Intelligence, Alessandro Aresu al Master dell’Università della Calabria: «L’intelligence deve anticipare le vulnerabilità nazionali».
Rende (11.3.2022) – «La storia della scienza e della tecnologia si collega con l’ascesa del capitalismo politico e con gli interessi delle grandi potenze”, così Alessandro Aresu, Consigliere scientifico di “Limes”, ha iniziato la sua lezione al Master di Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Aresu ha poi proseguito sostenendo che “è cruciale il rapporto tra imprese e istituzioni pubbliche, per tutelare l’interesse nazionale e la sicurezza. L’intensità tecnologica porta a interdipendenza ma anche a conflitti e la questione sociale non può essere sottovalutata”. Ha ricordato che «Gli strumenti di guerra economica sono legati allo sviluppo della potenza degli Stati Uniti. Si pensi al “Trading with the Enemy Act” del 1917 con il quale hanno limitato gli scambi commerciali con i Paesi ostili o alle organizzazioni internazionali che definiscono gli standard dello sviluppo a livello globale” Aresu ha poi evidenziato alcuni aspetti centrali quali i rapporti con l’intelligence, le tecnologie critiche, la golden power, la lotta per il primato nel settore dei microprocessori, l’utilizzo del litio, il ruolo della Silicon Valley. Anche la Corea del Sud e Taiwan hanno imprese fondamentali per la struttura digitale mondiale. Samsung, per esempio, è il più grande conglomerato tecnologico della nostra epoca, la Repubblica di Samsung. Soffermandosi ancora di più sull’attualità, ha ricordato che “con uno sguardo lungo sui conflitti tecnologici, a partire dagli anni ‘80 e ‘90 gli USA hanno cominciato a irrigidirsi nei confronti dell’ascesa della Cina, soprattutto nell’aerospazio. Si pensi allo spionaggio industriale, al Rapporto Cox, fino a vicende più recenti come quella di TikTok, per giungere alle materie prime che riguardano le tecnologie rinnovabili. In Cina la programmazione e i finanziamenti statali sono ingenti, il credito è controllato, ma anche i privati hanno un ruolo importante nello sviluppo tecnologico, per i prodotti e per la commercializzazione. A partire dagli anni 2000, al crescente deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina si affianca la dipendenza della Cina dall’estero per varie fasi dello sviluppo tecnologico. In questo modo, le guerre commerciali e le guerre tecnologiche si confondono”. “Inoltre – ha ricordato – tra il 2019 e il 2020 ci sono stati scontri armati limitati tra India e Cina con una netta chiusura dell’India verso le tecnologie cinesi. Si è registrata così, a livello mondiale, un’ibridazione dei conflitti. I conflitti fisici rimangono sulla scena, ma a questi si sono affiancati i conflitti tecnologici sottotraccia, rappresentati dallo spionaggio e dagli attacchi cyber, e anche le sanzioni o la chiusura verso tecnologie di altri Paesi, creando vulnerabilità”. “In questo contesto – ha detto – un capitolo poco indagato è quello dei rapporti di scienziati e imprenditori con gli apparati di sicurezza e di intelligence. Infatti, non si possono comprendere le relazioni tra questi soggetti senza una visione storica e geopolitica. Non si può comprendere, per esempio, Alan Turing senza l’impero britannico e la seconda guerra mondiale, Vannevar Bush senza la nascente superpotenza americana e la guerra fredda, Qian Xuesen senza la prospettiva dell’ascesa della Cina. Anche la ricostruzione dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta è stata sostenuta dalle tecnologie, dall’industria e dal governo, realizzando la tutela dell’interesse nazionale, che è sempre legato alle capacità scientifiche e tecnologiche e all’apparato industriale. Infatti, hanno avuto un grande ruolo personaggi come il Premio Nobel per la chimica nel 1963 Giulio Natta, Enrico Mattei, Mario Tchou, Adriano Olivetti, Felice Ippolito e più recentemente figure Pasquale Pistorio, industriale dei microprocessori, e Alessandro Pansa, il “manager intellettuale” AD di Finmeccanica che nel 2015 scrisse per la rivista “Gnosis” l’importante articolo «Sviluppo tecnologico e distribuzione del potere a livello internazionale»”. “L’intelligence economica – ha ribadito – è fondamentale per comprendere il senso profondo di processi e trasformazioni, analizzando le filiere industriali, le catene del valore, i colli di bottiglia, le capacità di ricerca, le vulnerabilità, il confronto con gli altri Paesi, conoscendone le prospettive tecnologiche, l’impatto della digitalizzazione delle industrie, l’aderenza alla sostenibilità e i suoi costi. Si pensi alle materie prime critiche e alle progressioni tecnologiche, coi loro effetti sulle capacità militari e quindi sull’interesse nazionale e sulla sicurezza. A questa rinnovata attenzione corrispondono le analisi portate avanti dagli Stati Uniti e da altre potenze sulle catene del valore”. In tale quadro, ha ricordato che come UE dipendiamo per il cobalto per il 68% dal Congo, per il litio soprattutto dal Cile, per le terre rare dalla Cina, per il palladio dalla Russia. Oggi il tema è quello della transizione gemella digitale ed ecologica, che trova un’espressione paradigmatica in quella che una volta era definita l’industria delle industrie, quella automobilistica. L’Europa ha sottovalutato questo settore critico determinante, in termini di riduzione progressiva dell’industria dell’auto tradizionale e di velocità di riconversione dell’indotto automobilistico”. Per il docente “la competizione asiatica sulle filiere più avanzate dell’automotive ha già modificato fortemente gli scenari mondiali. Questo è un tema fondamentale di intelligence economica, perché implica conseguenze profonde. Ci ricorda che le transizioni impongono delle scelte. Tenendo conto degli obiettivi di lunghissimo termine, 2035-2050, l’intelligence deve considerare cosa comportano le transizioni gemelle sul sistema nazionale, sociale, industriale e di ricerca. Anche nella loro dimensione fisica e materiale. La lotta per le materie prime sarà ancora più rilevante in questo decennio”.
Aresu ha concluso sostenendo che “il futuro per l’intelligence consiste nel costituire una base per fronteggiare le sfide tecnologiche emergenti, distinguendo le sfide contingenti dalle dinamiche di lunga durata. In definitiva, limitare le vulnerabilità significa rafforzare il nesso tra industrie, tecnologie, governi e intelligence».