Il nuovo Codice degli appalti non ci convince. Limita il contratto nazionale e introduce una eccessiva liberalizzazione
Tra pochi giorni diventerà operativo il nuovo codice degli appalti, noto come codice Salvini, che modificherà sostanzialmente le modalità degli affidamenti dei lavori e delle forniture da parte delle amministrazioni pubbliche. Con il nuovo codice il Governo ha scaricato sulle amministrazioni responsabilità nuove per gli affidamenti senza appalti, quelle stesse amministrazioni che per carenza d’organico o per personale poco qualificato non sono capaci di mettere a terra i progetti del Pnrr.
La procedura delle gare d’appalto è una procedura che ha sempre avuto come scopo quello di garantire pubblicità, massima concorrenza, necessaria trasparenza e imparzialità dell’amministrazione pubblica.
E, dunque, a questo come risponde il nostro Ministro? Meno appalti pubblici e più affidamenti diretti senza gara
L’Anac si è espressa così nel merito: “soglie troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”.
Per questi motivi riteniamo che le nuove modalità di affidamento senza gara creeranno non solo preoccupazione negli amministratori pubblici, perché la scelta per un affidamento diretto rischia di essere ritenuta arbitraria o di parte, così come l’individuazione dei 5 o 10 operatori per fare una procedura negoziata. Proviamo a immaginare che cosa potrebbe succedere in quei Consigli comunali dove l’affidatario di un lavoro viene ritenuto, amichevolmente o politicamente vicino al Sindaco, o all’assessore ai lavori pubblici.
Quale sarebbe il seguito? Interrogazioni, accuse e molto probabilmente esposti alla magistratura.
Occorre specificare che i tempi lunghi per la realizzazione delle opere pubbliche non sono certo determinati dalle procedure delle gare d’appalto, necessarie per favorire la concorrenza, ma da altri fattori. Nel 2019 la Banca d’Italia, constatò che la fase di gara di appalto pesa solo per il 12% sull’intero processo e che i tempi lunghi sono dovuti invece alla progettazione, alle lungaggini burocratiche, alle incertezze negli iter autorizzativi.
A questi problemi il Governo non ha dato concrete soluzioni, ha invece preferito ridurre drasticamente le gare d’appalto e basta.
La semplificazione non è in sé un valore o un disvalore, ma bisogna capire dove la si vuole applicare. Il problema è a monte, in tutte le fasi che precedono l’aggiudicazione dell’appalto. C’è, poi, il problema delle stazioni appaltanti. In Italia ce ne sono più di 30mila.
Da tempo si invoca da più parti la necessità di ridurle e qualificarle ma si stenta a procedere in questo senso. Si è, invece, portata avanti negli anni una politica eccessiva di tagli al personale che ha finito per svuotare la pubblica amministrazione di personale tecnico e qualificato, e questo rende difficile gestire le pratiche ed avviare le gare.
Non è stato varato un piano per la qualificazione delle stazioni appaltanti, non sono state censite le professionalità esistenti nel nostro Paese in materia di contratti nelle amministrazioni pubbliche per supportare le diverse stazioni appaltanti, non è stato previsto un piano di assunzione di personale per rafforzare le competenze nella pubblica amministrazione che negli anni si sono ridotte colpa anche il mancato turnover.
Un Codice degli appalti, dunque, che riduce gli obblighi di applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell’edilizia mentre introduce la liberalizzazione dei subappalti a cascata, con un peggioramento della sicurezza per i lavoratori negli appalti pubblici, meno qualità e meno sostenibilità.
Noi abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere il ripristino del divieto dei subappalti a cascata e la valorizzazione delle imprese più strutturate, la loro qualificazione, la loro crescita dimensionale. Vogliamo diventare un Paese migliore, più efficiente, sicuro e ambientalmente sostenibile. Ma per fare questo dobbiamo difendere e valorizzare il lavoro di qualità, sicuro e legale, indispensabile per azzerare le morti sul lavoro e in particolare nei cantieri.
Maria Elena Senese
Segretario generale
FenealUil Calabria