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Il tema dell’”avvocato subordinato” è emblematico dello stato di salute dell’avvocatura

Affrontarlo a Catanzaro nel recente convegno del 15 novembre, e per di più con il massimo rigore scientifico, è servito e serve per mettere a nudo aspetti critici che siamo abituati a negare, talvolta per convenienza talaltra per indolenza o per pigrizia mentale.
L’esistenza all’interno dell’avvocatura di un fenomeno radicato di reciproco sfruttamento però offre la cifra di una debolezza genetica, di una incapacità atavica di occuparsi di massimi sistemi per privilegiare gli egoismi individuali (nella convinzione che la cosa riguardi sempre e solo gli altri).
Questa fragilità è invece il punto di forza delle “controparti” che alimenta in maniera inversamente proporzionale il loro predominio.
In tutti i luoghi in cui esistono disuguaglianze, e nel preciso momento in cui esse si esasperano, ciclicamente nascono dal basso spontanei moti di ribellione. La domanda crescente di tutela sindacale degli avvocati quindi non è altro che la fisiologica conseguenza di una crisi profonda, di un largo complesso di ingiustizie che offendono e fatichiamo a focalizzare. A cominciare dall’esatta individuazione delle controparti, degli antagonisti che ne sono diretti e indiretti responsabili.
MGA, il sindacato nazionale degli avvocati, ha avuto, unico esempio, il merito di saper rispondere a queste istanze, nell’assordante e a volte complice silenzio delle istituzioni forensi e del parallelo mondo associazionista, e a porre questioni, aprire dibattiti, promuovere iniziative, anche e sopratutto in autonomia.
Si rende necessario ampliare il più possibile la partecipazione a queste azioni, invertendo la consuetudine, e spendersi in prima persona: perché realizzare il più ampio benessere collettivo coincide con il benessere individuale. Mentre il contrario non è per niente vero.
Lo sfruttamento del lavoro, il precariato intellettuale, la mancanza di misure a protezione dei più deboli, l’enorme questione previdenziale, la sempre più pesante inagibilità pratica della professione, l’irrilevanza e la subalternità dell’avvocatura rispetto agli altri attori della rete della Giustizia, la negazione sempre più dilagante di una Giustizia “giusta”, sono solo alcuni tra i tanti temi che affliggono l’essere “lavoratori” relegando gli avvocati, attori indispensabili a far girare la giostra, sempre più ai margini di essa, in un perenne combattimento di un quotidiano che costringe a vivere il presente, inseguendo il passato, ma senza la minima prospettiva futura.
MGA si propone dunque di fornire un approccio nuovo rispetto a queste e alle tante tematiche che lo scenario qui solo in parte descritto: un approccio che non può più prescindere da una preventiva fissazione di una netta linea di demarcazione tra chi rappresenta il disagio e i diretti o indiretti responsabili di esso.
Senza questa focalizzazione preventiva e senza una presa di distanze, ogni iniziativa è destinata a fallire perché non si capirebbe come rendere possibile la soluzione di una vertenza coinvolgendo dalla stessa parte forze che di fatto si contrappongono.
L’esempio del recente convegno di Catanzaro, sul tema dell’avvocato subordinato, ne è testimonianza diretta: esiste un establishment all’interno dell’avvocatura che snobba i disagi e non vuole affrontare il problema del precariato intellettuale: perché non gli conviene, perché ne è complice, perché non vuole assumersi le sue evidenti responsabilità.
Dovremmo allora riflettere che il precariato (se allargato anche agli altri mondi delle professioni) rappresenta un numero impressionante di lavoratori autonomi, che sono molti, ma molti di più, delle oligarchiche controparti, cioe degli antagonisti. Ecco che allora che si rende necessario fare in modo di aggregare (informando, sensibilizzando, coinvolgendo) i “lavoratori” autonomi in modo tale da indurli a occuparsi direttamente dei loro problemi. Proprio come ha fatto MGA che si è poi reso promotore, attraverso parlamentari che si sono resi disponibili, di una proposta di legge che attualmente si trova alla Camera. E certamente in rappresentanza effettiva di lavoratori e non di l’autoreferenzialità.
E’ tempo di smettere di credere che le Istituzioni forensi e il mondo delle Associazioni si occupino dei disagi dei più deboli mettendo in discussione anche che siano effettivamente legittimati a farlo. Nessuno ha dato loro alcuna delega, e tantomeno ciò avviene con l’elezioni forensi come comunemente si crede.
Si deve invece, MGA ne è un esempio, occuparsi in prima persona ed in maniera aggregata dei veri temi che ci attanagliano ed incidere direttamente nei luoghi e con le persone che sono preposte a provvedervi.
A questo serve un Sindacato, questa è la strada che MGA sta tracciando.

PIERFRANCESCO Granata mga Catanzaro

Il Sab 28 Set 2019, 16:05 Pierfrancesco Granata ha scritto:

SI VEDA ALLEGATO CON INVITO ALLA MASSIMA DIFFUSIONE.

Avv. Pierfrancesco Granata