Klaus Davi a Radio Svizzera: Tema mafia scomparso da campagna elettorale Italiana
«La morte? Non la temo, altrimenti non andrei da solo dai boss della ‘Ndrangheta, come ho fatto nei giorni scorsi recandomi a casa di Franco Benestare per tentare di intervistarlo dopo che hanno cercato di ammazzarlo nel maggio scorso (https://www.youtube.com/watch?v=YR4jfPy9BJA&ab_channel=KlausCondicio). A me piace farla così l’antimafia, andare nei posti e sfidare le famiglie a casa loro… Anche i dibattiti sono utili, così come il lavoro nelle scuole, ma io preferisco essere sul pezzo». Lo ha dichiarato Klaus Davi intervistato dalla Radio Svizzera Tedesca sulla campagna elettorale italiana. «In Italia – continua il massmediologo – quando parli di mafia ti isolano tutti, diventi un paria, ti mettono nell’angolo. Mica succede solo con me ma con tanti altri giornalisti che operano sul territorio e non sono conosciuti al grande pubblico e ignorati da tutti. Un altro strumento che usano è la delegittimazione, la denigrazione. È una tecnica più efficace dell’aggressione e della morte. Fa più male e apparentemente non uccide. Se dovessi scegliere? Un colpo di lupara e non se ne parla più. Poi se mi sciolgono nell’acido almeno risparmio sulla cremazione», ironizza Davi, che continua: «Non sono di cultura cattolica per cui per me sulla propria morte si può tranquillamente scherzare e non prendersi sempre così terribilmente sul serio». «In Italia – prosegue – c’è un’incredibile retorica dell’antimafia. Nella mia città, Milano, parlano di ‘Ndrangheta e dicono “i calabresi”; non dicono mai “ma chi compera quella merda dalla mafia? Al primo posto non ci siamo forse noi milanesi?”. Non parlano dei compromessi con le mafie, non affrontano il tema dell’economia inquinata, non fanno iniziative sul tema cocaina. C’è una rimozione incredibile sul tema». Recentemente Klaus Davi, in occasione delle minacce ricevute dalla cosca Alvaro, venute alla luce nell’ambito dell’indagine “Propaggine” condotta dalle Procure di Reggio Calabria e di Roma, è stato intervistato dal primo quotidiano svizzero Blick (online al link https://www.blick.ch/fr/news/suisse/dans-le-collimateur-de-la-ndrangheta-klaus-davi-le-chasseur-de-mafieux-pour-la-premiere-fois-jai-peur-id17516738.html): «Uno dei due boss mi ha definito un “informatore di polizia e bastardo” che ha passato informazioni alle autorità inquirenti e ha messo in pericolo i loro affari a Roma. Anche se non hanno annunciato direttamente il mio omicidio, questa affermazione mi sembra molto più pericolosa che se mi mandassero bossoli o incendiassero la mia macchina. Per la prima volta ho avuto paura della mafia. Tuttavia non sono andato nel panico. Io, svizzero e omosessuale, mi sono avvicinato troppo alla ‘Ndrangheta, ho violato il loro onore mafioso e l’omertà. Ma continuerò a combattere contro la mafia», aveva detto Klaus Davi al giornale di Zurigo.