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La via d’ebano della seta: una minaccia o un’opportunità? Il neo colonialismo cinese in Africa. Di Al.Tallarita

Probabilmente è necessario un lucido esame per capire la politica estera cinese in Africa.
E questo perché sono molti gli Stati interessati a quel ricco e complicato continente, elemento che si unisce alla forte ascesa cinese, sulla scena globale.
Fattore che stimola un acceso dibattito internazionale, favorendo un regime di guerra fredda.
La Cina dimostra una tendenza neocoloniale, quasi imperialistica. Il suo intervento in Africa si può vedere in una triplice ottica: partner per lo sviluppo, concorrente economico, colonizzatore.
Lo studioso cinese JMF. Blanchard sostiene che: “le relazioni della Cina con molti paesi hanno una stretta somiglianza con le relazioni delle potenze coloniali europee con i paesi africani e del Medio Oriente nel XIX e XX secolo”.
La corsa comunque è spietata per l’Africa, che se lo volesse, potrebbe ottenere il controllo del proprio sviluppo politico e così superare il giogo delle grandi potenze. Sono molti gli stati presenti in Africa oltre la Cina, la Russia, alla Turchia, gli Stati Uniti e l’Europa. Perché le risorse sono molte.
Pertanto l’unico modo per concorrere all’influenza cinese sono gli investimenti occidentali, crediti e aiuti posti con migliori condizioni di quelle cinesi. Anche se i loro investimenti disponibili sono davvero molti.
La politica africana, nell’ottica della politica estera del PCC, Partito Comunista Cinese, della Going Global Strategy, pone domande sul ruolo del dragone in ascesa e della sua influenza internazionale.
Molte nazioni accettano le offerte cinesi alle loro condizioni, per non avere controfferte.
E la Cina concede prestiti, vincola i paesi, che pagano con concessioni economiche e sostegno politico. Divenendo così, una minaccia neo-coloniale ma anche un’opportunità, in quanto partner di sviluppo.
I paesi africani stavano lottando per ottenere un pezzo della generosità di Pechino. In un paio di decenni, la Cina è diventata il più grande partner commerciale del continente. L’Africa è il banco di prova per l’evoluzione della diplomazia delle risorse della Cina e della sua influenza economica a lungo termine.
L’Unione europea sta divenendo, il più grande investitore in campi verdi dell’Africa. Con un programma di investimenti da 46,6 miliardi di dollari da parte della Banca europea per gli investimenti. Con l’obiettivo, di creare 10 milioni di posti di lavoro, nei prossimi cinque anni, tramite l’Alleanza per l’Africa e una serie di partnership economiche globali.
Con Xi Jinping presidente dal 2012, il PCC ha potenziato la sua politica estera. Sotto la spinta di ambizioni internazionali motivati dal “Grande ringiovanimento” e del “Sogno cinese”. Sforzo nazionale della Cina, per rivendicare il suo posto di grande potenza internazionale. Così le relazioni sino-africane, rientrano nel modello di cooperazione allo sviluppo ‘Sud-Sud’, entro un sentimento identitario con i popoli africani, nello scenario dell’imperialismo e le lotte per lo sviluppo sociale ed economico, su cui il PCC definisce la sua azione in Africa. Proponendo Cinque principi di pacifica coesistenza: il rispetto reciproco per la sovranità degli Stati, la non aggressione reciproca, la non interferenza reciproca, l’uguaglianza e i vantaggi reciproci e la coesistenza pacifica.
Nel 2006 la Cina ha pubblicato un documento politico, che conferma questo impegno per la diplomazia efficace, gli incentivi finanziari globali, sotto forma di assistenza allo sviluppo, il commercio e investimenti e la cooperazione militare limitata, operazioni di mantenimento della pace.
Così facendo la Cina sposta gli equilibri di potere globale, diventando uno Stato in ascesa, molto influente. L’Africa si trova dunque a fronteggiare con un’altra potenza imperiale, che usa il denaro per acquistare la terra, patteggiare con i leader ed esportare le sue materie prime. Ed infatti è sui prestiti cinesi, che si sollevano i dubbi. L’abbondanza di risorse naturali dell’Africa, in termini di petrolio e minerali, è una priorità assoluta per la crescita economica della Cina. Inoltre questa, rappresenta un mercato verso cui esportare, i prodotti manifatturieri a basso costo. La sua presenza negli aiuti allo sviluppo dell’Africa, è uno sforzo per migliorare il potere e l’influenza all’estero. Creando un modello di sviluppo alternativo a quello americano, per trovare il sostegno degli stati africani, presso gli istituzioni internazionali. Ma altresì la Cina sostiene le sue industrie con le materie prime estratte in Africa. Per esempio litio, cobalto etc.. che la rendono forte nella produzione di batterie e di tutto quello che serve per il risparmio energetico. E altresì minerali, combustibili fossili e prodotti agricoli. Nello Zambia, ha investito nelle miniere di rame.
Al FOCAC Forum 2018 sulla cooperazione Cina-Africa, i leader africani hanno molto osannato la Cina, questo sottolinea quanto il dragone si è diventato importante per loro, ponendosi in contrasto con le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
E anche la Russia, che diventa uno dei tanti paesi che cercano una quota maggiore di mercato nel continente.Il vertice di Sochi si è chiuso con un accordo di 12,5 miliardi di dollari, seppur di sola intesa, Putin ha previsto che il commercio con l’Africa raddoppierà entro i prossimi anni. E il vertice ha favorito le esportazioni di armi, tecnologia nucleare e garantito i diritti di perforazione per le risorse petrolifere. Gli Usa accusano la Cina di pratiche predatorie di prestito, mentre il dragone li supera come partner commerciale sulla via d’ebano.
Si parla di un prestito di ben 95,5 miliardi di dollari, tra il 2000 e il 2015.
La ‘China Africa Research Initiative’ ha palesato che sono stati spesi per i progetti energetici e la modernizzazione delle infrastrutture di trasporto. E intanto arriviamo al ‘Barf’ e alla “Belt and Road Initiative”. Il Belt and Road Forum politico ed economico internazionale, per la cooperazione internazionale, svoltosi nel maggio 2017 a Pechino.
Dove trenta paesi hanno firmato accordi economici e commerciali, Kenya ed Etiopia tra questi. Con la Belt and Road Initiative e prima con la Go Out, più di 10.000 aziende cinesi 90% di proprietà privata sono attive in Africa, affianco a imprenditori cinesi stanziatisi in Nigeria e Senegal.
La Cina domina l’economia locale e molti paesi, fortemente indebitati nei suoi confronti, che scambiano i loro prodotti primari con prodotti fabbricati in RPC.
I progetti infrastrutturali finanziati dalla Cina, vanno dalle linee di distribuzione elettrica, alle autostrade o ferrovie. Aeroporti, porti e zone economiche speciali SEZ, per gli scambi internazionali. E hanno incrementato l’urbanizzazione in Africa, dove le più imponenti costruzioni e strade sono costruite dai cinesi. In Etiopia è stata costruita una ferrovia elettrica di 470 miglia dalla sua capitale, Addis Abeba, al porto della vicina dittatura di Gibuti. Un progetto da 2,5 miliardi di sterline, finanziato da una banca cinese e realizzato da società cinesi. Così come è stato finanziato e costruito dalla Cina e gestito da Shenzhen Metro Group, il sistema di metropolitana di Addis.
Gibuti, in cambio di importanti investimenti e prestiti preferenziali, un gasdotto e due aeroporti, ha ottenuto la prima base militare cinese all’estero.
Intanto è emerso, dalle ricerche del Centro per lo sviluppo globale, che il Gibuti era tra gli otto paesi della Belt and Road, particolarmente vulnerabili, per il suo debito estero pubblico contratto e cresciuto dal 50% all’85% del PIL in due anni.
La politica del dragone, smantella villaggi di pescatori, per dare posto a porti da miliardi di dollari. Come Mlingotini e altri villaggi in Tanzania, zona economica speciale sostenuta da un fondo sovrano dell’Oman. Ovviamente tutto costruito in Cina. Una trasformazione radicale della costa di Bagamoyo, per allargarsi all’Africa orientale, entro le iniziative del Belt and Road del presidente Xi Jinping. Quell’area a sud di Bagamoyo, seppur proposta come patrimonio mondiale, in quanto punto di sosta chiave nella tratta degli schiavi, che se il progetto andrà avanti come previsto, si trasformerà nel più grande porto dell’Africa.
In cui si è previsto anche la costruzione di fabbriche da realizzare in un’area industriale e condomini per ospitare la futura popolazione stimata di 75.000.
Si parla addirittura di aeroporto internazionale. La laguna sarà dragata, per l’accesso alle navi mercantili che faranno la fila per molte miglia al largo. La Tanzania si dice in dirittura d’arrivo con la con China Merchants Holdings International. Il progetto originale include la creazione di scuole e centri sanitari, parchi giochi e banda larga in fibra ottica.Molti abitanti del villaggio hanno accettato un risarcimento per le case.
Mentre Pechino dà sostegno alla proposta dell’Unione africana, di una rete ferroviaria pan-africana, ad alta velocità.
Tra i progetti del Belt and Road vi è la ferrovia del Kenya. 290 miglia da Nairobi a Mombasa. Il piano è estenderla in Sud Sudan, Uganda, Ruanda e Burundi. La prima ferrovia ora in disuso, Tazara, di 1.100 miglia, era stata aperta al grande pubblico nel 1976 dal presidente Mao Zedong. Che sosteneva movimenti anticoloniali come quello di Julius Nyerere in Tanzania. E ora si vuol restaurarla ed estenderla a Bagamoyo, oltre un piano per collegare una Tazara rinnovata, al Malawi, al Ruanda e al Burundi senza sbocco sul mare. Tecnicamente la Cina finanzia il grave deficit infrastrutturale dell’Africa. Un continente in cui oltre 600 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità, il 40% dei prestiti cinesi sono stati pagati per la generazione e la trasmissione di energia. Un altro 30% è andato alla modernizzazione delle fatiscenti infrastrutture di trasporto. Le interruzioni di elettricità imprevedibili e frequenti sono costose da superare. E limitano l’ingresso delle imprese nei mercati, aumentando i rischi dell’imprenditorialità.
Si tratta comunque di un continente dalle mille risorse e con crescita della popolazione. Che potrebbe anche diventare autonomo ed entrare in rapporti stabili con le altre potenze internazionali, qualora lo volesse. Superando l’altissima corruzione e utilizzando questo volano, che sono le nuove tecnologie. Migliorando così, lo scenario futuro, adottando approcci favorevoli alle imprese.

Link

https://amp.theguardian.com/cities/2018/jul/31/china-in-africa-win-win-development-or-a-new-colonialism
https://thediplomat.com/2020/11/is-china-a-new-colonial-power/

China in Africa: A Form of Neo-Colonialism?

Figures of the week: Africa’s infrastructure needs are an investment opportunity


https://www.forbes.com/sites/wadeshepard/2019/10/03/what-china-is-really-up-to-in-africa/amp/