“Il mare racconta”, tra silenzi e attese il docu-film antropologico e naturalistico di Bernardo Migliaccio Spina
Ha il ritmo lento e denso dei silenzi, “Il mare racconta”, docu-film antropologico e naturalistico di Bernardo Migliaccio Spina. Un padre e un figlio che si raccontano in dialoghi rotti dal rumore del mare e del lavoro, frasi smozzicate che esprimono la consapevolezza di una condizione. Visi “forti”, segnati dalla fatica, e il dialetto calabrese come forma verbale del loro sentimento.
Un legame “visivo” quello fra natura e uomo, quasi “somatico” secondo Bernardo Migliaccio Spina che, seguendo questo concetto di base, ha realizzato un’opera in cui tutto ciò che di solito viene scartato in fase di montaggio è divenuto, invece, soggetto principale del film. «Da regista avevo affrontato in diversi lavori documentaristici il tema dell’uomo e la sua condizione, i legami sociali e la lotta per la sopravvivenza. Questa volta, sentivo la necessità di lasciare qualcosa che superasse l’estetica autoriale e potesse restituire una visione reale del soggetto filmico, non edulcorata dallo stile e dalle mode registiche. Qualcosa che avesse un suo ritmo e si distinguesse dai tanti documentari sul mare. Non un racconto di pescatori ma i loro silenzi e le loro attese. Il mutare dei tempi, lo scontro fra generazioni con incomprensioni che diventano come nasse, intrecciate in nodi difficili da sbrogliare. Un lavoro complesso per mostrare l’essenza, il loro mondo per quello che è» spiega Migliaccio Spina.
Documento asciutto, diretto, “Il mare racconta” lascia allo spettatore il compito di “entrare” nel narrato, presuppone quindi uno “sforzo”, da parte di chi assiste alla proiezione, che diviene, a sua volta, momento del percorso filmico.
“Il mare racconta”, opera non-convenzionale, com’è nello stile di Bernardo Migliaccio Spina, è prodotta da “Ummagumma”, associazione culturale presieduta da Biagio Milano, con il progetto “Interventi valorizzazione sistema beni culturali, qualificazione e rafforzamento offerta culturale 2019” della Regione Calabria. Ne scaturisce la visione di un territorio, quello calabrese, che si racconta attraverso il reale e il quotidiano.
«Abbiamo fatto ampio uso del drone per molte riprese, per una visione distaccata, satellitare, di una morfologia costiera che somiglia tanto alle persone che ci vivono – dice ancora Migliaccio Spina –. L’uomo abita e modifica, nel bene e nel male. Intanto altri uomini, venuti da lontano, sbarcano sulle nostre coste e ridanno vita ai borghi. Si fa così riferimento a “Il paese dei Bronzi” di Vincenzo Caricari e alla sua visione del luogo lontano da sensazionalismi».
Un lavoro di mesi, guidato anche da condizioni meteo avverse per raccontare la malinconia dei luoghi, la tropicalizzazione del territorio che coglie di sorpresa ponendo l’uomo in relazione con agenti atmosferici sempre più esasperati, quali il caldo e le piogge violente e inaspettate. «È una Calabria che muta sia morfologicamente che socialmente. I giovani si sentono figli a metà e vorrebbero le certezze del mondo dei padri. Restano solo filo da pesca da sbrogliare e la fretta di prendersi piccole rivincite su un mondo che va di fretta» conclude Migliaccio Spina. “Ummagumma”, associazione attenta alla lettura e valorizzazione del territorio calabrese attraverso visioni mai scontate e punti di vista mai banali, ha già prodotto con Bernardo Migliaccio Spina il docu-film “Uvafragola”, intensa e commovente indagine sul mondo dei “bambini-farfalla”, affetti da epidermolisi bollosa; opera apprezzata dagli addetti ai lavori, amata dal pubblico e premiata ai festival.
Bernardo Migliaccio Spina, regista e attore, nato a Locri (RC), diplomato all’Accademia d’Arte drammatica di Palmi, ha firmato tra gli altri i lungometraggi “Malanova, storia di amore e magia” e “L’uomo del gas” e il docu-film “Uvafragola”. Ha pubblicato nel 2018 il suo primo romanzo, “Coraìsime” (Rubbettino).
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