Insegnanti, manifestazioni a Napoli e Catania e la deriva autoritaria

In questi giorni di tournée governativa dovuta alla rituale festa dell’Unità, abbiamo visto scendere in piazza a Catania e Napoli non i black bloc dei centri sociali del G8, ma gli insegnanti, i pensionati,  lavoratori di ogni settore  tutti egualmente  ansiosi e nel diritto costituzionalmente sancito di poter manifestare pacificamente di fronte al Premier il proprio dissenso, la propria insoddisfazione  nei riguardi delle politiche sul lavoro, sull’istruzione, sulla sanità,  visto che è cosa rara vederlo fuori dalle stanze del potere.

Misure preventive straordinarie ed inaudite, messe in atto dalle forze dell’ordine, hanno per giorni blindato le zone in cui sarebbe dovuto passare il Presidente del Consiglio.  Le aree sorvolate ripetutamente, l’impedimento  finanche di vendita di alcuni generi di orto frutta, hanno dimostrato alla popolazione attonita che a presentarsi in mezzo alla folla non era un uomo rappresentativo della maggioranza degli italiani, ma uno che ha ragione di temere i cittadini, i cui programmi non sono condivisi, e non dai contestatori professionisti, ma dal ceto medio, da gente produttiva,  mite e pacifica.

In questo contesto, getta  una luce sinistra (se si consente il gioco di parole, visto che parliamo di festa dell’Unità)  l’aggressione fisica messa in atto da parte delle forze dell’ordine anche quando Renzi era già andato via: cariche sui manifestanti, cittadini  arrestati, addirittura a Napoli una consigliera comunale, Elena De Majo, colpita in un tafferuglio durante una ripresa in diretta di Repubblica. Intanto, le immagini documentate dai cittadini stessi spopolano sui social, ma i Tg  nazionali riportano solo stralci del discorso del Premier fatto al cospetto di un pubblico accuratamente selezionato, il solito monologo di triste memoria fatto di vuota propaganda e di attacchi alla giunta Raggi.

Tutto quello che succedeva fuori da quei luoghi pubblici blindati non trovava spazio alcuno nei TG nazionali di nessuna testata.

Anche Mattino Cinque il 12 settembre  in una puntata dedicata alla scuola, la grande assente da tutte le testate nazionali,  orchestrava una triste messinscena in cui dominava la rabbiosa prevaricazione della Malpezzi sugli interventi dei docenti in collegamento da Catania,  opportunamente interrotti all’atto di argomentare le loro ragioni.

I media omissivi e reticenti  nei confronti di ogni forma di opposizione al governo oltre che dei tristi esiti delle sue politiche sul piano economico e sociale testimoniano che nel Paese è in atto una preoccupante trasformazione: il prodotto del Porcellum sta dando i suoi frutti.

La deriva autoritaria dell’esecutivo,  evidente nella sostituzione recente di tutti i vertici Rai e nel silenzio delle testate nazionali acquistato con finanziamenti pubblici,  nella repressione brutale e violenta di tutte le contestazioni di piazza,  nel non rispondere mai ai cittadini, è figlia, ricordiamolo, di una legge elettorale incostituzionale, il Porcellum,  che è stata sostituita da una sostanzialmente identica, l’Italicum, che, combinata con la riforma costituzionale creerebbe un esecutivo ancora meno condiviso, più assolutistico e autoritario di quello che oggi genera queste anomalie. I fatti di Catania e Napoli, figli delle politiche autoreferenziali e prive di ricadute positive sulla società e sull’economia  dell’ultimo biennio, ci devono aprire gli occhi su quanto ci costa mantenere un esecutivo odiato dai cittadini, che cala dall’alto politiche imposte da un decisore occulto, atte ad asservire, comprimere i salari, demolire i diritti, liceizzare  abusi,  pur continuando  ad accrescere il debito pubblico e il tasso di disoccupazione e sottoccupazione,  declassando in più  tutte le fasce di reddito. 

Oggi abbiamo la prova che se si accetta di dare deleghe in bianco ad un decisore politico che  non paga per i danni che produce, saranno i cittadini a doverne sostenere i costi: anche solo consentire di uscire in pubblico ad un esponente del governo ci costa milioni di euro, con tutto l’apparato più o meno necessario alla sicurezza della sua persona impopolare. Non è certo alla portata di un governo non condiviso e manifestamente inetto la realizzazione della ripresa.

I fatti di Catania e Napoli suggeriscono chiaramente che votare No al progetto di riforma costituzionale di Renzi costituisce oggi l’unica risposta per dare una svolta ad un sistema oggi sperimentato e tristemente  fallito.

13/09/2016