Mitigazione del rischio idrogeologico, la Regione crei una task force di tecnici per non perdere i fondi europei
L’Europa ha destinato all’Italia, per gli interventi di mitigazione del
dissesto idrogeologico, un finanziamento di circa 2,5 miliardi da qui al
2026.
Stiamo parlando di fondi, gestiti dal ministero dell’Ambiente, che
verranno resi disponibili in base ai progetti presentati dalle regioni
che, a loro volta, dovranno destinarli pro-quota ai Comuni una volta
individuate le priorità. E la nostra regione a che punto è?
Apprendiamo che ha appena avviato un master plan dei rischi della
Calabria e, nelle prossime settimane ma con data da definirsi, si
presenterà questo piano ai sindaci per determinarsi sulle attività che
andranno messe in atto per mitigare il rischio da eventi avversi.
Quindi capiamo bene che siamo in notevole ritardi visto che siamo in
piena stagione invernale e si sono già verificati i primi eventi
alluvionali.
Anche perché gli interventi legati al dissesto richiedono non solo una
pianificazione precisa e puntuale ma competenze specifiche. Parliamo di
opere come vasche di laminazione, il dragaggio di fiumi o il
contenimento dei cigli franosi.
Se la regione volesse veramente accelerare i tempi ed intervenire prima
che si verifichi l’ennesima catastrofe occorrerebbe istituire una task
force di professionisti (ingegneri, geometri, geologi), figure che forse
si fa fatica anche a recuperare per stipendi troppo bassi nel pubblico
impiego, da mettere a disposizione degli enti locali al fine di
sostenerli nella progettazione e realizzazione di interventi che hanno
una natura determinante per la sicurezza delle persone e la tenuta del
territorio.
La gran parte delle risorse accantonate dai Comuni per questi progetti,
poi, finiscono per arricchire la contabilità delle gare deserte. Più di
qualcuno segnala la concorrenza sleale del Superbonus al 110% che, negli
ulti mi tre anni, ha spostato la domanda di opere sul
residenziale-civile impegnando le poche aziende (e le poche competenze
rimaste) in opere meno sofisticate da un punto di vista ambientale e
sicuramente con minori rischi di contenzioso.
Queste carenze, se ancora ve ne fosse bisogno, mettono in evidenza la
disattenzione con la quale il legislatore ha normato il consumo di
suolo. “Privilegiando le nuove opere sulla manutenzione di quelle
vecchie, evitando di fare chiarezza anche sulla pletora di incentivi che
riguardano le ristrutturazioni edilizie”, come segnala Stefano Ciafani,
presidente di Legambiente.
In questo delicato settore, infine, l’ultimo cortocircuito lo segnala
Alessandro Trigila, ricercatore dell’Ispra a capo del dipartimento dei
fenomeni franosi, che denuncia la difficoltà nel capire quanto (e come)
le regioni comunicano al ministero dell’Ambiente le richieste di
finanziamento per gli interventi contro il dissesto.
Uno stato di arretratezza e grande superficialità che potrebbe riversare
i suoi effetti nefasti sulla qualità della vita dei calabresi.
Maria Elena Senese
Segretario generale
FenealUil Calabria