Intelligence, Antonio Uricchio al Master dell’Università della Calabria
Intelligence, Antonio Uricchio al Master dell’Università della Calabria: “L’intelligence ambientale va condivisa come bene universale perché anticipa catastrofi e pandemie. Gli Stati non devono dipendere dai privati per possedere le informazioni pregiate”
(Rende 20.1.2021) – Antonio Uricchio, professore di diritto Tributario presso l’Università “Aldo Moro” di Bari e Presidente dell’Anvur, ha tenuto una lezione dal titolo “ Controlli Ambientali e Finanziari tra Diritto, Intelligence e Satelliti” nl corso del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri,
Uricchio si è dapprima soffermato sul significato etimologico del termine Intelligence, spiegando che la sua radice etimologica deriva dall’espressione latina “intus-legere” ossia capire ciò che è dentro di noi, quello che è lontano dal nostro sguardo.
“L’intelligence – ha affermato – è uno strumento per decidere. Ma per farlo bisogna prima capire quello che ci circonda. L’intelligence è una disciplina che non ha confini, è luogo ideale di contaminazione, poiché ha una natura sia antropica sia bionica. Antropica perché la Human intelligence, ossia l’intelligence degli esseri umani, utilizza sia gli agenti che gli strumenti di discipline umane, mentre è bionica attraverso la geo-intelligence, ossia l’intelligenza della terra, che riguarda il controllo ambientale ed è terreno di indagine e di riflessione strategica per proiettare le decisioni verso il futuro”. “L’ uomo – ha precisato – per molti secoli ha subito l’ambiente mentre oggi lo sta trasformando in modo sempre più rapido. L’intelligence ha riguardato per molto tempo solo gli aspetti militari legati alla guerra invece oggi rappresenta una strategia del futuro. Riuscire a definire la capacità di bio-intelligence, di geo-intelligence, di open-space dell’intelligence significa ottenere delle informazioni che possono aiutare a gestire l’uomo all’interno del suo ambiente terrestre e dello spazio. Oggi i limes, i confini, sono stati superati e questo deve aiutarci a capire che bisogna guardare più lontano, sviluppando la capacità di acquisire informazioni e metterle a frutto per assumere decisioni utili per il nostro pianeta”.
In questo quadro, ha ribadito che “si potrebbe profilare una nuova funzione dell’intelligence legata alla sopravvivenza della specie umana, per non soccombere bei confronti dell’intelligenza artificiale. Gli studi sull’intelligenza si evolvono, mentre fino a poco tempo fa c’era un unico modello: quello umano, che riguardava la raccolta, la catalogazione, l’analisi e l’utilizzo delle informazioni. Oggi assistiamo all’ibridazione tra uomo e macchina e questo comporta dei rischi che riguardano la tutela, l’acquisizione, la manipolazione e l’hackeraggio dei dati”.
L’intelligence si colloca nell’ambito degli studi strategici e in questo quadro ogni problema, compreso quello ambientale, va inserito in un’ottica globale. “Il ruolo dell’intelligence ambientale di fronte alle emergenze – ha precisato il professore – deve essere la raccolta delle informazioni da utilizzare nel rapporto tra controllo e comando. Questa logica aiuta a decidere in maniera adeguata e tempestiva su come affrontare le emergenze”. “Accanto alle tecnologie tradizionali – ha spiegato – ci sono anche tecnologie più innovative come i sensori, i droni , i satelliti, i micro satelliti, tutti strumenti sofisticati che si affiancano a quelli esistenti per captare informazioni e metterle a disposizione del decisore pubblico”.
“Le informazioni ambientali – ha ribadito Uricchio – sono un bene comune, patrimonio dell’umanità, perché servono per prevedere catastrofi come alluvioni ed evitare pandemie”.
Il professore ha affermato che “la prospettiva degli studi ambientali è quella della Open ambient intelligence ossia un’informazione condivisa, una informazione universale, un’intelligence democratica e per tutti, che aiuti a risolvere i problemi di ognuno e della collettività”.
Uricchio ha concluso evidenziando che le informazioni satellitari ambientali più facilmente acquisibili, come Google Maps”, sono possedute società private del web. E questo ovviamente penalizza il ruolo degli Stati.