L’appello della scrittrice Roberta Cullari alle Muse: Il dialetto sagezza da tramandare nelle scuole
Appuntamento ricchissimo di contenuti e motivazioni quello tenuto domenica scorsa, al Cortile delle Muse, nell’ambito della programmazione estiva de l’associazione “Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere” di Reggio Calabria.
Un appello nuovo ed inedito ha ricordato il presidente Giuseppe Livoti in apertura di serata, ringraziando i soci ed i simpatizzanti che in ogni appuntamento arrichiscono sempre di piu’ una numerosa platea d’eccellenza. Idea vincente quella del sodalizio per Livoti, ovvero fare un appello, un appello settimana dopo settimana per ricordare, per fare memoria, per salvare e per mettere al centro dell’attenzione argomenti o eventi del nostro tempo. E dopo il richiamo alla letteratura, al teatro è toccato al mondo del dialetto e del vernacolo in particolare. Si è pensato dunque a esprimere al meglio le potenzialità del dialetto dell’area della tirrenica per “svegliare le coscienze” delle nuove generazioni che hanno dimenticato la nostra lingua madre. E la presenza scenica, la forza aggressica della recitazione e lo studio della – parola – è emersa nella persona di Roberta Cullari nata a Polistena, fondatrice del Teatro Indipendente città di Polistena, scrittrice laureata in filosofia ed esponente del mondo culturale.
La serata è stata introdotta dalla vice rpesidente Muse e già dirigente scolastico Orsola Latella che ha messo in evidenza come il dialetto reggino trae origine dall’antichità, quando il territorio era dominato dalle popolazioni italiche e come esistano delle antiche testimonianze delle popolazioni autoctone da antiche monete reggine, sulle quali l’uso di caratteri in lingua osca alludono che tale idioma fosse un elemento caratterizzante della lingua parlata nella zona. Ma l’origine potrebbe essere nelle lingue semitiche, come comprovato dalla leggendaria venuta di Aschenez, di stirpe semita appunto, intorno al 2000 a.C. E poi anche la forza dei dialetti calabresi sono idiomi ricchi di influenze linguistiche, dovute alle colonizzazioni, alle dominazioni e alle incursioni di differenti popoli, tra cui arabi, greci e romani, e per questo sono composti dalle lingue classiche: il greco e il latino. Un notevole influsso linguistico, sia dal punto di vista lessicale che morfo-sintattico sono oggi verificabili in parole di origine greca. “L’ appello al vernacolo nella sera d’estate” è stato poi espresso dalla prof.ssa Rossana Rossomando –delegata Muse alla poesia dialettale che ha evidenziato come la Roberta Cullari conosce questa lingua e la ama e solo chi la apprezza la puo’ utilizzare. Il dialetto polistenese della scrittrice è allegro ed auntentico, dialetto singolare e la stessa lo utilizza nei suoi testi dove tratta di tutto: dall’esame della vita nei suoi aspetti ed avversità, idiomi utili a raccontare momenti esperenziali diversi. E d’altra parte la critica ha definito la sua attività uno scambio con il suo mondo variegato e preda del nuovo e del complesso gioco linguistico, alla ricerca dell’ antica semplicità della parola ed alla scoperta del bello dimenticato, attraverso il dialetto, custodito, preservato e tramandato. La Cullari dunque esprime “Amurusanzi” ovvero nella sua traduzione, gesto del cuore non sempre spontaneo, atto di delicatezza estrema, sciocchezza spontanea che rallegra il cuore. Devo tutto ai professori Raffaele Zrzolo e Stellario Belmoro, a loro devo il sapere scriere in dialetto, non traducendo dall’italiano ma pensando appunto in vernacolo. Dobbiamo elevare il nostro futuro pure con la lingua continua la scrittrice e la Scuola ha il compito di ricordare e formare le nuove generazioni e proprio per questo sto preparando un progetto collegato ai riti della settimana santa a Polistena.Vari brani di poesia dialettale hanno accompagnato il pubblico attraverso la lettura dei versi, recitati dal Laboratorio di lettura interpretativa diretto da Clara Condello con Antonella Mariani, Elena Tropiano. Ed ancora interessante ed indedito l’alternanza di sfaccettature musicali, umane, etniche e creative con la presenza del Maestro prof.ssa Enza Cuzzola che con l’acompagnamento al pianoforte del maestro Fabio Miggiano ha fatto espreimere il Coro delle Muse ed il Coro Giovanile Laudamus in brani di ricerca ed innovazione come la “Calabrisella” (con assoli di Adele Leanza) ed ancora “O sole mio” mentre significativo “Cu ti lu dissi della Balestrieri” ed ancora “Sciuri Sciuri”. L’aspetto artistico e tradizionale è stato invece rappresentato dai tessuti dell’artista Antonella Laganà già docente presso l’Istituto D’Arte di Reggio Calabria e rappresentante in piu’ di 40 anni di lavoro e ricerca del periodo di operosità di Alfonso Frangipane fondatore dell’istruzione artistica in Calabria che ha proposto al pubblico delle sciarpe con disegni a losanga, a figure antropomorfe dopo innumerevoli studi su repertori decorativi dell’area ionica e tirrenica reggina.