INTELLIGENCE, ANDREA MARGELLETTI AL MASTER IN INTELLIGENCE DELL’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA
RENDE (27.2.2019) – “A chi rispondono i Servizi alla presenza di rappresentanti politici che potrebbero essere espressione di interessi contrari a quelli nazionali?”. Con questo interrogativo e facendo riferimento al film del 2004 “The Manchurian Candidate”, Andrea Margelletti, Presidente del Centro Studi Internazionali, ha concluso la sua lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. Margelletti ha introdotto il suo intervento affrontando il ruolo fondamentale dell’intelligence rappresentato dalla tutela dell’interesse nazionale, necessariamente individuato dai decisori pubblici. “In Italia – ha detto – l’interesse nazionale – dal quale in buona parte discende il ruolo dei vari Paesi nel mondo – è quanto meno erratico poiché muta con le maggioranze politiche che governano. Pertanto, il supporto alle decisioni offerto dall’intelligence dipende molto dalla personalità di chi ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio”. Il Docente ha poi affrontato la differenza tra intelligence militare e intelligence istituzionale che sono diventate molto diverse nel corso del tempo. “Dopo la fine della guerra fredda – ha specificato – c’è stato un periodo di “assenza del nemico”. Attualmente, a livello militare si stanno monitorando gli sviluppi di Russia e Cina mentre nell’ambito istituzionale l’attenzione è rivolta al contrasto al terrorismo e alla criminalità”. Si è quindi concentrato sulla spinosa vicenda degli F35, i cacciabombardieri costruiti negli Stati Uniti, spiegando che il loro possesso è la dimostrazione di una capacità di azione, che è molto costosa ma che potrebbe consente di partecipare in modo autonomo e sicuro alle missioni all’estero, come stiamo facendo ripetutamente dal 1982 in poi. Margelletti ha commentato: “Occorre, però, a questo punto, chiedersi quali siano i vantaggi per il sistema nazionale delle missioni militari che rappresentano elevati costi di varia natura per la comunità nazionale”. Infatti, ha detto che dalle nostre presenze nei teatri esteri non sono evidenti grandi risultati, come sembrerebbe dimostrare la vicenda di Fincantieri che poco tempo fa non è riuscita ad aggiudicarsi la fornitura di 10 miliardi di dollari per fornire navi all’Australia perché superata da un’offerta britannica che ha proposto addirittura un modello ancora non costruito. Ha, quindi, evidenziato che l’industria della difesa produce sopratutto tecnologia, che oggi è proprio ciò che consente di essere al passo con i tempi. Infatti, operare in questo settore strategico significa sviluppare ricerca e sviluppo, avendo progettisti e maestranze qualificate, che consentono di non cedere sovranità intellettuale per non dipendere completamente dall’estero. Margelletti ha poi evidenziato l’impossibilità della costituzione di un’intelligence europea in quanto i modelli costituzionali prima e organizzativi poi non sono integrabili, pur essendo lo sviluppo dell’Unione una innegabile necessità geopolitica. Ha poi spiegato il concetto di intelligence collettiva, espressione di un Paese che valorizza l’attività dei Servizi, facendola interagire con le università, le aziende private, i centri di ricerca, il sistema mediatico, gli attori del cyberspazio e i singoli cittadini. Si è, quindi, soffermato sulla trasformazione del potere, il cui compito è la gestione della cosa pubblica e non la ricerca del consenso immediato. A riguardo, ha messo in rilievo le difficoltà di individuare leadership occidentali efficienti. La narrazione delle vicende delle istituzioni pubbliche, ha concluso, avviene tramite un sistema mediatico che complessivamente rende credibile il sistema politico invece di metterne in evidenza le vistose incongruenze, oggi sempre più evidenti.