Le opportunità che vengono dall’innovazione, ultimo treno per la Calabria?
Il comunicato stampa di “10 Idee per la Calabria” e l’eco che ha avuto su molti organi di stampa locali, ha indubbiamente scatenato curiosità ed interesse ed ha generato nelle persone che ci sono vicine dubbi, domande, desiderio di approfondimento. Una delle domande che mi sono sentito rivolgere più frequentemente in questi due giorni riguarda il passo del comunicato in cui dichiariamo che “puntiamo a costituire una coalizione di liste”.
Ho spiegato che al desolante panorama offerto dai partiti nazionali che da decenni governano questa Regione con i risultati che sono tragicamente sotto gli occhi di tutti non è corrisposto un progetto alternativo, proposto dalla società civile, in grado di coalizzare un reale e consistente consenso per mettere in discussione l’inutile, ai fini degli obiettivi concreti della nostra Regione, consenso che si rimpallano la destra e la sinistra.
Noi quindi proponiamo a tutti i movimenti civici che si riconoscono in una base di principi comuni ed in un programma concreto e realistico, di mettere da parte i dettagli che li dividono per puntare ad una sorta di santa alleanza in grado di prendersi sulle spalle i problemi che ci attanagliano e che difficilmente potranno essere risolti da chi per decenni non ha fatto altro che incancrenirli.
Ma quindi una santa alleanza per fare cosa? Io ripartirei dai problemi che attanagliano i cittadini della nostra Regione ed in fondo di tutto il Sud del paese. Ho molto riflettuto su quale sia il male maggiore da sconfiggere e sono giunto alla conclusione che, sempre più, generazione dopo generazione, la rassegnazione ed il senso di impotenza abbia prevalso sulla creatività, sulla perseveranza, direi anche sull’intelligenza sociale e politica e ridotto la grande massa dei nostri conterranei a questo stato di inerzia che li rende incapaci di impegnarsi per migliorare la propria condizione e quella dei propri figli e permeabili a qualsiasi falsa promessa, a qualsiasi adulazione che li porta a sposare ora quel ciarlatano ora quell’altro. Rassegnazione che rende la prevaricazione politica e mafiosa, cui viene quotidianamente sottoposta, ineluttabile e generalmente accettata come parte imprescindibile delle regole del gioco. E dietro questa inerzia e questa rassegnazione, mentre ci si accontenta di sopravvivere, si perdono di vista quelli che sono i reali problemi quotidiani e non si riescono ad intravedere soluzioni, anche quando queste potrebbero essere facilmente perseguite.
In concreto quali sono i problemi che attanagliano la nostra gente?
Nell’ordine io elencherei: opportunità di lavoro, servizi sanitari, diritto alla mobilità, diritto all’istruzione a cui aggiungerei problemi meno percepiti dai singoli ma che poi vanno ad influenzare significativamente le quattro aree di problemi: stato di dissesto degli Enti pubblici, pervasività del ricatto mafioso, inadeguatezza di una parte della burocrazia e, soprattutto, delle sue regole e delle sue “cerimonie”. In qualche modo tutte queste aree sono intimamente legate e si influenzano reciprocamente, negativamente o positivamente, per cui nel proporre idee per una non si potrà fare a meno di trattare anche di una o più delle altre. Per esempio come si può pensare di creare opportunità di lavoro, che siano nel campo del Turismo o nel campo delle nuove tecnologie senza risolvere il problema della mobilità che implica adeguamento delle infrastrutture, oggi quasi inesistenti nella nostra Regione?
I temi sono tanti e complessi ma in questa sede vorrei concentrare l’attenzione sulle opportunità che offrono le nuove tecnologie e le leggi che intorno ad esse sono state costruite, per creare nuove possibilità di lavoro o nuove iniziative imprenditoriali, addirittura per riscoprire e rendere redditizi antichi mestieri che la società industriale aveva cancellato.
Chi si occupa di tecnologie sa che siamo in un momento storico di grande discontinuità. La disponibilità delle Reti a Larga Banda, insieme alla crisi della “fabbrica” ed alla sempre maggiore diffusione dei servizi e dei beni “virtuali”, rende sempre più possibile portare il lavoro dove ci sono i lavoratori e le competenze piuttosto che i lavoratori dove c’è “fisicamente” il lavoro. Naturalmente serve una volontà politica per farlo e serve una capacità delle comunità locali di saper cogliere queste opportunità. In tal senso vi garantisco che la Calabria ha tutte le carte in regola per giocare la sua partita perché, una volta tanto e contrariamente a quello che qualche male informato sostiene, anche nel campo meridionalista, grazie ai bandi del MISE che vanno sotto il nome di BUL, la nostra regione è mediamente la più cablata d’Italia.
La disponibilità di queste “autostrade” dell’informazione aprono enormi opportunità perché mentre le merci, frutto della società industriale, viaggiano, da un magazzino ad un altro, su infrastrutture che non abbiamo, i dati, frutto della società dell’informazione, viaggiano sulle fibre, che come dicevo abbiamo in abbondanza, e le “fabbriche” ed i “magazzini” sono costituiti dai cosiddetti “data center” che posso costruire sostanzialmente ovunque ed a costi non comparabili rispetto a quelli necessari per costruire le vecchie fabbriche.
Abbiamo potenzialmente anche le competenze necessarie per sviluppare questi progetti perché non è vero che le nostre università non formano laureati di qualità, semmai ne formano pochi.
I nostri giovani tendono a scappare fuori già dopo il liceo perché, forse per insufficiente capacità delle stesse università di raccontarsi certamente per le sempre minori risorse finanziarie che ricevono dal Governo centrale rispetto alle università del Nord, ripongono poca fiducia nella qualità della formazione e negli sbocchi occupazionali che i nostri Atenei possono garantire. Eppure in questi ultimi anni della mia carriera professionale ho incontrato non pochi dei nostri ragazzi che, pur lavorando a progetti importanti e per grandi aziende, hanno espresso il non velato desiderio di ritornare, solo che ci fossero le condizioni per un lavoro stimolante e, naturalmente, dignitoso.
Sta quindi a chi si vuole impegnare per cambiare le cose, come noi che abbiamo lanciato questa sfida a ricercare idee concrete, che spetta il compito di far si che queste condizioni si concretizzino.
La legislazione favorevole ai progetti di innovazione ed i finanziamenti sono disponibili, sia a livello europeo che a livello nazionale (basti pensare al cosiddetto Decreto Crescita 2.0 ed al Piano Nazionale Industry 4.0) ma è necessario mettere in campo quella progettualità che da sempre manca nella nostra Regione.
Credo che la Regione debba trasformarsi da attore passivo ad attore propositivo delle opportunità di finanziamento. Debba mettere in campo tutte le strutture organizzative e le competenze professionali necessarie per stimolare ed incentivare imprenditori locali e non, professionisti, giovani, donne a sfruttare questo particolare momento di discontinuità per mettersi in gioco nella nostra Regione.
Quando giro i paesi e vedo il proliferare dei CAF mentre non vedo traccia di analoghi sportelli in grado di supportare chi ha un’idea imprenditoriale a concretizzarla, a finanziarla e poi a realizzarla mi viene il magone perché mi sembra l’evidenza che l’industria dell’assistenzialismo é ben consolidata sul territorio mentre quella dello sviluppo è del tutto inesistente .
Abbiamo giovani brillanti che stanno recuperando mestieri antichi aprendoli al mondo grazie a queste nuove tecnologie. Penso alla lavorazione a pietra del grano, alla lavorazione della seta e della ginestra o di altre fibre naturali che una più consolidata coscienza ecologista e salutista ha riscoperto e alle quali le nuove tecnologie hanno aperto un mercato che è il mondo. Ma molti altri giovani hanno aspirazioni ed idee che non riescono a mettere a terra per mancanza di competenze imprenditoriali, per incapacità di accedere ai finanziamenti necessari, per le difficoltà che una burocrazia ottusa e gelosa delle proprie prerogative pone loro davanti.
Abbiamo anche aree industriali dismesse, in molti casi eredità dei cattivi investimenti della Cassa del Mezzogiorno, che i proprietari non sanno come valorizzare e che i Comuni non possono acquisire a patrimonio pubblico. In altre Regioni sono stati sviluppati Progetti di Sviluppo o addirittura Accordi di Sviluppo che hanno riqualificato tali aree e vi hanno portato nuove imprese, nuova occupazione, nuove opportunità. Sta a noi individuare tali aree e metterle al centro di una progettualità che deve essere ambiziosa perché, ripeto, le nuove tecnologie permettono di produrre qui cose che possiamo più facilmente vendere in Australia che localmente, di creare competenze specialistiche che possono interessare, e possono essere facilmente messe a disposizione, più a Singapore che non a Reggio Calabria o a Napoli o a Roma.
Guardiamo quindi al futuro senza dimenticarci da dove veniamo, superiamo i nostri dogmi e le nostre certezze, molto spesso basate sulle esperienze che ciascuno di noi ha nel suo bagaglio e, per questo motivo, mettiamo ciascuno a disposizione degli altri le nostre esperienze. Apriamoci agli altri cercando alleanze, non creiamo l’ennesima enclave di sinistra, puntiamo sui contenuti e mettiamo da parte i nostri egoismi e le nostre ambizioni personali per puntare, piuttosto, al bene della nostra Regione e delle nostre comunità. Non confondiamo la lotta politica, che deve essere dura e senza sconti, con il rispetto e l’apertura al dialogo con le istituzioni, anche se a noi avverse, perché questo corrisponde ad avvelenare quei pozzi nei quali poi, se vinceremo, anche noi dovremo bere.
Saverio Orlando nasce a Melito di Porto Salvo (RC) il 4 aprile 1957. Dopo aver completato gli studi classici presso il Liceo “Giovanni Familiari” della sua città si trasferisce a Torino dove consegue la laurea in Ingegneria Elettronica con indirizzo Telecomunicazioni presso il locale Politecnico. Inizia la sua carriera professionale in Italtel ma dopo pochi anni si trasferisce in Telecom Italia dove ha ricoperto numerosi e diversi ruoli manageriali sino a diventare responsabile della Direzione Technology. E’ cofounder della startup DigiAdvisor per supportare e guidare Aziende ed Enti verso la Digital Transformation e da aprile 2019 è membro del CdA dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.
Pur vivendo per 40 anni in un mondo di tecnologia mai ha scordato la sua passione per la scrittura tanto che a gennaio 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo: “267, Elizabeth Street Nuova York” , né mai ha dimenticato i grandi problemi e le grandi contraddizioni che caratterizzano la sua terra e per questo è impegnato in una serie di iniziative e di progetti che vogliono contribuire a dare una speranza a questa terra ed ai suoi giovani.