Le Muse: il ricordo di Don Francesco Labate per il parroco di Oliveto Armando Turoni recupero della memoria
Una solenne celebrazione sabato scorso presso la chiesa di Maria SS. della Consolazione, ha coinvolto tutta l’attenta comunità parrocchiale di Oliveto in occasione del 30° anniversario dalla morte di Don Francesco Labate.
Un evento che dopo tantissimi anni vuole essere un modo per fare memoria e coinvolgere i giovani del luogo, queste le intenzioni del parroco don Armando Turoni e dell’associazione “Terra Nostra” e che ha visto anche il patrocinio dell’ Associazione Culturale Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere di Rc “uniti insieme” per ricordare la figura del parroco nei suoi anni di apostolato dal 1954 al 1988, anno della prematura scomparsa.
Nella celebrazione Don Turoni ha fatto memoria di Don Francesco, reggino, cresciuto nella zona delle Sbarre e giovanissimo sacerdote che arriva nella parrocchia Maria Ss. Della Consolazione di Oliveto nel 1954. I sacerdoti -dice- devono essere continuatori del messaggio di San Francesco d’Assisi, aiutare gli ultimi e promuovere una pastorale attenta e partecipata nei diversi territori come ha fatto don Labate. L’esempio di San Francesco sfida i secoli e la storia e serve illuminare le coscienze, invitando tutti gli uomini a partire da sé stessi e dalle proprie scelte quotidiane, nell’arduo compito di migliorare i contesti altri. Un parroco Don Labate che ha insegnato alla collettività che era importante rimboccarsi le maniche per cercare di dare, all’ambiente in cui viveva, un volto più umano da riconsegnare a Dio. Il sacerdote era arrivato ad Oliveto in una zona che aveva subito una la storica inondazione della fiumara del torrente Valanidi il 21 ottobre del 1953 a ovest di Reggio Calabria e, che raggiunse portate di massa prudenziali di 420 m³/s.: le falde degradate, per via anche delle elevate pendenze delle pareti del Vallone della fiumara, incrementando il peso specifico del liquido, aumentarono la forza d’urto della piena portando con se distruzione e vittime. Il suo ruolo così fu di rianimare una zona in cui dominava il dolore per le perdite umane ma anche per i danni ingenti alle case, alle abitazioni, alle famiglie. Dalle testimonianze dei giovani di un tempo si è ricostruita la figura di un prete in maniche di camicia, lo si vedeva non solo in chiesa a recuperare lo storico edificio del 1936, ma anche in veste di muratore, di costruttore. I giovani attratti dal rigore e dal messaggio umano che portava avanti non dimenticano oggi quelle regole e quel senso del decoro appreso un tempo, dichiara l’insegnante Angela Chilà, per noi sono un vero e proprio sistema di vita, ma anche una via che percorriamo ancora sulla scia di quegli anni, dove anche un semplice rituale come realizzare un presepe diventava e diventa ancora, un modo per coinvolgere tutti i compaesani, condividendo manualità, ricerca ed animazione. La parrocchia ricorda ancora i lavori di sistemazione dell’edificio di culto adattandolo alle esigenze del Concilio Vaticano II ed inoltre la costruzione della canonica, che vide il prete tra i costruttori in qualità anche di manuale, rinunciando successivamente agli stessi locali per uso ecclesiastico, dotando così la località di Oliveto della sua prima scuola. Come rappresentanti della famiglia Rosaria e Giuseppe Livoti nipoti del sacerdote presenti all’evento. Giuseppe Livoti –presidente Muse- ha ringraziato Don Armando Turoni per il ricordo dello zio, figura autorevole, colta, ma al tempo stesso amante delle piccole cose, del bello, del silenzio e soprattutto del rispetto nei confronti dei luoghi sacri e della dignità che ogni uomo dovrebbe avere nella propria vita.
Dopo la celebrazione è stata inaugurata una mostra documentaria ricca di oggetti, fotografie in bianco e nero. Esposti cosi vari oggetti sacri storici, recuperati dopo l’alluvione del 1954, fotografie d’epoca delle varie attività svolte in quegli anni, o ancora un calice da celebrazione donato del 1975 da tutti i parroci della vallata del Valanidi in occasione dei 25 anni di sacerdozio di Don Labate ed ancora una ricca collezione di antichi pastori in carta pesta, realizzati o restaurati del sacerdote negli anni sessanta, oltre a paramenti liturgici e documentari proiettati per l’occasione.