“Il pianto dell’uccello migratore”. Viaggio doloroso di chi lascia la propria terra
«Una metafora del dolore, dell’instabilità umana di tutti coloro che, per necessità, lasciano la propria terra e ne provano una profonda nostalgia». Con queste parole, l’autrice Lyubov Hrynevych, di origine ucraine ma da oltre vent’anni residente in Italia, a Caserta, descrive la sua opera “Il pianto dell’uccello migratore”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Fin dall’infanzia – racconta la scrittrice – ho osservato il comportamento degli uccelli migratori. Il loro grido triste quando, congedandosi, si preparavano a volare via, così come il canto gioioso quando tornavano nella loro terra natìa».
Ai versi viene data più forza con le immagini: attraverso il disegno le parole acquisiscono maggiore significato e accompagnano la narrazione lirica, con una particolare attenzione al rapporto tra uomo e animale. «Nella raccolta – scrive Alessandro Quasimodo nella Prefazione – domina la metafora dell’uccello migratore che deve lasciare la propria terra per sopravvivere. Per attribuire maggiore vigore a questo concetto vengono introdotti gli elementi che ostacolano il viaggio. E’ difficile mantenere la rotta per le forze della natura che assumono dimensioni inquietanti. Il vento, la pioggia non smettono di opporsi al tragitto intrapreso: L’autunno triste mi costringe a partire./ Tutto il tempo il cielo nuvoloso piange/…A destra infuria un temporale,/ a sinistra la strada è innevata…/ il vento soffia…/ Mi volto e mi guardo intorno/ finché la luce lontana scompare». E sulla forza espressiva delle immagini affiancate alle parole, si sofferma anche l’autrice. «Disegnare per me è una connessione con il mondo emotivo, un’opportunità per esprimere i miei desideri, le mie paure, la mia opinione su carta e comunicare con gli altri. Per questo motivo, accompagno le mie poesie con i disegni, cercando di trasmettere il contenuto dei testi anche attraverso le immagini».
E’ un viaggio doloroso quello che si legge nei suoi versi, con una poetica dallo stile narrativo e arricchito da diverse figure retoriche. Tanti gli ostacoli lungo il cammino, metaforicamente simboleggiati dagli elementi naturali più ostici. Ma dove la meta rappresenta la possibilità di farcela, di non arrendersi dinanzi alle difficoltà, di riscoprire i colori, la gioia di vivere e l’amore. Anche attraverso l’arte. E la scrittura. «Scrivere – spiega la Hrynevych – è stato qualcosa di magico sin dall’infanzia. Avevo un diario a cui affidare i miei pensieri e i miei sogni. Poi, al liceo, ho iniziato a scrivere poesie e racconti. Significa liberare i pensieri chiusi nella mia mente, che si trasformano, per poi essere trasferiti su un foglio ed essere visti con gli occhi. Questo, per me, è un processo fantastico».
Federica Grisolia
(Vincenzo La Camera – Agenzia di Comunicazione)