Intelligence, Vera Gheno al Master dell’Università della Calabria: “Il vero potere è quello della parola”.
Rende (21.3.2023) – “La sociolinguistica nell’era digitale” è il tema della lezione tenuta dalla linguista dell’Università di Firenze Vera Gheno al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Gheno ha introdotto ribadendo la centralità del linguaggio nella vita sociale, con particolare riguardo al mondo virtuale. Per comprendere in pieno il significato della sociolinguistica ha ricordato una citazione di Italo Calvino, che parlava di “Un mondo afflitto da una peste, in cui l’uomo si ritrova a rincorrere questa complessità”.
Veniva così anticipata una tendenza che avrebbe inevitabilmente aumentato il disagio cognitivo a cui l’uomo deve adattarsi.
La docente ha quindi proposto una definizione della sociolinguistica, definendola una disciplina di “confine”, in quanto in continua evoluzione e in stretto legame con la linguistica, la sociologia, l’antropologia e la semantica del linguaggio.
Sebbene vi siano delle difficoltà nel definire il campo di studi della sociolinguistica, si potrebbe ragionevolmente dedurre che oltre a studiare la lingua, consente anche la conoscenza delle persone e delle modalità con le quali esse interagiscono con la realtà.
Gheno ha ricordato un interessante studio sulla nascita della lingua riconducibile agli ani Sessanta, quando per la prima volta furono approfondite le origini degli slang afroamericani. In quegli anni si giunse alla conclusione che “a un contesto povero di stimoli corrisponde una lingua povera”, in considerazione di quanto la realtà influenzi il linguaggio e le relazioni tra gli esseri umani.
Ha quindi argomentato che per comprendere le origini della lingua sia necessario analizzare due aspetti: quello filogenetico, rispetto alla collettività, e quello ontogenetico, rispetto al singolo.
In tale contesto, nonostante le difficoltà derivanti da un’assenza di testimonianze, sono state riportate diverse teorie riguardanti la “nascita della lingua”.
Una prima teoria è quella di Dean Falk ed è chiamata “Putting the baby down theory”, che fa coincidere l’emersione del linguaggio da un balzo evolutivo squisitamente femminile.
Al di là di una serie di cambiamenti fisici (diventare bipedi, perdere i peli), l’emersione del linguaggio sarebbe legata al fatto di non potersi più portare il bebè continuamente dietro (perché in mancanza di peli non sapeva a cosa aggrapparsi); la lontananza fisica del neonato dalla madre, e il pianto irrefrenabile del piccolo, sarebbero stati la molla che avrebbe provocato il passaggio verso delle espressioni vocali più organizzate.
Una seconda teoria è quella che associa il linguaggio, il “logos”, a una forma di intrattenimento molto comune anche nell’era digitale, ossia l’amore per il pettegolezzo.
La docente ha affermato che si tratta di una strutturale differenza tra il mondo animale e quello umano, in quanto siamo capaci di comunicare e di diffondere una notizia, assicurando che l’informazione diventi trasmissibile, meglio delle altre specie, proprio grazie all’astrazione del linguaggio umano.
Gheno ha evidenziato la complessità della materia, spesso trascurata negli studi scolastici, dove spesso si propone uno studio quasi esclusivamente formale, grammaticale, privo di approfondimenti metacognitivi.
Ha quindi avanzato due considerazioni riguardo all’effettivo utilizzo delle parole e al rapporto che intercorre tra parola e immagine.
A proposito, ha rimarcato l’importanza della parola come strumento di comunicazione e di interazione umana, affermando che anche una semplice immagine può voler significare più parole, in quanto ognuno di noi, nel vedere un’immagine, potrà provare differenti reazioni ed emozioni.
Riportando Noan Chomsky: “Come potrei stancarmi di studiare una proprietà nucleare che definisce l’essere umano come tale?”.
Infatti, oggi utilizziamo la parola per parlare di noi stessi: fin dall’atto della nascita ci viene dato un nome e un cognome che ci identificano e che denotano l’appartenenza a una stirpe.
La parola, una volta in contatto con gli altri individui, genera un atto collettivo cognitivo che è alla base del dialogo tra esseri umani. Pertanto, in una realtà in continua evoluzione, il logos è lo strumento che utilizziamo per parlare del mondo.
In tema di cambiamenti, ha quindi focalizzato l’intervento sulla necessità della parola di adattarsi al progresso e di quanto venga influenzata dalla realtà circostante.
La lingua, ha ribadito, non è solo conseguenza delle cose ma a volte sono proprio queste ultime a essere conseguenza della lingua: quando una cosa è nominata, si vede meglio.
La docente ha affermato che esistono vari modi di interagire. Si pensi alla comunicazione dal vivo, che ha un maggiore impatto visivo, e a quella nella realtà virtuale, che in più occasioni riduce la lingua a uno strumento nudo, facilmente fraintendibile e a volte incontrollabile.
Gheno ha concluso che la lingua oggi sottolinea solo alcuni aspetti della realtà, in quanto può creare delle emarginazioni, come nel caso dei regimi totalitari, ma è un potente mezzo di comprensione del mondo.
In definitiva, un maggiore utilizzo della lingua potrà consentire di conosce e comprendere quello che realmente ci circonda.