Intelligence, Domenico Talia al Master dell’Università della Calabria: “L’universo digitale altera le persone e l’intelligence le riconnette con la realtà”.
Rende (17.2.2020) – “Se non si è interdisciplinari non si comprende la realtà, e l’intelligence ne è la sintesi”. In questo modo ha iniziato la lezione Domenico Talia, professore dell’Università della Calabria, al Master in Intelligence dell’Ateneo calabrese, diretto da Mario Caligiuri. “La scienza ha eliminato le distanze – ha detto Talia – e l’essere umano non è stato selezionato per una società come quella attuale, dove le distanze sono annullate e l’eccesso di informazioni supera le nostre capacità fisiologiche di comprendere”.
Il professore ha poi descritto i tempi delle tecnologie digitali: “Una storia breve ma dall’impatto enorme. La tecnologia digitale è a guida americana e nasce per uso industriale e militare e poi si trasforma. Nel 1939 il primo computer viene creato per calcolare e non per comunicare. Dopo trent’anni la struttura militare statunitense DARPA finanzia le università per realizzare progetti industriali, per la sicurezza, le banche e l’industria. Nasce così ARPAnet. Dopo qualche tempo si trasforma in Internet, cioè una rete che connette tutte le reti. Nel 1991 al CERN di Ginevra si inventa il WWW per fare condividere a tutti gli scienziati i dati delle ricerche, grazie a Tim Berners Lee che ha cambiato il modo di comunicare nel mondo”. L’evoluzione successiva è avvenuta nel 2007 quando tutta la tecnologia viene concentrata in un oggetto, l’iPhone, che integra le funzioni dei media e di tanti altri servizi, consentendo praticamente di avere il mondo in tasca. In Italia l’informatica si sviluppa nell’Università di Pisa, attraverso un finanziamento pubblico, che viene orientato verso l’informatica, recependo un suggerimento di Enrico Fermi”.
“L’universo digitale – secondo Talia – rappresenta un nuovo spazio che altera i nostri modi di vivere e di pensare, rappresentando una montagna di dati sempre più complessa ma sempre più necessaria. Chi non riesce a essere consapevole resta indietro, perché siamo di fronte a un mondo che confligge con la nostra biologia, con la nostra genetica e in definitiva con la nostra umanità”. Per il professore “riconoscere il problema è il primo passo per prendere atto della realtà. Esiste un problema educativo fondamentale, poichè bisognerebbe far capire alle giovani generazioni il mondo nel quale sono immersi, tanto che potrebbe essere utile una patente per consentire l’utilizzo del digitale”. Talia ha quindi proseguito sostenendo che “l’enormità imprevista dell’universo digitale pone nuovi problemi. Si è parlato anche di un concetto interessantissimo ovvero quello della “Serendipity” che si realizza con scoperte casuali cioè mentre stai cercando una cosa ne trovi un’altra”. Il professore ha poi spiegato l’universo digitale ricordandone il funzionamento: “Il calcolatore valuta su base 2 tramite il bit che quando c’è corrente ha valore 1, mentre quando è spento vale 0. Per comodità di analisi i bit si combinano in byte e nei suoi multipli. I dati sono sempre crescenti e questo richiama una funzione fondamentale dell’intelligence che serve per ridurre al minimo la complessità, individuando i dati significativi.
I Big Data che stanno sconvolgendo il nostro mondo hanno delle grandi capacità predittive e sono distinti dalle quattro V: volume, che è la quantità delle informazioni; velocità, cioè come si diffonde l’informazione; varietà, che individua le tipologie delle informazioni: verità, quindi la rispondenza con la realtà”. Il professore ha poi messo in risalto che “oggi non compriamo un’auto ma una piccola rete di calcolatori e sensori. E noi produciamo dati che non riusciamo più a interpretare, con una variazione semantica che cambia la nostra relazione con il mondo”. Secondo Talia, “Google è diventata l’azienda più significativa sul mercato, perché seleziona le informazioni con risposte personalizzate, cioè differenti per ciascuno di noi, creando un “vapore digitale” cioè una nuvola che rassicura”. Ha quindi ricordato che “i dati non dormono mai, facendoci consumare 24 ore al giorno. Basti pensare che in un minuto si generano 18 milioni di messaggi WhatsApp, 4 milioni e mezzo di risposte di Google, 4 milioni di video vengono visti su YouTube. E sono numeri destinati inevitabilmente ad aumentare”. Talia ha poi evidenziato che “la tecnologia ci sta trasformando profondamente. E tutto lascia traccia nella Rete, che è la memoria del mondo, come quella di Ireneo Funes, il personaggio inventato da Jorge Louis Borges, che da un lato riesce a ricordare ogni cosa con estrema facilità ma dall’altro non è in grado di formare idee generali, poiché la sua memoria registra solo particolari e non concetti compiuti”. Talia ha pure ricordato che “L’intelligence oggi è più importante di ieri poiché quando i dati sono troppi l’intelligenza umana deve lavorare affianco all’intelligenza artificiale, ibridando uomo e macchina. In più, le persone nella società dell’informazione sono inevitabilmente valutate sulla base delle informazioni che ci sono in Rete. Infatti, il mondo digitale si è aggiunto al quello reale e anzi si sta espandendo sempre di più.
“I Big data – ha detto – siamo noi, perché generiamo i dati identificandoci con i dati che generiamo, poiché siamo contemporaneamente produttori e oggetto dei Big Data. Ne consegue che tutto quello che facciamo in Rete è calcolabile, per cui chi conosce la tecnologia ha un vantaggio enorme sugli altri e quindi raccogliere informazioni e farle diventare valore è la missione decisiva dell’intelligence del XXI secolo. È proprio in questo modo che la selezione delle informazioni diventa lavoro”. Il docente ha poi citato l’esempio della Cina, dove le tecnologie vengono utilizzate come arma di punta dello Stato, con scelte molto chiare. Infatti, lì non si può accedere a Facebook, Amazon, Google, Apple. Sono stati creati motori di ricerca e social alternativi alle piattaforme digitali americane, gestiti a livello nazionale. La Cina sa benissimo che i conflitti e le competizioni a livello globale saranno sempre più digitali perché la vita sarà sempre più digitale e quindi l’intelligence sarà sempre più digitale. Internet è nata negli USA, si è sviluppata in Europa però probabilmente chi la utilizzerà meglio potrebbe essere la Cina. Non a caso, il dibattito tra Beijing Consensus e Washington consensus potrebbe orientarsi prossimamente verso il primo, quindi con una perdita di attrazione da parte del modello occidentale. Talia ha quindi argomentato che “gli algoritmi riproducono i valori sociali e culturali di chi li progetta, orientando la Rete. Infatti, gli algoritmi sono progettati per l’accumulazione capitalistica e non per aumentare il livello di conoscenza delle persone”.
Il professore ha ricordato che “non è più la natura a regolare i tempi ma è la tecnologia che orienta le nostre giornate. Infatti, le applicazioni offrono un servizio ma si appropriano dei nostri dati e ci fanno lavorare per le aziende. Ne sono un esempio i voli che prenotiamo facendo in parte il lavoro delle agenzie di viaggio, i bonifici facendo il lavoro dei bancari, l’acquisto di un libro sostituendoci ai librai”. Affrontando poi il tema del consenso, ha ricordato che è sempre più mediato dagli strumenti digitali, in quanto le regole della democrazia oggi sono profondamente trasformate, tanto che i partiti riflettono su come utilizzano la tecnologia verso i cittadini mentre dovrebbero valutare come i cittadini impiegano la tecnologia per relazionarsi con la politica. La Rete è diventato il grande intermediatore, tra i bisogni e le soddisfazioni, tra la rappresentanza e il potere. Pertanto, il rapporto diretto tra leader e cittadini che caratterizza la democrazia occidentale può dare adito a grandi distorsioni, dimostrando inadeguatezza non solo verso i modelli autoritari, ma anche nei confronti dei modelli criminali e terroristici, dove le élite non vengono individuate in modo approssimativo come invece avviene nelle democrazie.
Talia ha quindi evidenziato l’utilizzo della Rete nelle campagne elettorali nelle presidenziali americane, ricordando che nella seconda elezione di Obama, sono stati incrociati i dati assunti sui social individuando chi non era propenso a votare con gli attivisti democratici, che poi li sollecitavano a votare. Questa operazione potrebbe avere aumentato del 3% i voti per Obama. Successivamente, Donald Trump ha utilizzato i servizi di Cambridge Analitica, che ha raccolto in modo fraudolento i dati di ottantamila persone individuando poi una rete di 80 milioni di persone. Successivamente agli elettori americani sono state inviate notizie che riguardavano la campagna elettorale evidenziando il punto di vista del candidato repubblicano. Questa comunicazione ha comportato il 5% in più di consensi per Trump. Tutto questo conferma come il sistema democratico sia basato sulla manipolazione e la finzione. Talia ha poi richiamato i Data Broker dicendo che “si tratta di società quotate in borsa, che utilizzano i dati degli utenti diventati oggetto di vendita, dando vita a un’economia basata sul dato anzi sulla dittatura del dato”. Infine, il professore ha parlato dell’ “effetto sciame”, in base al quale viviamo sempre più velocemente in modo fluido, cambiando perennemente opinione e facendo emergere la consapevolezza che siamo irrilevanti rispetto alla trasformazione della realtà. I politici comunicano prima su Twitter e poi nei luoghi tradizionali, evidenziando un elemento di crisi della democrazia tradizionale. Il leader cinese Xi Jinping non comunica le decisioni su Twitter ma le esprime all’interno delle istituzioni. Se in Occidente, i politici dialogano e informano via Twitter, i Parlamenti allora potrebbero essere sempre più inutili. Infine, Talia ha evidenziato che “adesso non si riflette più sulle notizie, poiché le consultiamo velocemente senza riuscire a consolidare i valori, accentuando il nostro disagio. Infatti, l’incomprensione della realtà determina comportamenti inadeguati. Il professore ha concluso dicendo che “stiamo entrando in un universo che si è allargato e che pone sfide fondamentali per l’intelligence”.