Intelligence, Luciano Violante al Master dell’Università della Calabria

Rende (03.02.2020) – “Nella società digitale le agenzie di informazione e sicurezza hanno una qualità e quantità di informazioni spesso
inferiori rispetto a quelle possedute dai privati. Questo pone problemi rilevanti per le democrazie”. È quanto ha affermato il Presidente della Fondazione “Leonardo” Luciano Violante, Presidente della Camera dei Deputati dal 1996 al 2001, al Master in Intelligence diretto da Mario Caligiuri, evidenziando altresì come anche nel caso degli attacchi dell’11 settembre del 2001 alcune informazioni per ricostruire gli eventi sono state fornite da un privato. Violante ha quindi evidenziato che “le agenzie di intelligence sono limitate nella raccolta delle informazioni mentre le persone forniscono inconsapevolmente tutti i propri dati personali ai privati, tanto che le nostre vite sono già in mano ad altri”. In tale quadro, secondo il Presidente, “le agenzie di intelligence devono guardare ai pericoli che abbiamo di fronte, valorizzando le decisive capacità del pensiero, perché nella società digitale la percezione e l’apparenza sono molto diverse dalla realtà”. Per rafforzare questi concetti, avvalendosi dei quadri di Bruegel il Vecchio “La caduta di Icaro” e “La salita al Calvario”, ha evidenziato la circostanza che attorno a noi accadono cose straordinarie delle quali spesso non ci rendiamo conto perché “la società digitale invita a guardare e non a pensare, a guardare e non a leggere”. A questo punto Violante ha definito alcune delle caratteristiche principali della società digitale.
La prima è che attraverso la Rete tutti possono dialogare con tutti, generando un apparente piano di parità, facendo scomparire le differenze tra informazione e conoscenza. Ed è proprio in questa falsa cultura paritaria che le opinioni si equivalgono, facendo scomparire la verità. Inoltre, ha ribadito, che “la Rete promuove il principio di somiglianza e non quello di rappresentanza, scardinando un principio decisivo della democrazia. Non a caso, nella società digitale il leader è quello che vanta più follower, che si ottengono rispondendo alla domanda su cosa piace e non su quello che è giusto, in un contesto in cui i desideri diventano diritti”. Ha poi messo in risalto che “la società digitale è decentrata, depersonalizzata e monoculturale, poiché rappresenta una bolla in cui si ritrovano tutti quelli che la pensano allo stesso modo. Si configura così una società dell’anonimato in cui si propende a non assumersi le responsabilità delle opinioni che si esprimono”.
“Oggi – ha rilevato – non siamo in presenza di una disintermediazione ma di una nuova intermediazione effettuata dai padroni della Rete, che raramente vengono contestati nel web dove pure si critica tutto. Questi nuovi mediatori ci fanno acquistare quello di cui non abbiamo bisogno e forse possono anche farci votare chi non ci piace”. Per Violante, “nella società digitale il potere è opaco e il cittadino è trasparente, invertendo quanto accadeva nella società analogica. In tale contesto i rischi sono rilevanti, poiché quello che conta non è l’informazione, ma la creazione delle opinioni. Questa circostanza è stata confermata anche dal referendum sulla Brexit e dalle ultime elezioni in Turchia, dove, in entrambi i casi, vengono manipolati sopratutto i cittadini dei piccoli centri che hanno meno pensiero a disposizione”.
Secondo il Presidente, “la Rete crea una nuova visione del mondo, dove i leader, che prima erano espressione della comunità, adesso la condizionano, determinando il passaggio dal partito che esprime il leader al leader che esprime il partito”.
Per Violante, “nella società digitale il messaggero è separato dal messaggio, che vive di vita propria. Cade quindi la differenza tra spazio pubblico e spazio privato, in una società in cui tutto diventa indistinto e prevale l’effetto sciame per cui le ondate di indignazione o di consenso come rapidamente si impennano così rapidamente si dissolvono. Quindi nella società della somiglianza, prevalgono la sorveglianza e il controllo, e le nostre vite non sono quelle reali ma come appaiono in Rete”. “Ma la società del controllo – ha precisato – è anche quella della falsificazione, poiché quanto prima sarà sempre più difficile distinguere l’uomo dalle creazioni artificiali, per cui non possiamo più credere a quello che appare”. “Però – secondo il Presidente – sta emergendo un fenomeno nuovo, rappresentato dalla rivincita della realtà, come dimostrano le vicende dei gilet gialli in Francia, le contestazioni anticinesi ad Honk Kong e le rivolte del Sudamerica. Tutti casi di ribellione al meccanismo digitale attraverso la presenza del corpo”. A questo punto, Violante ha indicato a quali elementi cercare di prestare attenzione, integrando il dialogo digitale con il confronto umano, imparando a usare il tempo senza farsi assorbire dalla dimensione della Rete, selezionando le reali priorità delle nostre vite che vengono invece orientate all’opposto dal digitale, decidendo consapevolmente attraverso il confronto di opinioni diverse, rispettando gli altri poiché ciò rappresenta la base della coesione della comunità, assumendo consapevolezza delle conseguenze delle informazioni che volontariamente e gratuitamente forniamo alla Rete. A questo punto, il Presidente ha affrontato il tema centrale dell’Intelligenza artificiale, ribadendo che “è utile il confronto tra l’uso dell’intelligenza artificiale nella medicina e nella giustizia, poiché dimostra che essa non sostituisce solo i lavori ripetitivi ma anche quelli ad alto tasso intellettuale. In particolare nella medicina l’accumulo dei dati favorisce un’indagine più accurata ma occorre rimanere costantemente vigili poiché il rischio delle distorsioni delle informazioni è ancora elevatissimo. Per quanto attiene alla giustizia, va ricordato il caso della Lituania dove le cause civili di minore entità vengono valutate da algoritmi, mentre in alcuni Stati americani gli algoritmi, ad esempio sulla probabilità di recidiva, applicano i pregiudizi degli umani che li hanno progettati. In tale quadro, le classi sociali più avvertite riescono a difendersi mentre quelle più deboli soccombono, aumentando in modo incolmabile le disuguaglianze. Il Presidente ha quindi posto il tema fondamentale dell’accesso, che rappresenta un aspetto eminentemente educativo, richiamando il diritto costituzionale all’istruzione. “Basti pensare – ha ricordato – che nell’800 dopo Cristo Carlo Magno poteva governare il Sacro Romano Impero senza sapere leggere e scrivere, ma già qualche centinaio di anni dopo, quando erano nate le università a Bologna, Parigi e a Padova, era diventato meno probabile dirigere le comunità senza essere alfabetizzati. Nella società digitale sará impossibile esercitare il potere senza conoscere il funzionamento degli algoritmi”. Violante ha concluso facendo riferimento all’attività dei Servizi, sostenendo che prima di tutto devono salvaguardare le opinioni pubbliche perché la libera espressione elettorale potrebbe essere manipolata, come dimostra il caso di Cambridge Analytica. In secondo luogo, è proprio l’intelligence che deve difendere gli interessi economici attraverso lil controspionaggio industriale perché il potere di uno Stato coincide soprattutto con il proprio potere economico.