamente trovare svolgimento fluido se non si registra in un clima di consenso sociale da parte della Calabria onesta e perbene; quel clima alimentato dalla speranza e dalla fiducia nel cambiamento, che in questo momento, ci dispiace dire, purtroppo manca.
Santo Biondo
Segretario generale
Uil Calabria