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Intelligence, Stefano Dambruoso al Master del Università della Calabria: “Per fronteggiare il terrorismo fondamentalista il quadro giuridico è fondamentale”

Rende (11.2.2023) – “La deradicalizzazione: il quadro giuridico”: è questo il titolo della lezione che Stefano Dambruoso, magistrato e Questore della Camera dei Deputati dal 2013 al 2018, ha tenuto al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Dambruoso ha affrontato il tema della deradicalizzazione, unendo sia l’esperienza professionale, maturata a Milano e Vienna, e sia l’impegno parlamentare. Ha approfondito il fenomeno della deradicalizzazione dei fondamentalisti islamici dal punto di vista normativo, chiarendo che le leggi sono decisive per evitare il proliferare della radicalizzazione terroristica islamica. Per il docente questo rappresenta un impegno politico, civile ed economico di grande rilievo e di notevole difficoltà per una Nazione come l’Italia, che fa parte dell’Unione Europea e che deve collaborare con tanto Stati per prevenire questo fenomeno.

Dambruoso ha ricordato gli esempi della Francia e della Gran Bretagna che sono stati i primi in Europa a intervenire sulla radicalizzazione del terrorismo islamico in ambito legislativo, dopo gli attentati del 2015 da parte dell’ISIS, sottolineando tutte le misure legislative che sono state introdotte.

Ha quindi descritto le varie norme sulla materia, come ad esempio il decreto sicurezza del 2018 che ha previsto la possibilità di revocare la cittadinanza per i soggetti naturalizzati in caso di condanna per alcuni tipi di reato, tra i quali anche quelli di terrorismo. Il passaggio successivo, ottenuta la revoca della cittadinanza, è quella dell’espulsione per motivi di sicurezza, che è fra gli strumenti utilizzati con più efficacia dall’antiterrorismo italiano.

La definizione del reato per finalità terroristiche in Italia non precisa la definizione di “terrorismo”, a differenza di altri stati europei, come Germania, Belgio e il Regno Unito quando era parte dell’Unione. Nella nostra legislazione è però presente l’articolo 270 sexies del 2005, che enuncia le condotte con “finalità di terrorismo”, colmando così una lacuna normativa.

Infatti, secondo questo articolo le caratteristiche principali delle condotte terroristiche sono caratterizzate allo scopo di intimidire la popolazione, costringere i pubblici poteri a compiere o meno un atto, destabilizzare le strutture politiche del Paese.

Inoltre, è stato illustrato l’articolo 270 quater che punisce l’arruolamento con finalità di terrorismo, anche internazionale. Tale norma punisce chi arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo. Chi compie azioni di arruolamento è punito con la reclusione da 7 a 15 anni e la persona arruolata è punita con una pena di reclusione dai 5 agli 8 anni.

Tale normativa è entrata in vigore con il Decreto Legge 144/2005, introdotto poche settimane dopo il sanguinoso attentato di Londra, dove quattro attentatori suicidi di nazionalità britannica colpirono i mezzi pubblici della capitale uccidendo più di cinquanta persone.

È stato trattato inoltre anche l’art. 270 quinques che riguarda lo “Addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale”, tale norma punisce chi addestra o comunque fornisce istruzioni, per compimento di atti di violenza, con finalità terroristiche. La pena è prevista con la reclusione dai 5 ai 10 anni e la norma punisce con la stessa pena anche il soggetto che si auto-addestra, cioè colui che acquisisce anche autonomamente le istruzioni volte a porre in essere atti terroristici. In questo modo, è stato riconosciuto dal punto di vista del diritto penale la pericolosità dei cosiddetti lupi solitari.

Dambruoso è poi passato a trattare il contrasto ai crimini legati al “terrorismo digitale”. Recependo la crescente preoccupazione legata all’utilizzo di internet e delle piattaforme social da parte di organizzazioni terroristiche, soprattutto l’ISIS che durante il suo apogeo si era dotata di una vera e propria cyber army, la legislazione del 2015 introduce un’aggravante nel reato di addestramento per finalità di terrorismo, punendo più severamente coloro che pongono in essere la condotta con strumenti informatici o telematici.

Inoltre – ha precisato il docente – la nuova disciplina antiterrorismo introduce anche la possibilità di inibire l’accesso a siti internet utilizzati per la commissione di reati di terrorismo: dalla propaganda all’addestramento e all’auto-addestramento. In tale modo, è stata prevista per la prima volta nel nostro ordinamento la possibilità di istituire vere e proprie black list con soggetti che possono compiere azioni legate al terrorismo fondamentalista. Secondo la legge, la gestione di tale black list spetta alla Polizia Postale, che è in prima linea nel contrasto al terrorismo su internet.

Dambruoso ha poi sostenuto che “per la prima volta è stato posto in essere nel nostro Paese un percorso di deradicalizzazione individuale e personalizzato, non sostituendo, bensì integrando, le norme punitive del Codice penale per contrastare in maniera piena la pericolosità sociale di un soggetto che può aderire all’estremismo islamista.

Ha quindi evidenziato che nell’Unione Europea nel 2005 è stata adottata dal Consiglio la strategia di antiterrorismo in Europa, che è incentrata su quattro pilastri: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta.

Inoltre il docente ha ribadito che tra le azioni principali europee, si prevede l’istituzione di un centro di eccellenza per raccogliere e diffondere le competenze in materia di lotta alla radicalizzazione, basato sulla rete per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione (RAN).

Dambruoso ha poi descritto la proposta di legge C. 3558-A del 2018 che lo aveva visto come primo firmatario. Tale proposta prevedeva misure volte a prevenire i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell’estremismo jihadista, nonché a provvedere al recupero umano, sociale, culturale e professionale di soggetti già coinvolti in fenomeni di radicalizzazione.

Rispetto alle misure finalizzate al contrasto e alla repressione del terrorismo già adottate e in particolare con il D.L. 7/2015, il docente ha ribadito che le disposizioni contenute nella proposta di legge intendevano privilegiare l’attivazione di strategie di prevenzione e di recupero, in linea con le indicazioni emerse nell’ambito dell’Unione europea e lo sviluppo di campagne informative, attraverso piattaforme multimediali che utilizzino anche lingue straniere. Per le stesse finalità era previsto che la RAI, in qualità di concessionaria del servizio pubblico, realizzasse una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba.

Particolare attenzione era stata prestata agli episodi di radicalizzazione nell’ambito scolastico. A tal fine, l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’Intercultura veniva coinvolto nell’elaborazione di linee guida per promuovere il dialogo interculturale e interreligioso, finalizzate a diffondere la cultura del pluralismo e a prevenire episodi di radicalizzazione. Le linee guida coinvolgevano il Ministero dell’istruzione e gli uffici scolastici regionali, nell’impegno di essere periodicamente aggiornate e verificate annualmente le concrete ricadute nell’ambito scolastico.

Inoltre, una particolare attenzione veniva dedicata all’ambito carcerario, invitando il Ministero della Giustizia all’adozione di un Piano nazionale per garantire ai soggetti detenuti un trattamento penitenziario che tenda, oltre che alla loro rieducazione, anche alla loro deradicalizzazione.

Infatti, si prevedeva l’individuazione dei criteri per consentire l’accesso e la frequenza degli istituti penitenziari a quanti, in possesso di adeguate conoscenze e competenze su questi fenomeni di radicalizzazione, dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società.

Infine, Dambruoso, ribadendo che il fondamentalismo coinvolge prima di tutto il mondo islamico, ha efficacemente descritto le tre fasi sui quali si fonda il Programma di deradicalizzazione dell’Arabia Saudita: Counseling, Riabilitazione e Cura.