Lettera aperta dei Partigiani della scuola Pubblica al Ministro Giannini: La chiamata diretta in Italia non funziona
Sig. ra Ministro,
In quale settore della Pubblica Amministrazione, il Dirigente sceglie i lavoratori?
Il Procuratore sceglie chi far lavorare tra i Giudici ? I giudici scelti sono valutati dai detenuti?
Il primario sceglie chi far lavorare tra i medici? I medici sono valutati dai pazienti?
Il Dirigente Pubblico sceglie chi far lavorare tra gli impiegati?
La risposta sembra ovvia e scontata, non è accaduto in nessun comparto della PA, è accaduto solo nella Scuola Statale Pubblica che il Dirigente scolastico possa scegliere chi far lavorare nella sua scuola, con criteri da lui stesso stabiliti, con l’unico vincolo che debbano aver superato un pubblico concorso perché questo (e solo questo di quanto disposto dalla riforma ) è scritto nella Costituzione.
Cosa succede nelle regioni ad alta densità mafiosa? Cosa succede se un Preside assume i docenti su base clientelare? Quale garanzia costituzionalmente sancita in caso di abusi?
Sarebbe utile che, accanto a quello delle categorie dei docenti e dei Dirigenti scolastici, anche il Suo operato di Ministro fosse sottoposto ad una doverosa riflessione, ad una necessaria ed attenta “autovalutazione “, visto che non si può imporre il funzionamento di una norma col ricatto della premialità o dell’esilio ma lo si deve dimostrare con i fatti al Paese reale, agli operatori ed agli utenti.
E sono fatti di oggi, alla ribalta della cronaca scolastica, i recenti abusi figli della Sua Riforma, detta “buona scuola”.
Conferire ai Dirigenti Scolastici il potere di distribuire bonus premiali ai docenti (non più che una mancetta, in realtà) si é rivelato oggi fonte di svariati abusi, di cui esempio eclatante risulta quello fornito dal Comitato di valutazione dell’istituto comprensivo “Jerace” di Polistena, che addirittura valuta in termini di numeri negativi, come criteri quindi di “demerito”, il numero di assenze (anche per malattia), nonché eventuali rapporti di conflittualità dei docenti addirittura con gli Enti locali, criterio con cui si nega quindi agli insegnanti finanche il diritto /dovere di aprire o avere in atto contenziosi con questi ultimi pure per motivi personali.
E ancora ricordiamo la preoccupante ingerenza del Dirigente dell’ IPSASR di Decollatura (CZ), sulla potestà genitoriale e sulla libertà di apprendimento degli alunni esercitata per mezzo di minacce di 6 in condotta e sospensione degli aiuti agli scrutini finali a quanti si fossero sottratti alle prove INVALSI . Poi riconosciuto come errore dallo stesso DS, grazie alla denuncia dei PSP
Non é difficile capire che questo clima di conflittualità scatenato dall’esasperazione del meccanismo della valutazione e della premialità in alternativa all’esilio imposto dalla legge 107/2015 ai dirigenti e ai docenti applicato alle pratiche didattiche, che sfuggono alle logiche aziendalistiche cui si ispira la norma, ben lungi dal migliorare la qualità del servizio scolastico, danneggia gravemente la conduzione degli istituti, compromette gli equilibri relazionali all’interno delle scuole e scatena solo contenziosi.
Sarebbe saggio pertanto che il Ministro, oggi più che mai, alla luce dei fatti recenti, recuperasse il dialogo con le sigle sindacali quantomeno sulla formulazione di regole condivise ed oggettive per il reclutamento dei docenti, limitando le possibilità di ulteriori discrezionalità ed abusi da parte dei dirigenti, che non sono, come abbiamo visto, certo soggetti infallibili, ma umani e, di conseguenza, suscettibili di errori anche vistosi ed eclatanti.
A tal proposito, può giovare al Ministro ricordare che anche Dirigenti di sicura e comprovata competenza, scivolino sul meccanismo perverso innescato dalla legge 107/2015, quindi la prospettiva di ciò che attende operatori ed utenti, se si prosegue sulla strada attualmente tracciata, rimane assolutamente preoccupante. La chiamata diretta in Italia non può funzionare, pertanto chiediamo di fermare il caos istituzionale e lo scempio in atto sulla Scuola Statale a causa di una riforma imposta con la fiducia al Parlamento, incostituzionale e non condivisa dalla stragrande maggioranza degli operatori.