La lotta contro la disabilità deve soprattutto eliminare i pregiudizi culturali e le discriminazioni
Leggiamo dai media online la lettera della madre di Federico, un ragazzo di 22 anni affetto da distrofia muscolare di Duchenne, di denuncia per l’effettuazione di una perquisizione umiliante avvenuta presso un esercizio commerciale della Perla dello Stretto a Villa S. Giovanni nei confronti del proprio figlio.
La Soral Srl, che gestisce il supermercato in questione ad insegna Conad, afferma che la perquisizione dello zainetto del ragazzo sarebbe avvenuta nel pieno rispetto del protocollo di tutela del patrimonio dell’azienda.
Potere al Popolo Reggio Calabria ritiene che sia meritevole di tutela, ancor prima che il patrimonio aziendale, la dignità di un ragazzo con disabilità grave, nello specifico affetto da distrofia muscolare di Duchenne.
Eppure la tutela della dignità umana per le persone con disabilità rientra tra i diritti umani sanciti nel sistema delle Nazioni Unite.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata il 10 dicembre 1948 a Parigi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, già nel suo preambolo riporta: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.
Pensiamo, come Potere al Popolo Reggio Calabria, che queste forme di respingimento delle persone con disabilità grave derivi, innanzitutto, da forme di arretratezza culturale e non conoscenza delle implicazioni che la patologia in questione comporta. Se solo l’addetto alla sicurezza avesse avuto cognizione delle difficoltà in cui il ragazzo si trovava, sicuramente avrebbe potuto approcciare diversamente la questione.
L’amministrazione giudiziaria della Soral Srl era in condizione di tutelare, egualmente, il patrimonio aziendale mettendo in pratica azioni più efficaci ed intelligenti. Sarebbe bastato semplicemente dotare tutti gli avventori con borse voluminose o zainetti di apposite borse per sigillare, temporaneamente, gli oggetti. Oppure installare, all’entrate, delle cassette con la chiave dentro cui depositare le proprie cose voluminose.
Con questi semplici espedienti, si sarebbe potuto risolvere a monte il problema di tutela della sicurezza senza umiliare, in assenza di un giustificato motivo, qualunque cittadino.
Auspichiamo che la nostra società, in tutte le sue articolazioni sociali a cominciare dalle agenzie formative, si impegni ad eliminare non solo le cosiddette barriere architettoniche e sensoriali ma, soprattutto, gli ostacoli ed i limiti di tipo culturale che non aiutano a sviluppare relazioni umane accoglienti e valorizzanti la personalità dei suoi cittadini.