“La prima cosa che esprimono i bambini e la volontà di appropriazione, dicono: no è mio..” (E.Petri ) di Al. Tallarita
Scrive Elio Petri nel libro L’avventurosa storia del cinema italiano:
Quando osservo i bambini sento che la prima cosa che esprimono e la volontà di appropriazione, dicono subito no è mio; il rifiuto e il possesso per poter appoggiare su qualcosa la loro identità. Credo che il senso della proprietà nasca dai problemi del territorio; a che gli animali hanno legami molto forti con alcuni oggetti. In un certo senso il denaro è Dio è il Deus ex machina della nostra esistenza storica per questo merita di essere conservato in luoghi (le banche) che somigliano un pò alle chiese. Terzo film della trilogia in analisi La proprietà non è più un furto (1973) è segnato da una propensione più teatrale.
I simboli del potere sono dovunque perché come il male può assumere subdoli aspetti. Mutevoli forme i confini sono labili e facilmente superabili. Così il potere è dovunque e i suoi strumenti, senza cui sarebbe limitato a pura idea immateriale, si ritrovano legati a simboli conosciuti ma anche non ben chiariti, o chiari solo per pochi. Total: io vorrei essere e avere ma so che è impossibile è questa la malattia Il potere conquistato in quanto avere cambia le regole. E ne apre di nuovi con i nuovi scenari sociali in cui vivono i nuovi possessori. Nuovi soggetti che hanno. L’avere implica un possesso di cose. Materia e immateriale si uniscono in un unico concetto. Il denaro diventa potere, una spada, una poltrona un coltello un gioiello, saranno anch’essi potere. Il protagonista è Total, l’attore Flavio Bucci, il ragioniere di banca allergico al denaro che disprezza, odia, brucia come nel racconto I distruttori di Graham Greene. In un procedimento dove la distruzione è parte del processo creativo . Esponente del marxismo-mandrakismo, essere umano dalla psiche instabile. Ritiene che sia lecito derubare chi è più ricco se la ricchezza del più abbiente è frutto di latrocini legalizzati. Il coprotagonista e un macellaio ricco interpretato da Ugo Tognazzi, che si diverte nell’accumulare beni e rimpiange solo di non essere immortale e di non poter dilapidare i suoi averi.
Non rispetta le regole evade le tasse, ma possiede tutto: case, appartamenti lussuosi, una macelleria che gestisce in prima persona, e una moglie priva di amor proprio che si piega facilmente al volere del marito, diventando solo un mero oggetto ‘na cosa. Io me sento come na cosaio so na cosa anzi tante cose. Io so tanti pezzi tanti pezzi de na cosa e vivo come se fossi un vaso pieno de buchi. Mi hanno portato via da casa come se fossi na scatola de pelati. …ma sempre m’aprirebbero come na scatole de pelati cò l’apriscatole . Total proverà a privarlo di tutti i suoi averi perseguitandolo animato dall’invidia e l’odio di classe. Comincia dal furto al macellaio di tre simboli del potere sociale: coltello cappello gioiello …ma che cos’è una persecuzione una stregoneria.
Dirà il Macellaio. Ragionando dialetticamente chi non avendo potere ruba a chi ha potere, questa sua funzione cercherà in tutti i modi di impossessarsi dei suoi oggetti che ne celano l’essenza. Il Macellaio: Io li conosco i nullatenenti perché è su di loro sulla lor rassegnazione sulla loro rinuncia che arricchiscono il nullatenente è stronzo, perché ha paura della legge, della punizione Se volesse ci travolgerebbe con un soffio. E non lo fa per debolezza, per paura, non per bontà. Il nullatenente è carnivoro aggressivo come il tutto tenente, com me, ma si tiene perché lo frenano in tutti i modi, fin da ragazzino, con la scuola, con la religione, poi da grande con le illusioni de potè diventà ricco e, sempre in tutte le età, con la polizia. Se non ci fosse la polizia . I volti del film sono provati, alterati, rabbiosi. Sono facce finte, sudate che emergono come profili da uno sfondo nero. L’azione perde verosimiglianza cosi come i personaggi, diventando un gioco di maschere che subentrano a un mondo senza volto. Il film non racconta una continuità drammatica ma giustappone delle situazioni che mettono in pratica la rinuncia all’azione brechtiana. Si rifà a Bertolt Brecht e fa pensare all’espressionismo tedesco. Le luci volutamente pop segnano un tratto iperbolico che fa coppia con le forme allucinatorie e grottesche. Il naturale implode per sfociare in una deformazione espressiva. Nella partita enigmatica fra i tre ladri non vi è l’ordine contrapposto al disordine, la legge contrapposta all’infrazione non c’è opposizione duale fra il bene e il male. Avviene la costruzione di una teatralità espressionista con le facce alterate nei loro contorni e nelle loro espressioni che diventano maschere.
Il gioco è fra tre ladri. Il Macellaio lo è con la copertura del ruolo sociale, Total lo diventa per un ideale, Albertone l’attore lo pratica come tecnica raffinata. Il poliziotto, il quarto essere umano deve il suo ruolo proprio a tre i ladri . Il proprietario è l’archetipo della società basata sull’appropriazione individuale e il ladro è il suo equivalente. Il ladro vuole semplicemente conquistare l’oggetto dei suoi desideri seguendo strade diverse da quelle della gente onesta. Ladro e proprietario sono quindi due facce della stessa medaglia, entrambi sono coinvolti nella corsa al profitto. Non sono diversi se non nei confronti della legge e degli organi interessati a farla rispettare. Per difendere i propri beni il proprietario può contare sull’aiuto delle forze dell’ordine. Total già dal nome definisce il tratto distintivo della sua maschera, con la sua aspirazione alla totalità: essere e avere allo stesso tempo, vuole distruggere la proprietà per un atto di volontà. E ricostituisce il procedimento del possesso come mezzo per definire la sua individualità. Scheggiatura critica al modello capitalistico occidentale e la sua base primaria, ovvero le banche, il denaro e la proprietà, a anche simbolico su quelle che sono le funzioni del potere le variabilità e quanto le cose mutino mutando punto di vista. Perso ne distanti tra loro e con fini e obiettivi differenti comunque si pongano a fare il gioco del potere e con gli stessi strumenti.
Chi possiede qualcosa, È noi, che non possediamo nulla, non siamo il potere fondato sull’avere apre le sue reti su un vasto tessuto sociale, dove si cerca di possedere il tempo specialmente altrui come mezzo da sfruttare ai propri fini di produzione di consenso. La carenza di tempo aiuta a non pensare. Il denaro è premio forse all’onesta (Dai monologhi del Film). Ma gli onesti cosi diventano disonesti perché non posseggono. Senza paura del furto uno la ricchezza non se la gode. La paura come strumento del contro potere e potere in se. Tutti consumano il denaro che viene dalle mani sporche di sangue. Il macellaio non è l’unico che ha a che fare con il sangue degli animali che poi di cui molti neppure lontanamente penserebbero a toccare, eppure consumano.
Rubare più che un delitto è un errore perché tutto quello per cui una cosa si può distinguere dall’altra se tu rubi. Un proprietario non va confuso con un non proprietario. Chi possiede nell’atto di avere e avere ciò che altri non hanno possibilità di avere hanno anche il potere della parola. Parola che è strumento sull’altro per il potere. I ladri sono figli di ladri ed io non sono un ladro.Sapore orientale di lusso proibito quasi osceno … La roba rubata ha lo stesso sapore della roba comprata. (Dai Monologhi del Film).
(parte II )