Intelligence, Domenico Talia al Master dell’Università della Calabria “Gli algoritmi producono un nuovo modo di pensare. Dobbiamo coabitare con l’intelligenza artificiale che deve essere funzionale agli umani”.
Talia ha iniziato il suo intervento richiamando il pensiero di uno dei più grandi filosofi del ‘900, Martin Heidegger, il quale affermava che “le conseguenze della tecnologia sono tutt’altro che tecnologiche”.
“L’informatica – ha affermato – ha un impatto nella vita delle persone e l’algoritmo è l’agente politico trasformativo più importante del XXI secolo. I calcolatori sono stati inventati negli anni ‘40 ed oggi sono gli oggetti intelligenti più diffusi nel mondo. Le prime tracce di algoritmi peró risalgono addirittura a 3000 anni fa. Questo dimostra che le conoscenze antiche producono nuovi risultati, che, come nella maggior parte dei casi, sono imprevedibili anche da coloro che hanno cercato di metterle in pratica. Oggi gli algoritmi mediano il mondo esterno e producono un nuovo modo di pensare, ma il loro potere di influenza è in gran parte ancora sconosciuto
e sottovalutato. Esistono algoritmi in grado di apprendere, come nel caso del Machine Learning, da grandi quantità di dati, che consentono attività predittive e sono capaci di compiere ragionamenti induttivi ossia da casi particolari riescono a creare regole generali. Sebbene questo pone problemi sociali e politici importanti, poiché il funzionamento degli algoritmi di Deep Learning a volte non è conosciuto”. “A Detroit – ha ricordato – nel 2019 venne arrestato ingiustamente Robert Julian-Borchak William sulla base di una previsione fatta da un algoritmo programmato su base statistica, influenzato dall’idea che le persone di pelle nera delinquono molto di più rispetto alle alle persone di pelle chiara”. “A tal proposito – ha evidenziato ancora Talia – l’Unione Europea cerca di garantire la trasparenza degli algoritmi e la protezione dei dati personali attraverso la normativa contenuta nel General Data Protection Regulation. L’articolo 22 del GDPR, infatti, prevede che le decisioni assunte da un algoritmo debbano essere spiegate a chi è sottoposto a quelle decisioni, poiché gli algoritmi decidono sulla base dei dati che vengono forniti loro. Tuttavia è bene sottolineare che l’Unione Europea è marginale nella lotta per il controllo del digitale perché, di fatto, dipende da Stati Uniti e Cina”.
Per Talia “non bisogna dimenticare che gli algoritmi sono strettamente legati ai sistemi di governo, quelli autoritari in questo momento storico, sono avvantaggiati rispetto ai sistemi democratici. La globalizzazione , infatti, prevede decisioni veloci che i sistemi democratici a differenza di quelli autoritari, di quelli criminali e di quelli terroristici non sono in grado di assicurare”.
Il docente ha poi precisato che “prevale la tecnica sulla politica, sulla religione e sui valori, provocando un senso di vuoto nelle persone. Gli algoritmi modificano non solo il nostro modo di agire ma anche il nostro modo di pensare. Siamo di fronte alla algocrazia che è un sistema di governo al pari della monarchia, dell’aristocrazia e della democrazia. Gli algoritmi di data mining classificano aspetti rilevanti: è l’algoritmo che decide, ad esempio, il costo di una polizza sanitaria. Le persone sono oggetti calcolabili, sia nella sfera privata che nella sfera pubblica”. “Tuttavia – ha concluso Talia – bisogna guardare a quello che sta accadendo con una logica non apocalittica ma in maniera critica, perché bisogna puntare sulla coabitazione tra macchine e uomini con la consapevolezza che le macchine devono essere funzionali all’umano. Occorre , in definitiva, una nuova conoscenza e consapevolezza dei cittadini, come auspicato bel suo nuovo saggio sul ruolo degli algoritmi in uscita per l’editore Rubbettino.”